L’Oms mira a eliminare l’epatite C entro il 2030: la situazione in Italia

Sconfiggere l'epatite C entro il 2030, così l'Oms vuole limitare l'impatto della malattia sulla sanità pubblica: fondamentale lo screening

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Eliminare l’epatite C entro il 2030, questo l’obiettivo ambizioso che si è posta l’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, intenzionata con questo nuovo piano a ridurre i principali problemi di sanità pubblica rappresentati dalle epatiti virali. A sottolineare l’importanza di questa missione, anche in Italia, è stato tra gli altri il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), che ha ricordato come si renda ora ancora più necessario effettuare delle diagnosi precoci “per evitare il peggioramento progressivo e potenzialmente fatale della condizione”.

Quanto è diffusa l’epatite C

Per comprendere quanto le epatiti virali siano in grado di incidere sulla sanità pubblica, è necessario guardare ai dati diffusi dall’Oms. Seconda le stime, circa 80 milioni di persone nel mondo sono affette dal virus della sola epatite C, ovvero circa l’1,1 per cento della popolazione mondiale. Le aree del mondo con il maggior numero di infezione sono la regione Oms del Mediterraneo orientale e quella europea Oms, con percentuali rispettivamente del 2,3 per cento e dell’1,5 per cento. Il virus, inoltre, provoca un maggior numero di infezioni croniche nelle persone che fanno uso di droghe per via endovenosa.

L’epatite C in Italia

L’Aifa, Agenzia italiana del farmaco, stima che siano circa 300mila le persone in Italia affette da epatite C, anche se c’è un elevato numero di pazienti che non sa di aver contratto il virus. Per l’Oms si tratterebbe, nella sola Italia, di circa 200mila individui, il che rende più difficile l’obiettivo di eliminazione del virus entro il 2030.

La cura dell’epatite C

I progressi compiuti in campo medico permettono a oggi di curare l’epatite C. Così come riferito nel comunicato dell’Istituto superiore di sanità del 05 febbraio 2024, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di pazienti trattati per l’epatite C. “Dal 2015 sono stati trattati circa 260.000 pazienti che hanno eliminato del tutto il virus, riducendo in modo significativo il peso sociale e sanitario della malattia – si legge nel comunicato – Questo risultato ha già permesso di raggiungere l’obiettivo dell’Oms di ridurre del 65 per cento la mortalità correlata all’HCV”. Sul tema Marcello Naviera, rappresentante dell’Oms, ha detto: “Si può affermare che in Italia l’eliminazione dell’HCV è un obiettivo raggiungibile”.

L’importanza dello screening

L’attenzione posta dall’Oms sull’epatite C, unita ai risultati ottenuti dalla ricerca scientifica, impongono la necessità di arrivare ad abbassare il numero di individui portatori inconsapevoli del virus. “Statisticamente – ha detto il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) – nel 60-85 per cento dei casi, l’infezione da virus di epatite C diventa cronica. La patologia acuta, spesso asintomatica, viene diagnosticata comunemente molti anni dopo l’infezione, e può portare a complicazioni come cirrosi, epatocarcinoma e insufficienza epatica”.

È necessario dunque ottenere “una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo” al fine di “evitare il peggioramento progressivo e potenzialmente fatale della condizione”. Grazie agli screening in atto, “sono state intercettate e trattate oltre 10mila infezioni attive, facenti parte del cosiddetto sommerso”, ha aggiunto Andreoni non mancando di ricordare però che ancora molto c’è da fare per arrivare all’obiettivo dell’eliminazione dell’epatite C entro il 2030.