Romano Prodi non si riconosce più in quella che è oggi l’Europa, o per meglio dire l’Ue. Il sogno europeo, di cui ha spesso avuto modo di parlare, è deceduto. Nel corso degli ultimi anni si è augurato costantemente l’arrivo di una sveglia, augurandosi che ci sia ancora terreno fertile per “costruire un’Europa che possa reggere”.
La vecchia Europa è morta
Non si fa grandi illusioni Romano Prodi sul futuro dell’Unione europea. Guarda con estrema tristezza alle divisioni interne, ben rappresentate dalla Brexit: “Dispiaciuto ma non stupito. Il fatto nuovo è dato dall’interferenza degli Stati Uniti, che hanno incoraggiato il processo”.
Il riferimento è alle parole di Donald Trump, che Prodi ha indicato come una mancanza di stile. Poca simpatia per l’ex presidente degli Stati Uniti, anche se spera in qualche modo che la sua minaccia possa risvegliare l’Europa.
Il vero problema per il vecchio continente sarebbe, a suo dire, l’assenza di una politica comune, che difficilmente si concretizzerà nei prossimi anni. Assente inoltre un vero e proprio leader, in grado di guidare una coalizione politica e una unione di Paesi. Questi dovrebbe rendersi conto degli interessi di tutti, cosa non avvenuta ad esempio con Angela Merkel, che aveva il potenziale per parlare a tutti in un’Europa 2.0.
Il futuro dell’Ue
La visione che l’Unione europea aveva in origine è persa, ha spiegato Romano Prodi a Oggi. Sempre ostile a Donald Trump, vede oggi in una sua possibile vittoria contro Biden a novembre una chance, per quanto remota, per l’Europa. Una sorta di campanello forzato per un risveglio necessario e fondamentale.
Di fatto non vede alternative a una contrapposizione tra Europa e Stati Uniti, qualora l’ex presidente dovesse iniziare il suo secondo mandato alla Casa Bianca: “La posizione di Trump sull’Europa è nota. Diventerebbero nostri nemici, o almeno non amici”.
Dinanzi a uno scenario del genere si augura che i Paesi membro dell’Ue sappiano reagire, in maniera compatta. Di fatto, per quanto incredibile e rischioso, ritrovarsi tutti insieme spalle al muro, isolati dalle parole e dalle azioni degli Stati Uniti, darebbe la giusta spinta per rafforzare le istituzioni, “per la costruzione di una difesa e di una politica esterna comuni”.
È certo che, allo stato attuale, le differenze e le spaccature potrebbero essere superate quasi soltanto grazie alla necessità di far fronte allo strapotere americano e cinese. Di certo non grazie a una visione comune, discussa e accettata.
C’era stato un barlume di speranza con il Covid, quando ci eravamo detto che soltanto l’Europa, unita, poteva salvarsi. In seguito, però, “siamo ricaduti nel vizio pre Covid. Il primato degli obiettivi nazionali su quelli europei”.
A ciò si aggiunge il peso della frammentazione della democrazia, il che lo porta a riferirsi alle tante coalizioni, sempre più necessarie. Come in Italia accade da tempo: “Abbiamo sempre anticipato i cambiamenti che hanno turbato la vita democratica. Mussolini è stato il maestro di Hitler, Berlusconi di Trump, i Cinque Stelle maestri dei populismi”. Ciò che si aspetta, ad ogni modo, è una crisi. È certo che arriverà, al di là di quella che potrà essere la sua forma. Il modo in cui reagiremo, dirà chi siamo e che speranze di futuro avremo.