La Lega ha proposto di rendere obbligatoria l’assegnazione di parte del Tfr, il trattamento di fine rapporto, a un fondo pensione per integrare l’assegno previdenziale. Si tratta di una possibilità già esistente ma che pochi sfruttano, per varie ragioni legate anche a come si è evoluto il mercato del lavoro negli ultimi decenni.
Questa proposta vuole contrastare il calo del valore delle pensioni che nei prossimi anni inizierà a manifestarsi a causa della fine del regime retributivo e all’affermarsi, nella quasi totalità dei casi, di quello contributivo. Le pensioni integrative sono un’opzione per aumentare l’assegno previdenziale e mantenere un buono stile di vita, ma rinunciare a parte del Tfr può essere difficile per alcuni lavoratori.
La proposta della Lega per il Tfr e i fondi pensione
Il Carroccio ha proposto una nuova legge per obbligare i lavoratori dipendenti a investire parte del proprio Tfr nei fondi pensione, per ottenere a fine carriera una pensione integrativa.
Ad oggi circa il 30% dei lavoratori sceglie questa opzione, mentre gli altri conservano il proprio Trattamento di fine rapporto in azienda per poi farselo liquidare una volta lasciato il lavoro. L’idea del partito di Matteo Salvini ha già suscitato polemiche e dubbi di costituzionalità, dato che di fatto obbligherebbe i cittadini a utilizzare i propri soldi in un certo modo dettato dallo Stato.
Il piano della Lega è però volto a contrastare un fenomeno che sta già mostrando i primi segnali nel sistema previdenziale italiano. Varie riforme pensionistiche introdotte alla fine degli anni ’90 hanno abolito il regime retributivo, che garantiva assegni molto alti, sostituendolo con quello contributivo, che invece riduce il valore delle pensioni.
Per questa ragione molti lavoratori che andranno in pensione nel prossimo decennio dovranno accettare un netto calo del proprio stile di vita. Una soluzione a questo problema è la pensione integrativa che però, proprio a causa degli assegni previdenziali molto alti, in Italia è poco diffusa.
Investire parte del proprio Tfr in un fondo pensione è già possibile, ma lo fa solo un terzo dei lavoratori dipendenti. I fondi pensione sono veri e propri fondi di investimento, anche se presentano molte più garanzie di quelli tradizionali.
Difficilmente possono fallire e di conseguenza perdere l’interezza del denaro investito è quasi impossibile. I loro investimenti e la gestione del denaro che i clienti mettono a disposizione sono sorvegliati da un’apposita agenzia, la Covip, ma questo non riduce il rischio a zero.
Sul lungo periodo però dovrebbero aiutare a far fruttare il denaro investito, mettendo a disposizione alla fine del percorso una cifra abbastanza alta per integrare l’assegno pensionistico.
Il ruolo del Tfr nel mercato del lavoro di oggi
Uno dei principali problemi della proposta della Lega di obbligare i dipendenti a investire parte del proprio Tfr in un fondo pensione è che si basa su una concezione del Trattamento di fine rapporto che sta scomparendo.
Il ruolo di questo benefit è stato infatti per lungo tempo quello di un premio a fine carriera, spesso molto ingente, decine di migliaia di euro in media anche per chi faceva un lavoro relativamente umile. Questa concezione si basava però sulle carriere stabili e spesso svoltesi sempre in una sola azienda, caratteristiche della seconda metà del ‘900 in Italia.
Oggi il ruolo del Tfr è completamente cambiato, soprattutto a causa della frammentazione delle carriere dei lavoratori dipendenti. A causa della diffusione dei contratti a termine e del precariato è diventato sempre più difficile accumulare una cifra molto alta con il Trattamento di fine rapporto.
Al contrario, spesso questo denaro viene sfruttato come paracadute nei periodi tra un impiego a tempo determinato e l’altro. Obbligare i dipendenti a investirne anche solo una parte in un fondo pensione potrebbe voler dire ridurre l’entità di questa garanzia e aggiungere un ulteriore fattore di instabilità al precariato.
Dall’altra parte però, l’assegnazione di una porzione del Tfr a un fondo pensione aiuterebbe anche chi ha avuto una carriera precaria e discontinua a accumulare questa risorsa per il lungo periodo, contrastando al contempo l’inevitabile riduzione dell’assegno pensionistico a cui vanno incontro a causa del cambio del regime da retributivo a contributivo.
Un investimento di questo tipo può aiutare a colmare il cosiddetto divario previdenziale, la differenza tra l’entità dell’assegno pensionistico e quella del proprio stipendio.
Quanto conviene la pensione integrativa con il Tfr
La scelta di mettere parte del proprio Tfr in un fondo pensione ha dei vantaggi rispetto a quella di tenerlo in azienda, ma presenta delle peculiarità che vanno tenute presente.
- Il profilo di rischio. Quando si decide di destinare parte del proprio Tfr a un fondo pensione, bisogna scegliere il profilo di rischio. Un rischio maggiore permette di ottenere guadagni più alti, ma espone al pericolo di perdite. Al contrario un rischio minore è più sicuro, ma meno redditizio.
- I costi. A differenza della gestione aziendale, l’investimento in un fondo pensione ha un costo, che varia a seconda del singolo fondo. Si tratta però di una voce di spesa che va tenuta in conto.
- La tassazione. Quando viene liquidato, il Tfr è tassato a seconda dell’utilizzo che se ne è fatto. Quando si sceglie di assegnarlo a un fondo pensionie, l’aliquota applicata è del 15% e cala progressivamente negli anni fino ad arrivare al 9%.
- In caso di necessità specifiche, come disoccupazione, acquisto o ristrutturazione della prima casa o spese mediche, si può richiedere una parte del Tfr investito al fondo di investimento, che però ha tempi lunghi per erogarla.
- La liquidazione. A meno di eccezioni, il fondo pensione è obbligato a liquidare il Tfr e ogni somma guadagnata tramite gli investimenti mensilmente, in modo da integrare la pensione, una volta che il lavoratore decide di ritirarsi dall’impiego.
Non è però sempre sicuro che investire il Tfr in un fondo pensione sia la scelta più adatta o più conveniente. Mantenerlo in azienda presenta alcune peculiarità che vanno confrontate con le opportunità messe a disposizione dai fondi pensione.
- Il rendimento in azienda. Il Trattamento di fine rapporto si apprezza ogni anno grazie di una percentuale compresa tra il 2,5% e il 3% frutto della rivalutazione Inps dell’1,5% e dell’adeguamento al 75% dell’inflazione.
- I costi. A differenza dei fondi pensione, tenere il Tfr nella propria azienda non ha alcun costo.
- La tassazione. Alla liquidazione, le tasse che bisogna pagare sul Tfr sono le stesse che vengono imposte sul reddito da lavoro, e quindi variano tra il 23% e il 42%.
- In caso di necessità è più semplice chiedere e ottenere il Tfr in azienda, soprattutto se si deve acquistare la prima casa o bisogna affrontare spese mediche. L’erogazione è spesso anche più rapida e il datore di lavoro può anche accettare di liquidarlo per necessità diverse.
- La liquidazione. Il pagamento finale del Tfr in azienda è unico, utile se si devono affrontare spese specifiche o se si intende investire personalmente la cifra ottenuta.