B&B occasionale senza partita Iva: la sentenza che apre nuove strade ai gestori

L'attività di bed and breakfast e affittacamere è regolata, fra le altre cose, dalle leggi regionali e dai regolamenti comunali. Lì vanno ricercati i limiti dell'apertura saltuaria senza partita Iva

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Per svolgere l’attività di bed and breakfast e affittacamere con apertura saltuaria non è indispensabile avere la partita Iva. Di conseguenza il Fisco non può contestare l’attività di impresa senza partita Iva. È quanto disposto dalla sentenza 154/2024 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia, che ha confermato il giudizio di primo grado favorevole a due coniugi che avevano un contenzioso col Fisco. La coppia, proprietaria di un immobile adibito saltuariamente ad attività di bed and breakfast e affittacamere, aveva ricevuto una serie di avvisi di accertamento emessi dall’amministrazione finanziaria.

Il caso

Il nodo della questione riguardava la componente temporale dell’attività di affittacamere: i coniugi avevano specificato di occuparsi di tale attività solo in maniera occasionale, mentre l’Agenzia delle Entrate riteneva che i due esercitassero comunque attività d’impresa e che, di conseguenza, avrebbero dovuto aprire la partita Iva e allinearsi alla normativa contabile e fiscale che regola la materia.

La diatriba era poi finita sul tavolo del giudice il quale, in primo grado, aveva dato ragione alla coppia. Anche il giudice d’appello ha adesso confermato che è possibile svolgere senza partita Iva l’attività di affittacamere qualora essa sia “priva dei requisiti tipici dell’attività di impresa, ossia l’organizzazione e la professionalità”.

La legge regionale e il regolamento comunale

Il discrimine, nel caso in questione, è la legge regionale del Friuli-Venezia Giulia (2/2002) che regolamenta l’attività di bed and breakfast e affittacamere, che va a sommarsi al regolamento del Comune in cui hanno sede i servizi offerti. Tali norme disciplinano “l’attività di B&B svolta da coloro i quali, nell’ambito della propria abitazione, offrono un servizio di alloggio e prima colazione, per non più di tre camere e con un massimo di sei posti letto, con carattere saltuario o per periodi ricorrenti stagionali, avvalendosi della normale organizzazione familiare”.

Cosa dice la Cassazione

Nella loro sentenza, i giudici della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia hanno citato una precedente ordinanza della Cassazione (32034/2019) che, in materia di contributi previdenziali, aveva affermato che “è assente la professionalità nel caso di un bed and breakfast che si attiene alle prescrizioni della legge regionale“.

I legali dei due coniugi hanno dimostrato carte alla mano che i loro assistiti hanno rispettato alla lettera le norme regionali. Nello specifico, sono state rispettate le disposizioni relativamente a:

  • numero di camere adibite all’attività;
  • prestazioni offerte, che sono state svolte esclusivamente da persone del nucleo familiare;
  • rispetto della saltuarietà nell’esercizio, con periodi di apertura intervallati da periodi di chiusura in accordo alla normativa di riferimento.

I giudici della Cgt del Friuli-Venezia Giulia scrivono che il caso di specie è un “chiaro elemento di una gestione basata sulla normale organizzazione familiare, in base alla quale l’ospitalità viene concessa secondo la disponibilità e volontà della famiglia”.

Fra la documentazione esibita, anche diverse mail con le quali i coniugi hanno comunicato alla clientela l’impossibilità di accoglierli nei periodi di chiusura.