Pensioni, si punta sulla previdenza complementare: cosa significa

La ministra del Lavoro Marina Calderone ha convocato diversi tavoli dell'Osservatorio sulla spesa previdenziale per tracciare una riforma delle pensioni

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

La riforma delle pensioni è ancora un cantiere aperto. La ministra del Lavoro Marina Calderone è al lavoro con le parti sociali per preparare i pacchetto normativo da inserire nella prossima Legge di Bilancio in autunno, ma i tavoli tecnici convocati finora non avrebbero portato a risultati. Del resto le interlocuzioni sul sistema previdenziale sembrano destinate a rimanere in uno stato di sospensione fino all’arrivo a settembre della nota di aggiornamento del Def 2023, quando si capiranno i reali margini di manovra per la riforma delle pensioni, che appaiono sin d’ora limitati.

Il tavolo sulla pensione di garanza

Il primo tavolo tecnico incentrato sulla pensione di garanzia per i lavoratori sotto i 40 anni, tra gli esperti dell’Osservatorio sulla spesa previdenziale e i rappresentanti delle parti sociali, non ha portato a nulla di nuovo. Tanto da essere definito dalla segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione, un “incontro imbarazzante” nel quale i rappresentati del ministero hanno chiesto “di esporre le nostre proposte ma non avevano alcun dato. La ministra non c’era. È il quarto incontro che facciamo sulla previdenza e siamo ancora a zero. Siamo insoddisfatti. La ministra ci dica cosa intende fare sul lavoro per i giovani e per coloro che hanno fragilità contributive”.

La proposta contenuta nella piattaforma Cgil, Cisl e Uil, prevede per i giovani lavoratori attualmente in attività “una pensione contributiva di garanzia, collegata ed eventualmente graduata rispetto al numero di anni di lavoro e di contributi versati”. Si tratterebbe di un fisso di circa 1.000 euro lordi al mese di assegno previdenziale a partire dai 65 anni per coloro che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1996 e che nel 2035 andranno in pensione per intero con il sistema contributivo.

Come dichiarato dal segretario confederale della Cisl, Ignazio Ganga “la radice della previdenza deve rimanere il lavoro e quindi è importante tutelare il lavoro di qualità correttamente retribuito. Bisogna però anche essere realisti, la flessibilità del lavoro porta spesso discontinuità e basse retribuzioni“.

I prossimi incontri

Nel dialogo con il ministero del Lavoro i rappresentati sindacali hanno chiesto conto da subito su quali risorse il governo intenda mettere in campo per il 2024 per evitare il ritorno della legge Fornero e quindi delle uscite direttamente a 67 anni di età o a 41-42 e dieci mesi di contributi.

Ad oggi una riforma della Legge Fornero sembra sempre più difficile e si prevede da parte dell’esecutivo la conferma della cosiddetta Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi per uscire dal lavoro in anticipo rispetto all’età di vecchiaia) e l’Ape sociale, mentre sarà probabile qualche modifica su Opzione donna dopo la stretta decisa per quest’anno (qui abbiamo parlato della riforma pensionistica inchiodata dai numeri).

Da qui a settembre saranno portati avanti i prossimi incontri dell’Osservatorio sulla spesa previdenziale, con un tavolo il 18 luglio sulla flessibilità, il 5 settembre sulle donne e il 18 settembre sulla previdenza complementare.

E proprio su quest’ultimo punto sembra fondarsi l’intervento del governo per cercare di assicurare adeguata copertura previdenziale ai giovani con carriere precarie e discontinue: un pacchetto di interventi che dovrebbe comprendere agevolazioni fiscali, incentivi soprattutto per gli under 35 e l’innalzamento dell’attuale soglia di deducibilità (qui abbiamo parlato dell‘ipotesi di riforma sulle pensioni che potrebbe far perdere 300 euro di assegno).