Pensioni, per le donne cambia tutto? Ipotesi 4 mesi di anticipo per ogni figlio

Il Governo valuta l'estensione a tutte le lavoratrici dei 4 mesi di anticipo per ogni figlio, ma non ci sono passi avanti su Opzione donna

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Redazione

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Quattro mesi di anticipo per ogni figlio a tutte le forme di trattamento pensionistico destinate alle donne. È la nuova ipotesi sulla quale sta lavorando il Governo per la riforma previdenziale, secondo quanto riportato dai sindacati al termine del tavolo aperto al ministero del Lavoro. Dall’incontro, definito “a voler essere diplomatici interlocutorio” dalla Cgil, non sono arrivate però novità su Opzione donna, lo strumento dedicato alle lavoratrici modificato dalla legge di Bilancio, ma sul quale le sigle chiedono dei correttivi.

Pensioni, stallo su Opzione donna: le novità per le lavoratrici

La novità più rilevante emersa dalla riunione di Cgil, Cisl, Uil e Ugl con il sottosegretario leghista Claudio Durigon, sarebbe l’intenzione di estendere la possibilità a tutte le donne di andare in pensione quattro mesi in anticipo per ogni figlio. Una formula già prevista dalla riforma Dini ma solo nel caso di pensioni calcolate con il contributivo puro.

I tecnici dei dicasteri del Lavoro e dell’Economia stanno valutando l’impatto, all’interno della revisione del sistema pensionistico allo studio del Governo, di questa misura, che si stima possa pesare per 700 milioni di euro.

Pensioni, stallo su Opzione donna: l’incontro con i sindacati

Al netto della nuova possibilità pensata per le lavoratrici, su Opzione donna i sindacati non hanno invece registrato nessun passo avanti.

“Abbiamo chiesto conto dell’impegno con cui si era concluso il tavolo precedente di ripristinare i requisiti di Opzione donna e non c’è stata risposta” ha dichiarato il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari. “Questo significa non solo che non diamo risposta alle 20-25 mila donne che utilizzano lo strumento – sostiene il rappresentate sindacale – che peraltro è una platea limitata per una misura comunque penalizzante, ma che c’è un punto politico: se apriamo un tavolo e non riusciamo nemmeno a prendere un impegno su un intervento correttivo e limitato, ci chiediamo come si può affrontare una riforma più ampia a ambiziosa”.

Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha confermato l’intenzione del Governo di intervenire su Opzione donna, spiegando di aver ricevuto l’impegno a modificare la norma attuale, ma una risposta non arriverà prima dei prossimi giorni. “C’è un’apertura ma non sappiamo di che tipo” ha dichiarato.

Secondo le modifiche apportate alla legge di Bilancio, come avevamo già  spiegato qui, le nuove regole per accedere a Opzione donna prevedono la pensione anticipata a 59 o 58 anni per chi ha rispettivamente uno o due figli, è disabile al 74%, oppure dimostra di accudire in casa un familiare da almeno sei mesi. O ancora è stata licenziata o è dipendente di un’azienda in crisi con tavolo aperto al ministero delle Imprese, unico caso, quest’ultimo, in cui una lavoratrice può andare in pensione a 58 anni anche senza prole. In tutti gli altri, il meccanismo di Opzione donna prevede l’uscita dal lavoro a 60 anni (qui abbiamo spiegato quante lavoratrici rischiano la pensione dopo le modifiche a Opzione donna).

Pensioni, arretrati in arrivo a marzo: la circolare Inps

Intanto sul fronte delle rivalutazioni delle pensioni, l’Inps ha precisato in una circolare che nell’assegno di marzo saranno corrisposti anche gli arretrati. Come ricorda l’Ente, chi ha un reddito da pensione superiore a 2.101,52 euro (quattro volte il minimo) riceverà un trattamento previdenziale adeguato all’inflazione sulla base delle percentuali inserite in legge di Bilancio (qui abbiamo spiegato chi deve aspettare marzo per gli aumenti sulle pensioni).

Come già avvenuto a gennaio, questa categoria riceverà un assegno maggiorato del 7,3%, mentre chi ha un reddito da pensione tra le quattro e le cinque volte il minimo lo vedrà rivalutato dell’85% del 7,3% ovvero del 6,205%.

Le percentuali di rivalutazione scendono all’aumentare dell’importo della pensione fino ad arrivare al 32% di rivalutazione per chi ha assegni superiori a 10 volte il minimo (5.253,81 euro al mese) con il recupero rispetto all’aumento dei prezzi del 2,336%.