Mercurio nel pesce spada, ritirato dai supermercati il prodotto a marchio Dimar: i lotti interessati

In alcuni lotti di pesce spada Dimar c'è mercurio oltre i limiti di legge. Il ministero ne ha disposto il ritiro. Cosa deve fare chi li ha acquistati

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 22 Marzo 2024 16:15

In alcuni lotti di pesce spada del marchio Dimar c’è una presenza di mercurio superiore ai limiti di legge: con questa motivazione il ministero della Salute ne ha disposto il richiamo. Cosa fare se ci si accorge di aver comprato il prodotto.

Pesce spada Dimar: presenza di mercurio

La denominazione del prodotto è “Trance di pesce spada irregolari”. Il pesce arriva dallo stabilimento spagnolo di Congelados Maravilla a Pontevedra, nella Spagna nord occidentale, proprio sopra il confine con il Portogallo. Sono due i lotti per i quali il ministero della Salute ha disposto il ritiro:

  • 23505-4237/lotto interno 23099777;
  • 23508-4237/lotto interno 23099937.

I lotti hanno data di scadenza fissata all’1 giungo 2026, ma come detto, il problema non è relativo alla scadenza del prodotto, ma al fatto che contiene troppo mercurio.

“Qualora aveste acquistato il prodotto sopra riportato”, ammonisce il ministero della Salute, “siete pregati di riportarlo in negozio“.

Mercurio nel pesce: perché si accumula

Come spiega il sito dell’Istituto superiore di sanità, il metilmercurio è un contaminante ambientale che tende ad accumularsi nell’organismo di pesci e molluschi in base al processo di biomagnificazione. La locuzione indica il crescente rischio di accumulo di sostanze tossiche man mano che si va salendo nella catena alimentare. Il fenomeno fa si che il contenuto di mercurio nei pesci predatori di grossa taglia e in quelli più vecchi, come pesce spada, squalo e tonno, sia più elevato rispetto ai pesci più piccoli e più giovani.

Alti livelli di mercurio possono risultare tossici in particolare per il sistema nervoso dei bambini e dei feti. Per questo motivo l’Efsa (European food safety authority, ovvero l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) consiglia a bambini, donne in età fertile, donne in gravidanza o in allattamento, di consumare pesce 2-3 volte a settimana, variandone le specie e limitando il consumo di quelle che potrebbero avere un maggiore contenuto di mercurio, come i grossi predatori ovvero squali, pesce spada, luccio, tonno e nasello.

Pesce e molluschi possono essere contaminati dal mercurio, sia per la normale presenza nell’ambiente ma anche per effetto dell’inquinamento. L’entità del fenomeno, tuttavia, non deve suscitare preoccupazione dal momento che l’effettivo rischio per la salute, nel rispetto delle indicazioni dell’Efsa, è contenuto. Si pensi che, ad esempio, come riporta l’Iss nel 2019 sono stati prelevati campioni su 6.739 prodotti ittici e solo 25 sono risultati irregolari e hanno dato il via a un ritiro. Quindi sì al pesce a tavola, ma variandone il consumo soprattutto se si apprezzano i grandi predatori dei mari.

Perché il mercurio finisce nei mari

Come spiega il sito del ministero dell’Ambiente, il mercurio è presente in natura come elemento poiché viene emesso in atmosfera per effetto di fenomeni naturali come incendi boschivi, eruzioni vulcaniche o attività geotermiche. Ma viene stimato che la maggior parte delle emissioni avvenga a causa dell’attività dell’uomo. Il mercurio viene così rilasciato in atmosfera e poi ricade al suolo e nelle acque per azione delle piogge. Questo dà il via all’inquinamento dei mari.

I sintomi da avvelenamento da mercurio

L’Iss specifica che tipologie diverse di mercurio e modalità di esposizione differenti possono dare vita a sintomi estremamente eterogenei. Per quanto riguarda l’ingestione di eccessive quantità di metilmercurio presente nel pesce, i sintomi sono:

  • paralisi alle mani e ai piedi;
  • generale debolezza muscolare;
  • danni alla vista, all’udito e difficoltà nell’articolare le parole, con possibili aggravamenti che possono determinare disordine mentale, paralisi e coma, nei casi più gravi.