Il termine “caparra confirmatoria” è molto utilizzato in caso di compravendita o di locazione immobiliare. Spesso, tra l’altro, viene erroneamente utilizzato come sinonimo di “acconto”, nonostante ci siano delle differenze tra i due istituti, anche di natura fiscale. Ma cos’è, quindi, la caparra? E cosa dice la legge sul suo scopo e funzionamento?
Vediamolo insieme, partendo dal Codice civile che la disciplina.
Indice
Cos’è la caparra confirmatoria nel Codice Civile
La caparra confirmatoria è una somma di denaro (o una quantità di altri beni fungibili) che vengono consegnati da una parte all’altra, a titolo di indennizzo, quando si stipula un contratto, tipicamente per una compravendita o locazione immobiliare.
A disciplinarla è l’articolo 1385 del Codice civile che, al primo comma, stabilisce: “Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta”.
Quindi, nel caso di compravendita, se le parti arrivano al rogito, la caparra precedentemente versata dall’acquirente gli deve essere restituita oppure può essere utilizzata in riduzione della somma totale dovuta al venditore.
E se, invece, una delle due parti ci ripensa e non si arriva al rogito? È sempre lo stesso articolo del Codice civile a chiarire le conseguenze:
- se a tirarsi indietro dalla compravendita è il promissario acquirente (che ha versato la caparra), il venditore ha diritto a trattenerla
- se a ripensarci è il promissario venditore, il promissario acquirente ha diritto di ricevere una somma pari al doppio della caparra versata
Lo scopo di questo istituto è evidente: impegnare entrambe le parti ad onorare la propria obbligazione.
In caso contrario, la caparra si tradurrebbe in un indennizzo del danno per la parte lesa.
Al comma 3, sempre dell’art. 1385 c.c., viene però fornita alla parte lesa una possibilità alternativa: “domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto” e richiedere “il risarcimento del danno” che dovrà essere stabilito dal giudice.
La caparra confirmatoria è tipicamente inserita nel preliminare di compravendita e funge da garanzia sul buon esito della trattativa che condurrà al rogito. Non è obbligatoria, ma è evidente che, se non utilizzata nel compromesso, la parte eventualmente lesa avrebbe meno tutele.
Differenza tra caparra confirmatoria e caparra penitenziale
Il Codice civile prevede, però, all’articolo 1386 anche un altro tipo di caparra, quella penitenziale.
La norma recita: “Se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso”.
Qual è la differenza con la caparra confirmatoria? In questo caso, nel contratto di compravendita o di locazione deve essere previsto espressamente il diritto di recesso e, nel caso in cui si attivasse, la caparra rappresenterebbe esclusivamente una “penale” per il ripensamento. Null’altro sarebbe dovuto. Non si potrebbe, ad esempio, chiedere alla parte inadempiente l’esecuzione o la risoluzione del contratto oppure di ottenere giudizialmente il risarcimento del maggior danno subito.
La caparra penitenziale, quindi, è la cifra che le parti sono disposte a perdere per avere la facoltà di recedere dalla compravendita o dalla locazione.
Al pari della caparra confirmatoria, però, la somma dovuta è doppia se a recedere è il venditore.
Differenza tra caparra confirmatoria e acconto
Entrambi gli istituti prevedono la corresponsione di una somma di denaro dal promissario acquirente al promissario venditore, ma nel caso dell’acconto, tale cifra rappresenta semplicemente un anticipo che, al momento del rogito, viene scalato dall’ammontare totale dovuto. Non rappresenta, quindi, una sorta di “garanzia” o “penale” come la caparra confirmatoria. Di qui, ne deriva un’importante differenza: in caso di inadempimento di una delle parti, la caparra confirmatoria può essere trattenuta dalla parte adempiente (di ammontare doppio se è appannaggio del promissario acquirente), mentre l’acconto deve essere sempre e comunque restituito, fatta salva la possibilità della parte lesa di rivolgersi al giudice per ottenere l’esecuzione del contratto e il risarcimento del danno.
La differenza, infine, è anche di natura fiscale: in caso di caparra confirmatoria si deve versare un’imposta di registro pari allo 0,50% del suo valore, mentre in caso di acconto l’aliquota dovuta sale al 3% se il trasferimento non è soggetto a IVA oppure è in misura fissa a 200 euro se il passaggio di proprietà è soggetto a IVA.