Nell’Unione europea verrà vietata la distruzione di capi d’abbigliamento, accessori e scarpe invenduti. Si tratta di uno dei punti dell’accordo raggiunto da Consiglio e Parlamento Ue sulle regole per la progettazione eco-compatibile dei prodotti.
Vestiti invenduti: che fine fanno
I vestiti invenduti hanno oggi due destinazioni: la distruzione o il mercato secondario. Un capo invenduto può essere ceduto agli stocchisti o rimandato alla ditta produttrice. Alcune aziende distruggono l’invenduto gettandolo in discarica o destinandolo agli inceneritori. La distruzione dell’invenduto è un espediente comunemente utilizzato per evitare che un eccesso di produzione alteri al ribasso il prezzo di vendita delle merci.
Vietato distruggere indumenti invenduti
Il divieto di distruzione scatterà a partire dal biennio successivo all’entrata in vigore della legge, che diventano sei anni per le medie imprese. Le piccole e le microimprese restano invece esentate dall’obbligo di osservare la nuova normativa.
La Commissione si riserva di decidere in futuro per l’applicazione della stessa misura su altri prodotti oltre al settore dell’abbigliamento. Sarà la Commissione a decidere le condizioni per la distruzione dei beni invenduti. Lo stesso organo comunitario potrà proporre nuovi requisiti tramite atti delegati se e quando nuovi tipi di merci e tecnologie lo richiederanno.
Il passaporto digitale dei prodotti
Ma quello europeo è un accordo di ampio respiro che riguarda una serie di merci, come gli elettrodomestici e gli infissi, che però restano al momento fuori dal divieto di distruzione dell’invenduto. In sintesi, l’Europa vuole uscire dalla logica di un mercato spinto da prodotti di qualità medio-bassa e dal ciclo vitale corto. Secondo l’accordo-quadro, le merci dovranno essere più efficienti, più durevoli, riutilizzabili, aggiornabili, riciclabili e di facile manutenzione.
Le merci verranno accompagnate da un passaporto digitale che conterrà informazioni sulla loro sostenibilità ambientale. L’accordo europeo indica criteri di massima e sanzioni, ma dovranno essere i singoli Stati a dare applicazione concreta al nuovo corso.
Il passaporto digitale permetterà ai consumatori di effettuare acquisti consapevoli e aiuterà le autorità pubbliche a eseguire più agevolmente verifiche e controlli.
Stop a greenwashing e obsolescenza programmata
Si punta, in definitiva, a dire addio a una serie di pratiche inquinanti e che vanno a danno dei consumatori, come il greenwashing. Non basterà aggiungere sulle confezioni diciture come “eco” o “bio”. Le aziende verranno obbligate a fornire informazioni in merito alle materie prime utilizzate e alla loro origine.
Stop anche all’obsolescenza programmata: vietato produrre oggetti poco durevoli o sconvenienti da riparare.
“I prodotti sostenibili diventeranno la norma, consentendo ai consumatori di risparmiare energia, riparare e fare scelte ambientali intelligenti quando fanno acquisti”, spiega la relatrice per l’Europarlamento Alessandra Moretti (S&D, Pd).
Il nuovo regolamento va a prendere il posto dell’attuale direttiva del 2009. Il campo d’azione, come detto, viene ampliato poiché l’attuale normativa andava a regolamentare solo le prestazioni e le informazioni correlate ai prodotti connessi all’energia. Adesso la direttiva viene estesa a tutte le merci.
E non solo: il regolamento mira inoltre a facilitare la circolazione delle merci nel mercato unico europeo.
Il nuovo regolamento verrà adottato formalmente dal Parlamento e dal Consiglio degli Stati membri nel corso del 2024. La sua entrata in vigore dovrebbe avvenire entro la fine del nuovo anno.