Pensioni, maxi-taglio a chi esce prima: quanto si perde

Con Quota 102 al capolinea, l'esecutivo ipotizza una mini-riforma del sistema pensionistico che potrebbe portare al taglio degli assegni

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Redazione

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È corsa contro il tempo per evitare di tornare, nel 2023, alla tanto temuta legge Fornero sulle pensioni. Quota 102, infatti, volge ormai a conclusione e tra poco meno di sette mesi il governo dovrà avere a disposizione un giusto piano per la revisione del sistema pensionistico. Il dialogo tra le parti non sembra ancora far emergere una posizione netta, ma tra le ipotesi c’è quella di rendere accessibile a tutti l’uscita a 64 anni con 20 anni di contributi.

Taglio pensioni, a quanto ammonta la riduzione

Il confronto avviato dal governo a inizio 2022 con le parti sociali per giungere in anticipo all’auspicata mini-riforma del sistema pensionistico è ormai fermo da febbraio. A causa dello scoppio del conflitto russo-ucraino e l’aggravarsi della crisi energetica è infatti cambiato l’ordine di priorità nell’agenda di Palazzo Chigi, ma non passa giorno senza il pressing di forze politiche e sindacati per riaprire il tavolo con numerose proposte al vaglio (intanto sono arrivate le istruzioni Inps per l’anticipo con Ape Sociale, ne abbiamo parlato qui).

Tra queste ci sarebbe l’opzione di rendere accessibile a tutti il canale d’uscita con almeno 64 anni d’età e 20 di contribuzione, oggi di fatto consentito solo a chi è totalmente “contributivo”. Grazie a delle simulazioni tecniche, secondo quanto riferito da Il Sole 24 Ore, è però emersa una netta riduzione dell’assegno per quei lavoratori con metodo misto che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi. Il taglio oscillerebbe tra il 10 e il 18%, mentre il picco si registrerebbe al 18,6% per un numero limitato di lavoratori in possesso fino a 17 anni di versamenti al momento ”agganciati” al retributivo (anche se i prossimi assegni potrebbero aumentare, ve ne abbiamo parlato qui nel dettaglio).

La proposta di Tridico

Le prospettive fin qui paventate, però, non alletterebbero affatto i sindacati, che insistono sulla possibilità di consentire il pensionamento a 62 anni salvaguardando la quota retributiva o in alternativa con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica.

Il presidente Inps Pasquale Tridico ha avanzato una proposta che punta a consentire l’anticipo a 63-64 anni della sola quota contributiva per poi recuperare la fetta retributiva al raggiungimento della soglia di vecchiaia dei 67 anni. Il costo ipotizzato sarebbe di poco superiore ai 400 milioni al primo anno, ma ancora nulla è certo sulle mosse che il governo metterà in atto nei prossimi mesi. L’attesa infatti cresce e il ritorno ai colloqui è stato più volte richiesto tanto dai sindacati quanto dalle forze politiche.

Pensioni, cosa succede

In mancanza di una soluzione, dunque, cosa si farà? Le ipotesi sul tavolo porterebbero a due strade da percorrere. Infatti non è escluso un ritorno in toto alla riforma Fornero, ma potrebbe anche essere prorogata ancora di un anno la Quota 102. In quest’ultimo caso, però, l’esecutivo guidato dal presidente del Consiglio Mario Draghi dovrà far fronte al muro alzato negli scorsi giorni da Bruxelles, con l’Unione Europea che ha dato una netta bocciatura al rinnovo al pari di Quota 100.

Dall’Unione, infatti, sembrerebbe essere arrivato quasi un suggerimento al taglio, con la voce pensione sulla spesa pubblica che sarebbe destinata ad aumentare in maniera drastica e insostenibile nel lungo periodo visto il decremento demografico.