Contro la Russia in Mali e Niger, la strategia africana dell’Ucraina

Non solo l'incursione a Kursk: l'Ucraina combatte la Russia anche oltre i confini d'Europa. Il recente attacco dei ribelli jihadisti contro soldati di Mosca in Mali ha Kiev alle spalle. Ma nel continente il Cremlino è troppo forte

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’Ucraina vuole mettere in difficoltà una Russia che appare in difficoltà. Per riuscirci, combatte il nemico anche al di fuori dei propri confini. Non solo nel senso che prende di mira territori della Federazione, senza però riuscire a sovvertire le sorti della guerra. Ma anche perché “esporta” i propri reparti militari in Africa, teatro della proiezione imperiale di Mosca.

La portavoce del ministero russo degli Esteri, Maria Zakharova, ha accusato il regime ucraino di aver aperto un “secondo fronte” nel Continente Nero, supportando l’azione di gruppi terroristici ostili agli Stati filo-russi. Niente di nuovo, in realtà: Kiev aveva rivelato questa mossa tattica già in Sudan, sempre nell’ottica di mettere in difficoltà il nemico impegnandolo significativamente fuori dall’Ucraina.

Il caso dell’attacco ucraino in Mali

Nelle ultime settimane i mercenari russi del Gruppo Wagner e l’esercito maliano hanno subito pesanti perdite per mano di separatisti tuareg e miliziani jihadisti nel nord del Mali. Dietro questi ultimi c’era però l’Ucraina, come ammesso candidamente da Andrij Yusov, portavoce dell’agenzia di intelligence militare nazionale Gur. Kiev, secondo il comunicato ufficiale, non avrebbe partecipato con truppe all’agguato in Mali, ma avrebbe fornito soltanto supporto alle milizie ribelli in forma di armi pesanti e droni. Il fatto di non averne fatto mistero nel pieno della guerra sul proprio territorio nazionale risponde ai principi della propaganda: dopo aver colpito al cuore la Russia penetrando nell’oblast di Kursk, Kiev vuole mostrare al mondo (e soprattutto ai russi) che il Cremlino in realtà è più debole di quanto voglia far credere.

Succede quindi che, come mostra una fotografia pubblicata dal Kyiv Post, gruppi di ribelli maliani sfilano con tanto di bandiera ucraina dopo il blitz anti-russo. Militari e paramilitari di Mosca sono presenti da anni in Mali, il cui governo nel 2020 (a causa dell’ennesimo golpe militare) ha chiesto aiuto ai mercenari russi nella sua lotta ormai decennale contro le milizie ribelli dei gruppi di insorti nel nord del Paese.

Ucraina contro Russia in Africa

L’impegno ucraino in Africa è recente. Anche perché la Russia vanta legami strettissimi con molti Paesi del Continente Nero, risalenti al periodo sovietico in cui Mosca sostenne l’indipendenza dei deboli Stati socialisti sorti con la fine del colonialismo classico. Su un piano squisitamente teorico, anche l’Ucraina avrebbe potuto rivendicare quel passato sovietico ed esercitare la propria influenza in Africa. Per ovvie ragioni non lo fece: in primis l’assenza di una strategia imperiale, e poi perché non ne aveva la forza. Il Cremlino invece vi si gettò a capofitto, offrendo assistenza militare nell’ambito di una missione securitaria che si è espansa e che dura ancora oggi. In coabitazione con cinesi, che forniscono infrastrutture e risorse economiche, e turchi, che penetrano attraverso influenza e panislamismo. Gli effetti si sono visti in sede Onu, dove molte nazioni africane hanno votato, al netto anche di astensioni e assenze, contro la fine immediata della guerra in Ucraina. A favore della Russia, in sostanza.

Adesso la postura di Kiev si sta modificando. Oltre alla presenza di militari e paramilitari ucraini, il governo guidato da Volodymyr Zelensky sta potenziando le strutture diplomatiche in Africa. Aprendo di recente sei nuove ambasciate, oltre alle dieci che già contava prima del febbraio 2022, tra cui Ruanda, Botswana e Mozambico. A stretto giro dovrebbero sorgerne altre quattro, col Sudan in pole position. Una tattica che vuole senza dubbio aumentare il peso politico di Kiev nell’Assemblea Onu, dove il blocco africano è il più corposo. Ma soprattutto per tentare di incrinare l’influenza e la propaganda della Russia nel continente, auspicando effetti positivi sul campo di battaglia in patria. Per questo motivo il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha compiuto una serie di viaggi in diversi Paesi africani nel 2023, oltre che presso l’Unione Africana.

La presa di Mosca sembra tuttavia inscalfibile da Kiev: a maggio 2024 il Cremlino ha annunciato l’apertura di quattro nuove missioni diplomatiche, portando il numero totale a 47. Senza contare che importanti Stati africani occidentali, come Niger e lo stesso Mali, hanno rafforzato il proprio legame con la Russia, interrompendo al contrario ogni rapporto con l’Ucraina.

