Le tasse sulla casa fruttano allo Stato quasi 42 miliardi

Quasi metà del gettito è generato dall'Imu, che produce incassi di 20,4 miliardi per il fisco, in crescita le entrate dalle imposte su trasferimenti e locazioni

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Gianni Balduzzi

Data journalist

Di formazione economica, da più di 10 anni utilizza numeri e statistiche per interpretare e cercare di raccontare la realtà come data journalist.

Ogni anno le tasse sulla casa generano per le casse pubbliche quanto una manovra finanziaria, e anche qualcosa di più. Secondo i calcoli dell’Agenzia delle Entrate nel 2022 si è trattato di 41,92 miliardi di euro.

È una cifra superiore di 930 milioni di euro a quella del 2021 e di quasi 4 miliardi più alta di quella del 2020, quando, a causa della pandemia, erano fortemente diminuite le tasse sulle compravendite e sugli affitti. Queste ultime sono tra le imposte più importanti fra quelle che pesano sulle nostre case ma non le principali.

Al primo posto vi è quella più nota e probabilmente più detestata dagli italiani, ovvero l’Imposta Municipale Unica, l’Imu.

Quanto si paga all’anno per la casa, le principali imposte

Andando per ordine, le tasse sulla casa che gravano sui contribuenti, in ordine di gettito, sono le seguenti.

La già citata Imu, che porta nelle casse dello Stato 20,4 miliardi, di cui:

  • 16,4 miliardi, la maggioranza, provenienti dalle seconde case dei privati
  • 3,9 miliardi dagli immobili appartenenti allo Stato
  • 100 milioni provenienti dalla tassazione di quelle poche abitazioni principali non esenti, che appartengono alle categorie catastali A/1, (abitazioni di tipo signorile) A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici)

Le imposte sui trasferimenti e sulle locazioni, che nel 2022 hanno fruttato 13,37 miliardi, divisi in:

  • 6,04 miliardi di Iva, che viene normalmente versata in caso di acquisto da un’impresa di costruzioni. Si paga un’aliquota del 4% se a essere ceduta è un’abitazione non di lusso che è non è prima casa, il 10% se si tratta di un’abitazione non di lusso che è una seconda casa, il 22% se l’immobile è definibile di lusso
  • 4,28 miliardi di imposta di registro e di bollo, che deve essere versata sia nel caso di acquisto di un immobile, a varie aliquote (9% o 2% se sussistono agevolazioni per la prima casa), sia in caso l’immobile sia dato in affitto
  • 2,02 miliardi di imposta ipotecaria e catastale. La prima viene applicata in caso di trascrizioni, iscrizioni, cancellazioni di un’immobile, quindi se viene venduto, per esempio, o ereditato e l’aliquota applicata, salvo eccezioni, è del 2%. La seconda, che normalmente è dell’1%, si paga in caso di volture, quindi prevalentemente se vi è una successione o una donazione
  • 1,03 miliardi di tasse di successione e sulle donazioni. Si tratta delle imposte pagate dagli eredi per entrare in possesso dei patrimoni del defunto, in Italia tra le più basse al mondo. Si versa infatti il 4% nel caso in cui a ereditare siano figli e coniugi, e solo per asset superiori al milione

Le tasse sulla seconda casa: c’è anche l’Irpef

Questo elenco non è completo senza le cosiddette imposte di natura reddituale. Sono quelle tasse sulla casa che vengono pagate in proporzione a quanto si incassa o si può incassare da esse oltre che sul valore dell’immobile in sè.

Si tratta di:

  • Irpef, che genera 4,53 miliardi di euro. Viene versata principalmente in presenza di un canone di locazione, che entra nel reddito del proprietario ed è tassato, quindi, quanto le altre entrate, ma anche di una casa non affittata se è nello stesso comune dell’abitazione principale del proprietario
  • Cedolare secca, che porta all’erario 3,11 miliardi. Si tratta dell’aliquota fissa del 21% che viene pagata, in caso di locazione, dal proprietario in sostituzione di quelle Irpef e può scendere al 10% se il canone è concordato
  • Ires, che genera 550 milioni e analogamente all’Irpef è l’imposta sui redditi di natura immobiliare pagati dalle imprese

Come è cambiato nel tempo il gettito delle tasse sulla casa

I 41,92 miliardi di euro che lo Stato incassa in realtà non rappresentano una cifra così grande se consideriamo l’inflazione e, soprattutto, il gettito che le tasse sulle case generavano alcuni anni fa. Si tratta all’incirca la stessa cifra incamerata nel 2017, ma, nel frattempo, il costo della vita è salito del 16,9% da allora.

Di fatto potremmo dire che in termini reali vi è stata una riduzione degli incassi del fisco, soprattutto a causa della sostanziale stabilità delle entrate generate dall’Imu, che sono rimaste intorno ai 20 miliardi negli ultimi 10 anni, nonostante l’inflazione. e di quelle legate a Irpef e Ires. Come si diceva, ad essere aumentate sono state solo le imposte su trasferimenti e locazioni, che non avevano mai superato nello scorso decennio i 13 miliardi. Tutto merito (o colpa) della ripresa del mercato immobiliare, delle compravendite e dell’aumento dei prezzi degli immobili.

L’effetto del taglio della Tasi

Ma i quasi 42 miliardi di incassi risultano in calo anche in valore assoluto se il paragone è il gettito precedente al 2016, anno in cui i contribuenti italiani non hanno più dovuto pagare il Tributo per i servizi indivisibili (Tasi) sulle prime case che era stato introdotto a fine 2013 in sostituzione dell’Imu sull’abitazione principale. Aveva generato nel 2014 e 2015 4,8 miliardi. Dal 2020 è stata cancellata anche la Tasi riguardante sulle seconde case, il cui gettito era stato tra 1,1 e 1,3 miliardi nel corso degli anni.

Il risultato di tali sgravi è che il record di 44,26 miliardi di incassi del 2015, l’ultimo con la Tasi pienamente in vigore, non è più stato eguagliato. Più delle imposte ora a crescere sono i prezzi degli immobili e il valore degli affitti nelle grandi città e nei luoghi del Paese in cui si concentra maggiormente la domanda.