I prezzi di benzina e diesel diminuiranno nel 2026?

Secondo un'analisi di Goldman Sachs, nel 2026 i prezzi di benzina e diesel potrebbero diminuire per l'aumento della produzione di petrolio

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Nel 2026 i prezzi di benzina e diesel potrebbero registrare un calo, dopo anni di oscillazioni e rincari legati a dinamiche geopolitiche, tensioni sui mercati energetici e strategie delle grandi potenze petrolifere. A suggerire questa prospettiva è Goldman Sachs, una delle principali banche d’investimento mondiali, che in una recente analisi ha tracciato le possibili evoluzioni del mercato del greggio nei prossimi due anni.

L’istituto ha confermato le proprie previsioni sui prezzi del Brent e del WTI per il 2025, in linea con i valori attuali e con i contratti forward. La vera novità riguarda però il 2026: l’outlook aggiornato indica un prezzo medio del Brent a 56 dollari al barile e del WTI a 52 dollari al barile.

Se queste stime dovessero concretizzarsi, potremmo assistere a un sensibile alleggerimento dei costi ai distributori. Ma quali sono le ragioni alla base di queste previsioni?

Il gioco dell’OPEC+ su domanda e offerta

Per comprendere le dinamiche dei prezzi del carburante bisogna partire dal cartello dei principali produttori di petrolio, che include paesi come Arabia Saudita e Russia. Negli ultimi anni, i Paesi che producono la maggior parte del petrolio, riuniti nel gruppo chiamato OPEC+ hanno deciso di produrne di più.

Questo perché, secondo Goldman Sachs, negli anni passati, l’OPEC+ ha ridotto volontariamente la produzione per evitare che ci fosse troppo petrolio in circolazione. Meno petrolio in offerta significava evitare un crollo dei prezzi e quindi carburanti più costosi per noi.

Ora, la situazione sta cambiando, dato che L’OPEC+ avrebbe notato che, nonostante i tagli, le riserve di petrolio dei Paesi più ricchi sono rimaste piuttosto basse. Segnale questo che la domanda di petrolio è rimasta forte.

Visto che la domanda è forte, l’OPEC+ ha deciso che è il momento giusto per aumentare gradualmente la produzione. E aumentando l’offerta, come succede in ogni mercato, si crea una pressione sui prezzi, che tenderanno a scendere.

Anche se il gruppo non vuole rischiare un crollo dei prezzi e ha un “piano di riserva” (se l’aumento dovesse essere troppo rapido e il petrolio in circolazione dovesse diventare eccessivo, può interrompere l’incremento della produzione da gennaio 2026), il maggiore afflusso di petrolio dovrebbe portare a un calo dei prezzi internazionali e, di conseguenza, potremmo vedere una riduzione anche in Italia.

Le dinamiche della domanda e dell’offerta nel 2026

L’elemento chiave della previsione di Goldman Sachs è il ritorno a un surplus di petrolio nel 2026. La banca ha infatti rivisto al rialzo la propria stima, passando da un eccesso di 1,7 mb/d a 1,9 mb/d.

A determinare questo scenario concorrono due fattori:

  • gli Stati Uniti e altri Paesi dell’area continuano a investire in nuove tecnologie estrattive e in infrastrutture, incrementando la produzione, compensando in parte il calo delle forniture russe, penalizzate da sanzioni e problemi interni;
  • il fabbisogno mondiale di energia è destinato ad aumentare, ma non con la stessa intensità osservata nella fase post-pandemica.

Bisogna infatti notare che l’adozione di auto elettriche, le politiche ambientali e il rallentamento di alcune economie emergenti contribuiscono a contenere la corsa al consumo di petrolio.

Il risultato è un quadro in cui l’offerta tenderà a superare la domanda, spingendo i prezzi del barile verso valori più bassi.

Prezzo del greggio e carburanti: il collegamento

Una riduzione del prezzo del petrolio non si traduce automaticamente in un calo proporzionale del prezzo dei carburanti, ma storicamente la correlazione è forte.

In Italia, il costo finale di benzina e diesel dipende da diversi fattori, quali:

  • il prezzo internazionale del greggio (Brent, per l’Europa);
  • i costi di raffinazione e distribuzione;
  • le tasse e accise, che pesano per oltre il 50% sul prezzo finale.

Ma in ogni caso, se il Brent dovesse effettivamente stabilizzarsi intorno ai 56 dollari al barile nel 2026 (essendo uno dei fattori che influenza il mercato) il costo industriale della benzina e del diesel diminuirebbe, lasciando margini per un ribasso dei prezzi finali, anche se tasse e accise continueranno a rappresentare una quota fissa e molto rilevante.

Nonostante l’ottimismo di Goldman Sachs, la stessa banca avverte che i rischi sono a doppio senso, sebbene leggermente orientati al rialzo, poiché le previsioni di calo potrebbero essere smentite da una serie di variabili. Prima tra tutti, l’instabilità geopolitica.

I conflitti in Medio Oriente e gli attacchi di Israele, le tensioni tra Russia e Polonia e possibili crisi nei Paesi produttori potrebbero ridurre l’offerta, riportando i prezzi a crescere. E se la domanda si conferma più forte del previsto, il trend in calo non è assicurato.