Quota 100? Sarà confermata fino alla fine del 2021, ma per lasciare il lavoro in anticipo forse bisognerà attendere tre mesi in più prima di cominciare a prendere la pensione.
Questa l’ipotesi riportata dal Corriere della Sera, che spiega come “chi utilizzerà questo canale per lasciare prima il lavoro (bastano 62 anni d’età e 38 di contributi) dovrà aspettare tre mesi in più prima di cominciare a prendere la pensione. È una delle ipotesi – si legge sul Corsera – sulle quali lavorano i tecnici del governo in vista della prossima manovra di bilancio”.
Oggi, spiega ancora il quotidiano milanese – “le cosiddette “finestre” d’attesa tra la maturazione del diritto e la decorrenza della prestazione sono di tre mesi per i lavoratori del settore privato e di sei mesi per i dipendenti pubblici. Con tre mesi in più le finestre diventerebbero rispettivamente di sei e nove mesi. Col risultato di risparmiare almeno 600 milioni nel 2020 e circa un miliardo a regime”.
Risparmi che dopo il 2021, si legge ancora, “potrebbero essere impiegati per sostituire Quota 100 con un sistema flessibile sul modello dell’Ape sociale. Anche l’Anticipo pensionistico (almeno 63 anni d’età e 30 anni di contributi, in alcuni casi 36) è una misura temporanea, destinata – spiega il Corsera – a scadere alla fine di quest’anno, che potrebbe intanto essere prorogata e poi resa strutturale, ma sempre riservata a particolari categorie di lavoratori disagiati”.
La possibile rimodulazione delle finestre
Sul tavolo c’è un’ipotesi di intervento da 5-600 milioni nel 2020 con una riduzione delle finestre d’uscita previste per i pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 anni di contribuzione.
L’obiettivo dei tecnici del Mef è quello di un allungamento dei termini per la decorrenza delle nuove pensioni con 62 anni d’età e 38 di contribuzione senza modificare la configurazione di Quota 100, che, come assicurato più volte dal ministro Roberto Gualtieri, rimarrebbe sostanzialmente invariata fino al termine della sperimentazione (fine 2021) prevista dal Decretone varato a gennaio dall’esecutivo “gialloverde”.
Una delle ultime ipotesi prevede una rimodulazione “soft” anche per favorire un compromesso all’interno della maggioranza. Verrebbero cioè “salvaguardati” i lavoratori che maturano i requisiti quest’anno e contano di uscire nel 2020 grazie alle finestre attuali, mentre per chi li maturerà il 1° gennaio del prossimo anno la finestra dovrebbe allungarsi fino al 1° luglio per i lavoratori privati e fino al 1° ottobre per quelli pubblici.
In collaborazione con Adnkronos