Tasse alle stelle per le Pmi italiane, pagano 120 volte più dei giganti del web

La Cgia si scaglia contro i giganti del web che continuano a fare ricavi da capogiro, senza versare al fisco quanto dovuto

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 12 Ottobre 2024 13:38

In Italia, le piccole e medie imprese (Pmi) subiscono una tassazione 120 volte superiore a quella dei grandi colossi del web. Lo afferma uno studio della Cgia di Mestre, che denuncia la pratica di trasferire gran parte degli utili ante imposte realizzati in Italia verso paesi con un regime fiscale favorevole. A causa di queste manovre elusive, l’erario ha ricevuto solo una minima parte delle entrate da queste aziende “WebSoft”, ovvero le grandi società che operano nel settore di Internet.

Quanto pagano le Pmi in Italia

“Se le nostre piccole imprese pagano ogni anno 24,6 miliardi di tasse, le 25 multinazionali del web presenti in Italia, invece, ne versano molte meno: secondo l’Area Studi di Mediobanca solo 206 milioni di euro“, afferma il report.

Sebbene le dimensioni economiche di queste due categorie siano notevolmente diverse, il dato risulta deludente per gli artigiani di Mestre. Infatti, se le aziende italiane in esame producono un fatturato annuo 90 volte superiore a quello delle big tech, in termini di imposte ne pagano 120 volte di più. “Insomma, possiamo affermare con buona approssimazione che la distanza in termini di fatturato non giustificano quella relativa al gettito, così svantaggiosa per le Pmi”, spiega il report.

Questa comparazione presenta alcuni limiti metodologici e non ha rigorosità scientifica. Tuttavia, l’uso sistematico di pratiche elusive nel corso degli anni ha ampliato questa disparità di trattamento, evidenziando chiaramente che, in Italia, le grandi multinazionali, in particolare nel settore tecnologico, godono di un prelievo fiscale ingiustificatamente ridotto.

Quali sono le Websoft

Nell’ultimo studio di Mediobanca, che ha analizzato i primi nove mesi del 2022 e il triennio 2019-2021, sono stati individuati 25 giganti del web, principalmente provenienti da Stati Uniti e Cina.

Questi possono essere suddivisi in quattro macro-aree, ciascuna con una graduatoria in termini di fatturato:

  • E-commerce: Amazon, JD.com, Alibaba, Vipshop, Coupang, Otto, Pinduoduo, Rakuten, Qurate
  • Produzione di software: Microsoft, IBM, Oracle, SAP, Salesforce, Adobe, ADP, Nintendo, NetEase
  • Servizi Internet e media: Alphabet, Meta, Tencent, Baidu
  • Trasporti e Cibo a domicilio: Meituan, DiDi, Uber

Le regioni che pagano di più

Secondo l’Ufficio studi della Cgia, soltanto le aziende presenti in Molise e in Valle d’Aosta pagano, in termini assoluti, meno tasse rispetto alle multinazionali del settore tecnologico attive in Italia. In Molise, il gettito delle principali imposte delle imprese locali ammonta a 175 milioni di euro, mentre in Valle d’Aosta si attesta a 190 milioni. Pagano di più invece le imprese lombarde.

Qui la classifica completa, dalla regione che paga di più fino a quella che ne paga meno, e quante volte pagano principali in più di imposte le imprese di ogni regione rispetto alle 25 Websoft

  • Lombardia: 25.758 milioni di euro, +125
  • Lazio: 11.670 milioni di euro, +56,7
  • Emilia Romagna: 7.819 milioni di euro, +38
  • Veneto: 7.582 milioni di euro, +36,8
  • Piemonte: 5.593 milioni di euro, +27,2
  • Toscana: 5.191 milioni di euro, +25,2
  • Campania: 3.911 milioni di euro, +19
  • Puglia: 2.560 milioni di euro, +12,4
  • Sicilia: 2.480 milioni di euro, +12
  • Friuli Venezia Giulia: 1.775 milioni di euro, +8,6
  • Liguria: 1.720 milioni di euro, +8,4
  • Marche: 1.624 milioni di euro, +7,9
  • Abruzzo: 1.088 milioni di euro, +5,3
  • Provincia Autonoma di Bolzano: 1.074 milioni di euro, +5,2
  • Sardegna: 950 milioni di euro, +4,6
  • Calabria: 893 milioni di euro, +4,3
  • Umbria: 819 milioni di euro, +4,0
  • Provincia Autonoma di Trento: 767 milioni di euro, +3,7
  • Basilicata: 332 milioni di euro, +1,6
  • Valle d’Aosta: 190 milioni di euro, +0,9
  • Molise: 175 milioni di euro, +0,8

Come cambia la tassazione con la Global Minimum Tax

In Italia, il sistema fiscale sembra quindi favorire i grandi colossi a discapito delle piccole imprese. Mentre gli imprenditori italiani affrontano un’aliquota fiscale effettiva che si avvicina al 50%, le multinazionali del settore tecnologico godono di un tax rate del 36%, secondo l’Area Studi di Mediobanca. Sebbene la Global Minimum Tax entri in vigore quest’anno, il dossier del Servizio Bilancio dello Stato della Camera prevede che il gettito derivante dall’applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà limitato. Si stima che nel 2025 l’erario incasserà 381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 milioni e nel 2027 432,5 milioni.

Nel 2033, ultimo anno per cui sono previste stime di entrata, si prevede che il gettito raggiunga quasi 500 milioni di euro. Nel 2024, la tassa interesserà 19 paesi dell’Ue, mentre Spagna e Polonia si adegueranno a partire dal prossimo anno. Estonia, Lettonia, Lituania e Malta hanno ottenuto una proroga fino al 2030, mentre Cipro e Portogallo devono rispondere a una lettera di messa in mora inviata da Bruxelles. “Appare evidente – nota la Cgia – che per le grandi holding rimane ancora la possibilità, almeno per i prossimi 5/6 anni, di spostare parte degli utili in alcuni paesi membri dove la tassazione continua essere molto favorevole”.

Non solo aziende straniere: quali big italiane pagano meno tasse

Tuttavia, non sono solo i grandi colossi stranieri del web a beneficiare della fiscalità vantaggiosa offerta da diversi paesi europei. Negli ultimi anni, anche alcune importanti aziende italiane hanno trasferito la loro sede fiscale o legale all’estero, talvolta limitandosi a una consociata. Molte di esse hanno scelto i Paesi Bassi, attratte da una legislazione societaria favorevole, che consente agli azionisti storici di avere il doppio dei voti nelle assemblee, una misura utile per difendersi da possibili scalate da parte di investitori stranieri.

Parliamo di aziende come Ferrari, che da anni ha spostato la sua sede legale ad Amsterdam in Olanda pur mantenendo quella fiscale in Italia. Ma anche Fiat, Mediaset, Eni, Enel, Campari, Luxottica, Ferrero e molte altre.

Inoltre, beneficiano di un regime fiscale vantaggioso, che il governo olandese riserva alle grandi aziende che aprono la sede fiscale ad Amsterdam. Sebbene queste operazioni siano formalmente corrette dal punto di vista fiscale e societario, hanno ridotto la base imponibile di chi paga le tasse in Italia, penalizzando in particolare le piccole e piccolissime imprese, che, a differenza delle grandi aziende, non possono permettersi di trasferirsi altrove.