Gli obiettivi dell’Ucraina in Africa

La svolta tattica ucraina, approvata dallo Stato maggiore ucraino già con l’accordo con l’esercito del Sudan, rivela un duplice obiettivo. Il primo è quello di dare un “grattacapo” in più alla Russia, costringendola a spendere più risorse e a difendersi su un altro fronte già aperto, ma giudicato “sotto controllo” dal Cremlino. Il secondo è colpire la rete paramilitare di sodalizi con le milizie tribali e basi che la Russia ha messo su nel corso di decenni nel Paese africano, prendendo di mira quegli Africa Corps che proprio in Sudan hanno rimpiazzato i prima onnipresenti mercenari Wagner.

Dopo la morte del loro leader Yevgeny Prigozhin, i paramilitari russi sulla carta sono stati dissolti in diverse formazioni, ma in realtà continuano a operare per “l’orchestra” protagonista della fallita marcia su Mosca del giugno 2023. Proprio in Sudan, ad esempio, i miliziani wagneriti sono tuttora i maggiori alleati sul campo del generale Hemedti nella guerra civile scatenata contro la giunta militare che detiene il potere a Khartoum.

L’attività di Kiev si spinge anche al Medio Oriente, in particolare in Siria dove la Russia è presente in pianta stabile con due centri strategici: la base navale di Tartus e quella aerea di Humaymim/Kheimim, nei pressi di Latakia. Nel Paese operano da qualche tempo anche forze speciali ucraine, incaricate di erodere in ogni modo possibile la rete economica e logistica del nemico. Secondo un documento desecretato dell’intelligence statunitense, la Gur ucraina aveva pianificato di attaccare le forze russe in Siria con l’assistenza clandestina curda all’inizio del 2023.

L’obiettivo era quello di costringere Mosca a difendersi nel Paese mediorientale e indebolirsi di conseguenza nel conflitto ucraino. Gli ufficiali ucraini si erano anche accordati per addestrare gli agenti delle Forze democratiche siriane a colpire obiettivi russi tramite droni suicidi.

La presenza russa in Africa

Secondo alcuni analisti, il rinnovato (ma difficoltoso) impegno ucraino in Africa potrebbe dare vita a una feroce guerra per procura, ampliando inevitabilmente durata e portata del conflitto. Dopo l’umiliazione crescente di non riuscire ad avere ragione di un Paese da sempre parte dell’impero russo, Mosca non potrebbe sopportare di vedere minacciati i propri interessi anche nel Continente Nero, che rappresenta un tassello fondamentale per la proiezione russa. Lo shock economico globale derivato dall’invasione su larga scala dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni occidentali hanno portato Mosca a puntare con maggiore convinzione sul grande mercato africano.

Rimpinguata dalle risorse alimentari russe, l’Africa ha evidenziato il gigantesco paradosso del caos internazionale, in cui l’estrema violenza e instabilità politica si accompagna a previsioni di crescita dell’economia. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’incremento sarà del 3,8% nel 2024 e del 4% nel medio termine. Proprio a inizio agosto, i soldati del Cremlino sono stati prontissimi a colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti con il ritiro delle sue ultime truppe da Agadez, in Niger. Ulteriore segnale della superiorità tecnica e culturale della Federazione in Africa. La base statunitense in Niger era stata utilizzata per monitorare gli estremisti islamici in tutto il Sahel.

Nella Repubblica Centrafricana di Faustin-Archange Touadéra, di fatto uno stato cliente di Mosca per alcuni anni, i miliziani Wagner hanno fatto naufragare i tentativi dell’organizzazione di sicurezza statunitense Bancroft Global Development di stabilirsi a Bangui a gennaio. Secondo l’Institute for Security Studies, la Russia ha mantenuto una forte posizione anche in Libia, con migliaia di mercenari Wagner, combattendo al fianco del generale Haftar, capo militare del governo orientale con sede a Bengasi, contro il governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite. Mosca controlla ancora la base aerea di Jufra, nel centro del Paese, e il materiale militare russo continua a circolare da est.

La presa del Cremlino sugli Stati africani è ancora più evidente nel campo della propaganda. La rete televisiva statale russa Rt sta ampliando i propri collegamenti nel continente, allo scopo di rinnovare il proprio marchio tra gli africani. Una parallela e aggressiva campagna di marketing fatta di cartelloni pubblicitari e campagne social (via Telegram) mostra centinaia di immagini di eroi della liberazione come Julius Nyerere della Tanzania, Apollo Milton Obote dell’Uganda, Kwame Nkrumah del Ghana e Robert Mugabe dello Zimbabwe. “I tuoi valori. Condivisi”, si legge negli slogan partoriti negli uffici di Mosca.

In un comunicato stampa, Rt afferma di essere impegnata nello “smantellamento delle narrazioni neocolonialiste nei media”. Una retorica utilizzata anche dalla Cina, parimenti interessata a sfruttare i Paesi africani in ottica anti-occidentale. L’attività cinese è primaria anche per il soft power russo. Esempio: dopo il febbraio 2022, la diffusione televisiva Rt è stata di fatto bloccata nell’etere e si è vista costretta a operare in gran parte tramite proxy di Pechino. La guerra ibrida condotta dalla Russia si svolge con bot che cercano di influenzare i risultati delle elezioni in Sudafrica, Madagascar e altrove. Il tutto a vantaggio del fronte Brics, contro il blocco occidentale a guida Usa.