Pensioni al palo: da minime a Quota 103, le misure ancora bloccate

La decisione di veicolare tutte le risorse sul taglio del cuneo fiscale blocca la delicata partita sulle pensioni che slitta all'autunno.

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Redazione

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Bisognerà attendere l’autunno per capire la strategia del Governo sullo spinoso dossier pensioni: restano, infatti, in stand by le partite su minime, Opzione donna e Quota 103. Non è infatti bastato il pressing congiunto di Lega e Forza Italia che spingevano nella direzione di un ritocco all’insù delle pensioni minime, congelato anche l’allentamento della stretta su Opzione donna, caldeggiata anche dalla Ministra Calderone.

Da minime a Quota 103, misure bloccate

Spetterà, dunque, alla prossima manovra autunnale intervenire per alzare l’importo dei trattamenti più bassi e tracciare la rotta di Opzione donna per il prossimo anno  e post Quota 103. Non è affatto escluso che possa arrivare una proroga dopo qualche “aggiustamento”.

In particolare, sulle minime è fallito l’assalto di Carroccio e FI che avrebbero voluto destinare già a partire da quest’anno una fetta della dote a disposizione de taglio del cuneo a un ulteriore aumento delle pensioni più basse. La strada però resta segnata nel secondo punto della risoluzione sul Def votata dalle Camere che di fatto impegna il governo ad agire in questa direzione in vista della manovra autunnale.

Opzione Donna perde appeal

Bisognerà poi anche rimettere mano anche ad Opzione donna che dopo la stretta introdotta dall’ultima legge di bilancio, attraverso l’inasprimento dei requisiti e la riduzione della platea, sembra attrarre sempre meno. E lo confermano i numeri:  nei primi tre mesi del 2023, solo 151 lavoratrici hanno scelto questo canale per l’uscita anticipata, vincolato al ricalcolo contributivo dell’assegno (nel 2022 erano state 4.185).

C’è poi l’incognita del dopo Quota 103 con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti che almeno per il momento sembra escludere la possibilità di una riorganizzazione del sistema previdenziale.

Decreto lavoro bocciato

Intanto, il decreto lavoro varato dal Governo nel Consiglio dei Ministri del primo maggio non piace ai sindacati che sono pronti alla mobilitazione. “È una mobilitazione importante lanciata da Cgil, Cisl e Uil, inizia sabato a Bologna, proseguirà a Milano e si concluderà a Napoli il 20 maggio, e credo che sia assolutamente importante perché quel decreto non va nella direzione di cui abbiamo bisogno”, ha detto ieri il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, parlando con i giornalisti a margine di una iniziativa della Filcams Cgil a Firenze.

“È un decreto che allarga la precarietà, estende i voucher, liberalizza i contratti a termine, mentre una delle ragioni dei bassi salari nel nostro paese è che c’è troppa precarietà. Una delle ragioni degli infortuni, delle malattie sul lavoro, delle morti sul lavoro è la troppa precarietà. è il sistema degli appalti libero che si è determinato in questi anni, e su questi temi il decreto va nella direzione opposta di quello che noi stiamo chiedendo, e di cui c’è bisogno”, ha sottolineato.