L’importanza degli incubatori e degli acceleratori è molto spesso sottovalutata. Soprattutto in un’economia come quella italiana che è in una fase di crescita e di cambiamento, con il settore dei servizi che ha un’importanza sempre maggiore e con le startup che cercano di aumentare i profitti. Molto spesso le piccole aziende nemmeno sono a conoscenza di avere nelle loro vicinanze un acceleratore che le aiuterebbe ad avere nuovi contatti. Per capire come è la situazione degli acceleratori e degli incubatori in Italia, il team di ricerca Social Innovation Monitor (SIM) del Politecnico di Torino, in collaborazione con Italia Startup e con il supporto di Cariplo Factory, Compagnia di San Paolo, Impact Hub Milano, Make a Cube, SocialFare, e Social Innovation Teams (SIT), ha redatto il primo report sull’impatto sociale degli incubatori. La ricerca ha permesso di capire quanti sono realmente gli acceleratori nel Bel Paese, il loro apporto all’economia nazionale e in quali settore offrono maggiormente il loro aiuto.
Quanti sono e dove sono gli incubatori in Italia
La ricerca è stata effettuata sui 162 acceleratori individuati sul territorio italiano. Agli incubatori sono state inviate delle domande inerenti le loro attività e il loro fatturato. Il primo dato che emerge riguarda dove sono posizionati: oltre il 60% degli incubatori è nel Nord Italia, con la Lombardia a guidare la classifica delle Regioni (25,3%) seguita da Toscana (9,9%) e da Emilia Romagna (9,3%). L’area Meridionale e quella insulare sono le meno popolate con il solo 17,9% degli incubatori, dato che mette in evidenza anche il difficile rapporto tra il Sud Italia e le startup innovative. Per quanto riguarda la natura degli incubatori, il 60% è stato creato con fondi privati, mentre solo il 15,4% è di natura pubblica. Il 20%, invece, ha una natura sia pubblica sia privata.
Quanto fatturano gli acceleratori
Nel 2017 gli incubatori hanno fatto registrare un fatturato medio di 1,13 milioni di euro, per un totale che si aggira intorno ai 183 milioni di euro. Un giro di affari così basso si spiega con la dimensione piuttosto piccola degli acceleratori italiani: più del 50% ha un fatturato inferiore ai 250mila euro.
Analizzando, invece, i settori delle startup presenti all’interno degli acceleratori, si nota che oltre il 40% opera nel mondo della comunicazione e dell’informazione, mentre il secondo settore più rappresentato è legato ad attività professionali, scientifiche e tecniche (25,8%).
Differenze tra incubatori e acceleratori di startup
I servizi di incubazione e accelerazione delle startup si concentrano su fase differenti del percorso di avvio. Sono i seguenti:
incubatori d’impresa – Strutture che seguono la fase embrionale dell’impresa. In questo periodo idee e progetti prendono forma. Generalmente i percorsi hanno una durata che va da pochi mesi fino a diversi anni. Gli incubatori garantiscono alle imprese nascenti svariati servizi, tra i quali una consulenza specialistica, una definizione del modello di business, chance di networking, programmi di formazione e mentoring, così come supporto per l’accesso al credito e agli investitori, strumenti di lavoro e spazi fisici;
acceleratori d’impresa – Strutture che mirano ad aiutare aziende già formate a svilupparsi ulteriormente. Ciò attraverso un’agevolazione e velocizzazione della crescita della startup. Il loro obiettivo cardine consiste nell’abilitare la nuova impresa a espandersi sul mercato di riferimento. Ciò attraverso l’uso di servizi forniti da professionisti, affiancati da investimenti finanziari da parte di terzi, con cessione di una porzione delle quote societarie.