Scontro Conte-Meloni, il Gran Giurì si scioglie per imparzialità

Due membri dimissionari accusano l'imparzialità del Gran Giurì e mandano in crisi la Commissione: ecco perché l'organismo è stato sciolto dal presidente Fontana

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Pubblicato: 8 Febbraio 2024 16:04

Il Gran Giurì alla Camera richiesto da Giuseppe Conte contro Giorgia Meloni per le parole della premier sul Mes è stato sciolto. La Commissione, presieduta dal presidente Giorgio Mulè, infatti, nelle ultime ore ha perso pezzi importanti, con alcuni membri dell’organismo che hanno rassegnato le dimissioni con tanto di polemica, portando il presidente della Camera Lorenzo Fontana a un’unica decisione: sciogliere definitivamente il Giurì.

Caos nel Giurì d’onore

Ore frenetiche alla Camera, dove da una minaccia di scioglimento del Giurì d’onore si è passati ai fatti, con la decisione da parte del presidente della Camera Lorenzo Fontana di accogliere le perplessità dei membri che hanno abbandonato la commissione. Infatti, dopo i forfait di Stefano Vaccari e Filiberto Zaratti, Fontana ha incontrato privatamente il presidente della Commissione Giorgio Mulè per fare il punto della situazione.

Nelle stanze di Montecitorio pare non si sia trovata la giusta quadra per portare avanti i lavori che, secondo quanto trapelato, erano ormai giunti a conclusione con tanto di relazione già redatta. Ma dopo le proteste dei dimissionari, seguite anche dalle parole dell’ex premier Giuseppe Conte che ha anche presentato istanza per lo scioglimento dell’organismo, a Fontana non è rimasto che comunicare la sua decisione a Mulè.

Così il Gran Giurì termina il suo lavoro, con la nota della presidenza della Camera letta dalla vicepresidente di turno Anna Ascani, che in Aula ha fatto sapere che “il Giurì d’onore deve considerarsi sciolto“.

La protesta di Pd e Avs

A far partire il caos, nelle scorse ore, erano state le dimissioni di Stefano Vaccari, del Partito Democratico, e di Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi-Sinistra. In realtà i componenti del Giurì non potrebbero dimettersi e i precedenti sono rari, ma è stata una decisione che ha portato a un effetto domino non irrilevante.

I due membri della Commissione, infatti, hanno sollevato non pochi dubbi sull’imparzialità del lavoro del Giurì. Vaccari, nello specifico, ha denunciato la mancanza della terzietà, precisando in una lettera inviata a Fontana e Mulè che “nella relazione che ci è stata sottoposta sono prevalse motivazioni, ancorché significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati e rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria”.

Stesso pensiero di Zaratti, che in un’altra missiva al presidente della Camera e a quello della Commissione ha specificato che la prima parte del documento presenta una ricostruzione dei fatti chiara, ma nella seconda “si adducono motivazioni di ordine politico, finalizzate ad avvalorare le tesi accusatorie sostenute” da Giorgia Meloni.

Perché Conte aveva chiesto il giurì contro Meloni

La relazione finale era attesa alla Camera per venerdì 9 febbraio, ma data la decisione di sciogliere il Giurì non ci sarà alcun documento da leggere. Il lavoro della Commissione era stato avviato lo scorso dicembre quando, dopo l’attacco frontale di Meloni a Conte, l’ex premier aveva deciso di chiedere l’intervento del Parlamento.

Il terreno di scontro è stato il Mes, con Meloni che aveva accusato Conte e il suo governo di aver firmato il provvedimento da dimissionario e “contro il parere del Parlamento, col favore delle tenebre”. Parole che la premier Meloni ha recitato in Senato lo scorso 13 dicembre sventolando un fax inviato da Luigi Di Maio all’allora ambasciatore Maurizio Massari in cui veniva chiesa l’autorizzazione a siglare la riforma sul Mes. Una richiesta che però, a dire il vero, non poteva essere fatta.

Poche ore dopo Conte, tramite social, aveva contrattaccato accusando la premier per la sceneggiata in Parlamento. “Giorgia Meloni, non ti permettere di fare un’affermazione del genere. Leggiti gli atti parlamentari” aveva tuonato, per poi chiedere l’intervento e l’istituzione dei Gran Giurì.