Mutuo per la casa, il 13,6% delle famiglie italiane ne ha uno

Un milione di italiani ha acceso mutui a tasso variabile, per un totale di 140 miliardi di euro

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Gianni Balduzzi

Data journalist

Di formazione economica, da più di 10 anni utilizza numeri e statistiche per interpretare e cercare di raccontare la realtà come data journalist.

La ripresa del mercato immobiliare dopo la pandemia ha provocato un incremento del numero di nuclei familiari che hanno acceso un mutuo per la casa e dell’ammontare complessivo del credito concesso. In aprile è arrivato a 425 miliardi di euro, ovvero, secondo Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) e Banca d’Italia il 13,7% in più rispetto alla fine del 2017.

Ad aver favorito questa congiuntura, oltre alla riduzione in termini reali dei prezzi degli immobili, sono certamente intervenute alcune delle molte agevolazioni decise dal Governo nel corso della pandemia, come per esempio il Bonus Prima Casa per chi ha meno di 36 anni e, più in generale, la maggiore liquidità a disposizione degli italiani tra il 2020 e il 2022. Il risultato è che oggi 3,5 milioni di famiglie (il 13,6% del totale) ha un mutuo. Il mutuo è la forma di indebitamento più diffusa dato che le famiglie con una qualsiasi forma di debito (ad esempio un prestito personale) sono 6,8 milioni e che, appunto, 3,5 di queste ce l’hanno per l’acquisto della casa.

I mutui però non sono tutti uguali, la principale distinzione, che adesso sta diventando sempre più importante, è quella tra mutui a tasso variabile e a tasso fisso. In cosa consiste?

La differenza tra un mutuo per la casa a tasso fisso e a tasso variabile

Accendere un finanziamento a tasso fisso vuol dire ricevere un credito da parte della banca o dell’intermediario finanziario prescelto che dovrà essere ripagato attraverso rate che saranno sempre dello stesso ammontare perché alla cifra complessiva del mutuo si applica la stessa percentuale di interesse.

Si tratta della modalità scelta dalla maggior parte delle famiglie, che naturalmente ha i suoi aspetti positivi e negativi.

  • Vantaggi: vi è la certezza di avere uscite costanti e la possibilità di pianificare il proprio budget familiare senza imprevisti, ed è questo che spinge la maggioranza dei debitori a optare per questa soluzione.
  • Svantaggi: vi è, almeno all’inizio, un costo maggiore, perché si deve pagare l’Irs (Interest Swap Rate) più lo spread. Quest’ultimo è il guadagno, il margine delle banche, mentre l’Irs è il tasso concordato che le banche decidono di applicare proprio per i mutui a tasso fisso ed è superiore all’Euribor, quello pagato da chi sceglie i tassi variabili, per la presenza del cosiddetto “rischio di interesse”.

Il debitore, in sostanza, fa una sorta di scommessa, puntando sul fatto che prima o poi il tasso Euribor, cioè il tasso medio di interesse delle transazioni finanziarie che avvengono tra le principali banche europee, che cambia ogni giorno, salga. In questo caso si troverà a pagare meno di quanto avrebbe pagato affidandosi proprio all’Euribor, nonostante al momento dell’accensione del mutuo quest’ultimo fosse inferiore.

È una scommessa che dall’inizio del 2023 è stata vinta. Per la prima volta dal 2008 al principio di febbraio il tasso Euribor a tre mesi, solitamente utilizzato per la determinazione di quello variabile, ha superato l’Irs, che era di poco inferiore al 2,4%, e ha poi proseguito a crescere.

Mutuo per la prima casa, quanti hanno un tasso variabile

Questo significa anche che dopo 15 anni coloro che avevano acceso un mutuo per la casa di tipo variabile si sono trovati dalla parte perdente della “scommessa”. Tra il 2008 e il 2023 l’Euribor era stato inferiore all’Irs, in alcuni momenti addirittura negativo, e, anche considerando lo spread che va sempre versato alla banca, i tassi variabili da pagare erano stati più bassi dei tassi fissi. Non è più così. L’Euribor a tre mesi, che fino al luglio 2022 era ancora negativo, in seguito ai repentini rialzi del tasso di riferimento da parte della Bce, è salito al 3,8%. Ciò ha determinato, secondo i calcoli degli addetti al settore, un aumento annuale del 100%, ovvero un raddoppio, per la rata pagata da quanti hanno un mutuo variabile da 5 anni. Quanti sono? Non vi sono dati precisi. Una stima prudenziale afferma che si tratta di circa un milione di famiglie, quello che è certo è che su di loro pesano 140 miliardi di mutui, ovvero circa un terzo dei 425 miliardi accesi dagli italiani.

Il problema di questi aumenti è ora doppio. Da un lato vi è il minore reddito disponibile per quei nuclei che devono spendere molto di più per le rate, dall’altro le difficoltà delle banche nel caso in cui le famiglie si dimostrassero inadempienti. Secondo Fabi è del valore di 2,8 miliardi il credito in sofferenza, ovvero che le banche danno già per perso, le inadempienze probabili, i mutui che realisticamente non saranno pagati, ammontano a 3,5 miliardi e le rate scadute, il cui futuro è incerto, valgono 621 milioni. La previsione è che per l’immediato futuro questi numeri siano destinati a salire.