Il capitolo pensioni anticipate continua a far litigare economisti e politici: da una parte c’è la montagna dei conti pubblici, dall’altra la platea di lavoratori che guarda l’orologio sperando di timbrare l’ultima volta prima dei 67 anni.
L’invecchiamento della popolazione e la scarsa natalità stanno trasformando il sistema previdenziale in un terreno sempre più accidentato, con pochi giovani a versare e molti assegni da pagare.
E così il governo Meloni sembra orientato a congelare l’aumento automatico dell’età pensionabile: i tre mesi in più (fino a 67 anni e 3 mesi) previsti dal 2027 dovrebbero saltare.
Da un lato si prova a convincere chi può a restare al lavoro per pagare i contributi, dall’altro si aprono spiragli per chi sogna di staccare la spina prima e godersi la pensione.
Ma i conti pubblici ne soffrono, visto che mancano soldi per attuare delle vere e proprie misure efficienti. L’esecutivo pensa a piccoli aggiustamenti sugli strumenti già noti e accarezza l’idea di soluzioni nuove che coinvolgono anche Tfr e fondi pensione. Vediamo tutte le opzioni che coinvolgono l’anticipo della pensione.
Indice
Addio Quota 103 dal 2026: cosa succede
La Quota 103 è una finestra di uscita anticipata introdotta con la legge di Bilancio 2024. Possono usarla dipendenti e autonomi che nel 2024 o 2025 raggiungono 62 anni di età e 41 anni di contributi, con la pensione che scatta dopo 7-9 mesi a seconda del settore. L’assegno viene calcolato interamente con il metodo contributivo e non può superare quattro volte il minimo Inps.
La misura è stata prorogata per tutto il 2025 senza modifiche: chi raggiunge i requisiti entro fine anno può lasciare il lavoro anche due anni prima dei 67.
La platea, però, è rimasta minuscola: l’Inps ha liquidato nel 2024 circa 1.500 pensioni con questo canale. Un numero così basso ha convinto il governo a prepararsi a chiudere Quota 103 dal 2026, bollata come poco utile e dispendiosa.
Opzione Donna: età, contributi e ipotesi di proroga
L’Opzione Donna è la scorciatoia pensata solo per le lavoratrici, dipendenti o autonome. Per accedervi servono almeno 35 anni di contributi.
La legge di Bilancio 2025 ha fissato i paletti: 61 anni per chi non ha figli, 60 con un figlio, 59 con due o più figli, sempre accompagnati dai 35 anni di versamenti.
L’assegno viene calcolato con il metodo contributivo e quindi viene più leggero, anche del 25-35% rispetto a quello retributivo. Inoltre ci sono le solite finestre di attesa: 12 mesi per le dipendenti, 18 per le autonome. Nonostante lo sconto anagrafico, finora poche hanno colto l’occasione: la misura non ha mai fatto breccia.
A differenza di Quota 103, in questo caso il governo però non sembra intenzionato a smantellarla, anzi vuole rilanciare l’Opzione Donna, studiando correttivi che rendano meno penalizzante l’assegno. Lavorare una vita per poi ricevere il 30% in meno solo perché si va in pensione in anticipo di qualche anno suona molto poco conveniente.
Ape Sociale: chi può andare in pensione prima
L’Ape Sociale è anch’esso un anticipo pensionistico, ma riservato a lavoratori in condizioni di particolare svantaggio sociale. Si tratta di un sussidio, proporzionato alla pensione maturata (fino a un massimo di €1.500 lordi al mese), rivolto a chi vuole uscire prima dal mondo del lavoro. Per beneficiarne è necessario soddisfare requisiti rigorosi:
- età minima – 63 anni e 5 mesi;
- contributi – almeno 30 anni (36 anni per attività gravose, 32 anni per alcuni edili);
- al momento della domanda il lavoratore deve aver già lasciato ogni attività;
- vantaggi per le donne – sconto di un anno di contributi per figlio fino a un massimo di 2.
Le categorie ammesse sono:
- disoccupati;
- caregiver;
- invalidi;
- addetti a mansioni gravose.
L’Ape Sociale eroga un’indennità mensile sino alla maturazione della pensione di vecchiaia (67 anni), con un tetto massimo pari a tre volte l’assegno sociale.
Pensione anticipata ordinaria e contributiva: le regole fino al 2026
Restano in vigore le forme “ordinarie” di pensionamento anticipato:
- pensione anticipata ordinaria – 42 anni e 10 mesi di contributi (uomini) o 41 anni e 10 mesi (donne). Nessun requisito anagrafico. Finestra di 3 mesi;
- pensione anticipata contributiva – per chi ha iniziato a lavorare dal 1996, servono 64 anni e almeno 20 di contributi, con assegno non inferiore a 3 volte l’assegno sociale. Anche qui finestra di 3 mesi.
Quota 41 e altri canali di uscita anticipata: cosa sapere
Oltre alle misure principali, restano operative:
- isopensione (Ape aziendale) – accordo azienda-sindacati, fino a 7 anni di anticipo;
- quota 41 per precoci: 41 anni di contributi, con almeno 12 mesi versati prima dei 19 anni, riservata a lavoratori in condizioni particolari;
- mansioni usuranti e gravose – possibilità di uscita con requisiti ridotti, fino a “Quota 97,6” (61 anni e 7 mesi) con almeno 35 anni di contributi.
Le nuove proposte del Governo Meloni su pensioni e anticipo
Il Governo Meloni sta preparando la Manovra 2026 e punta a riformare la flessibilità in uscita. Le ipotesi principali al vaglio sono in questo momento diverse, e riguardano misure come ad esempio l’utilizzo del tfr o la conferma del bonus Giorgetti:
- stop a Quota 103, considerata poco efficace;
- nuova uscita a 64 anni con 25 anni di contributi per tutti i lavoratori, su base volontaria e con calcolo contributivo;
- utilizzo del Tfr come rendita integrativa per superare la soglia minima;
- di nuovo potremmo trovare il Bonus Giorgetti, per restare al lavoro;
- rafforzamento di Opzione Donna con pensioni più adeguate;
- proroga Ape Sociale per le categorie fragili.