Pensione, andarci più tardi allunga la vita? Lo studio

Il risultato è decisamente inaspettato: ritardare l’uscita dal mondo del lavoro contribuirebbe a contrastare l’invecchiamento

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Redazione

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Se siete prossimi alla pensione o state pensando di uscire in anticipo dal mondo del lavoro, sarebbe bene pensarci due volte. Sembrerebbe infatti – a dispetto del comune e diffuso pensiero – che lavorare allunghi letteralmente la vita: perlomeno è quanto emerge dallo studio pubblicato su Cdc Preventing Chronic Disease. Ecco in sintesi perché.

Lavorare? allunga la vita

Il risultato dello studio scientifico – condotto su un campione di 83.000 individui e del quale ha parlato la giornalista Milena Gabanelli nella rubrica Dataroom del Corriere della Sera – è inaspettato: ritardare l’uscita dal mondo del lavoro contribuirebbe a contrastare l’invecchiamento cognitivo e l’isolamento sociale. Eccezion fatta per i lavori usuranti, insomma, non sarebbe così salutare dire addio al mondo del lavoro.

Ecco perché

Smentito anche un altro luogo comune, ossia quello secondo il quale stare a lavoro oltre i 65 anni non favorirebbe il necessario turnover generazionale, togliendo spazio ed opportunità ai giovani già a corto di ossigeno quando si parla di prospettive. Eppure, secondo lo studio, sarebbe l‘opposto visto che nei Paesi in cui vi è una maggiore occupazione tra gli over 65 anni, la disoccupazione giovanile è addirittura più bassa.  Ne sono un esempio Giappone e  Corea dove la disoccupazione giovanile è tra il 4% e l’8%, negli Stati Uniti al 7,5%. Di contro – anche in questo contrariamente a quanto potremmo pensare – nei Paesi dove l’occupazione tra gli anziani è minore, la percentuale di giovani senza lavoro è a due cifre:   17% in Francia, il 22% in Italia fino al 29% in Grecia e in Spagna.

Naturalmente, oltre ai numeri, c’è la lettura scientifica: mantenersi in attività, fisica e cerebrale, rallenta l’invecchiamento cellulare, conserva le facoltà cognitive e previene l’isolamento sociale, mantenendo al contrario una fitta rete di relazioni private e professionali intorno al soggetto. Il che parrebbe decisivo in termini di aspettativa e qualità di vita in età avanzata.

Intanto, restando in tema di pensioni, l’Inps ha aggiornato le procedure per la definizione delle domande di pensione anticipata flessibile dei lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive gestite dall’INPS nonché alla Gestione separata. “Si ricorda che i requisiti anagrafici (62 anni di età) e quelli contributivi (41 anni di contributi) devono essere perfezionati entro e non oltre il 31 dicembre 2023″, specifica in una nota l’Istituto di previdenza sociale.

Quota 103, le ultime novità

Il diritto alla pensione anticipata flessibile, conseguito nel corso del 2023, consente l’accesso alla pensione in qualsiasi momento successivo all’apertura della c.d. finestra: dopo un periodo di tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi dalle Pubbliche amministrazioni e per i lavoratori autonomi; la decorrenza della pensione non può comunque essere anteriore al 1° aprile 2023; dopo sei mesi dalla maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni (articolo 1, comma 2 – decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165); la decorrenza della pensione non può comunque essere anteriore al 1° agosto 2023.