Non succedeva dal 2008: il tasso variabile dei mutui è diventato più caro di quello fisso, confermando il suo crescente peso come onere finanziario nelle voci di spesa di una persona o di una famiglia. Vedersi aumentare le rate di mese in mese infatti non fa che rendere più complicata la capacità di adempienza rispetto agli impegni presi con gli istituti bancari. Ma allora oggi per aprire un mutuo conviene affidarsi al fisso? Innanzitutto è importante capire il motivo dell’impennata del tasso variabile.
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La Bce rialza i tassi: cosa aspettarsi
L’attuale situazione è frutto del tentativo da parte della Banca centrale europea di contrastare l’inflazione troppo elevata. L’obiettivo è farla tornare al 2%. Da qui la decisione del Consiglio direttivo di rialzare progressivamente i tassi di riferimento. Come ampiamente previsto, dopo la misura di settembre 2022 si è registrato a febbraio un nuovo ritocco di 50 punti base.
Un aumento che ha portato i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali al 3%, quello sui prestiti marginali al 3,25% e quello sui depositi presso la banca centrale al 2,50%. Ma per il mese di marzo è già stato annunciato un ulteriore rialzo, della medesima portata. Insomma, le stangate della politica monetaria non sono finite.
Il sorpasso del tasso variabile sul fisso
Ad oggi un mutuo a tasso fisso per 30 anni che copre il 70% del valore della casa viene offerto tra il 3,5 e il 3,7% dalle banche che offrono le condizioni più vantaggiose. l variabili legati all’Euribor a tre mesi sono offerti con spread a partire dall’1,10%, cioè, ai valori attuali, da oltre il 3%, e sono destinati a salire.
La differenza di costo tra fissi e variabile, che normalmente andrebbe da 100 a 200 punti, si era già molto ridotta negli ultimi anni, ma la forbice si è ora stretta ancora molto rapidamente. La convergenza tra i due tassi avviene a parità di spread poiché l’Eurirs (il parametro di riferimento dei fissi) a 30 anni è ormai più basso dell’Euribor a 3 mesi.
La fuga dal tasso variabile: cosa conviene fare
Sulla base dei numeri attuali appare comprensibile come le famiglie stiano optando per il mutuo a tasso fisso, che non essendo soggetto a volatilità garantisce maggiori certezze nella programmazione delle spese. C’è da dire tuttavia che la controparte bancaria non sempre è accomodante. Questo perché non appena il costo del denaro invertirà la curva il cliente potrebbe decidere di surrogare il mutuo.
Proprio il passaggio da fisso a variabile rappresenta oggi la via più prudente da percorrere. Una mossa dall’esito comunque non scontato: per obbligare la banca a rinegoziare alle condizioni previste dalla Legge di Bilancio 2023 (stessa durata e stesso debito residuo del mutuo in corso, tasso fisso calcolato allo spread del variabile più l’Eurirs di periodo) occorre avere un Isee massimo di 35mila euro, compatibile solo con i mutui più bassi.
A parte questo, chi oggi opta direttamente per la modalità variabile è vero che possiede coperture dal punto di vista finanziario e una particolare attitudine al rischio, ma a lungo periodo potrebbe fare una scelta vincente. Questo perché la curva è destinata prima o poi a scendere. Il problema è l’incertezza dei tempi: stando alle previsioni potrebbero passare anche tra i 18 e i 24 mesi prima di un cambio di rotta. Dunque chi non ha la possibilità di sostenere una rata più alta nei prossimi mesi dovrà obbligatoriamente ricorrere al tasso fisso.