Autonomia differenziata, Bonaccini verso le dimissioni: si blocca il referendum?

Le dimissioni di Bonaccini rallenteranno il referendum abrogativo sull'autonomia differenziata

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini avrebbe deciso di dimettersi. La scelta dovrebbe diventare esecutiva tra martedì e mercoledì della prossima settimana, quindi il 25 o il 26 giugno, e arriva dopo la sua elezione al Parlamento europeo, carica per cui lascerà la guida dell’amministrazione regionale dopo due mandati.

Una scelta che però ha anche un effetto sul referendum abrogativo per l’autonomia differenziata. Anche le regioni infatti possono chiedere di tenere una consultazione popolare di questo tipo, ma devono essere almeno 5 consigli regionali a farlo. In caso di amministrazione dimissionaria, un consiglio non può approvare atti esecutivi. Potrebbe quindi essere tutto rimandato a novembre.

La scelta delle dimissioni di Bonaccini

Stefano Bonaccini del Partito democratico si dimetterà dalla presidenza della Regione Emilia Romagna, per prendere il posto ottenuto alle elezioni europee di parlamentare dell’Ue. La decisione arriva anche alla luce della scadenza della legislatura regionale, ormai imminente. Nuove elezioni dovrebbero tenersi a novembre in Emilia Romagna, per determinare la composizione del consiglio regionale e della giunta di conseguenza.

Bonaccini è uno dei politici di maggior importanza del Partito democratico. Ha sfidato da favorito Elly Schlein per la segreteria, perdendo per pochi voti ma rimanendo all’interno del partito e cominciando a lavorare con la nuova segretaria. Nel frattempo ha costruito importanti connessioni nel Pd, tentando di formare una propria corrente.

La sua importanza è stata sancita dall’elezione al Parlamento europeo nelle ultime elezioni continentali. Di recente però si è anche espresso contro l’autonomia differenziata approvata dal governo, nonostante nel 2018 fosse stato proprio lui a chiedere di attuare con una legge ordinaria la riforma del Titolo V della costituzione, scritta nel 2001 da un governo di centrosinistra. Le dimissioni di Bonaccini però potrebbero mettere un’ostacolo sulla strada del referendum abrogativo che le opposizioni vogliono promuovere contro questa legge.

Il referendum sull’autonomia differenziata

In Italia infatti esistono due modi principali per abrogare una legge ordinaria tramite referendum. Il primo è la raccolta di mezzo milione di firme. Un’operazione non semplice ma che, come stabilito da una sentenza della Corte Costituzionale, è resa più semplice dalla possibilità della raccolta online tramite identità digitale. Un esempio di campagne di successo di questo tipo in tempi recenti sono stati i due referendum sulla legalizzazione della cannabis e dell’eutanasia, che hanno ottenuto ben più delle firme necessarie ma che sono stati bocciati dalla Consulta.

L’altro modo per richiedere un referendum abrogativo è che la domanda parta da 5 consigli regionali. Questa era l’intenzione del centrosinistra, che controlla al momento Sardegna, Toscana, Puglia, Campania ed Emilia Romagna, esattamente il numero minimo di consigli regionali che potrebbero fare domanda tramite un atto formale.

Se Bonaccini si dimettesse però, la giunta regionale dell’Emilia Romagna entrerebbe in regime di gestione degli affari correnti sotto la guida della vice presidente Irene Priolo. Al contempo, il consiglio regionale non potrebbe più approvare atti formali e quindi richiedere un referendum abrogativo. Senza il supporto dell’Emilia Romagna, le opposizioni dovranno quindi raccogliere 500mila firme dei cittadini per poter presentare il referendum abrogativo sulla legge per l’autonomia differenziata.