Anna Wintour lascia Vogue America, la fine di un regno lungo 37 anni

Anna Wintour ha trasformato Vogue America: in principio era una rivista di moda elitaria, oggi è riconosciuta come un'industria culturale in grado di influenzare la società, la politica e gli stilisti

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 27 Giugno 2025 10:58

Fine di un’epoca: dopo quasi quattro decenni al timone di Vogue America, la bibbia mondiale dello stile, Anna Wintour lascia il ruolo di direttrice responsabile della rivista che ha rivoluzionato l’editoria di moda a livello globale.

La notizia segna una svolta per l’intera industria dello stile, anche se Wintour non abbandona del tutto la nave: manterrà infatti i suoi incarichi come direttrice editoriale globale di Vogue e chief content officer di Condé Nast.

Vogue da rivista di moda a industria culturale

L’annuncio arriva come parte di una più ampia ristrutturazione interna del gruppo editoriale e introduce un nuovo titolo per la leadership di Vogue Usa: “Head of Editorial Content”. Un ruolo che, pur segnando la fine del regno diretto di Wintour sull’edizione statunitense, lascia intendere una continuità strategica sotto la sua supervisione.

Anna Wintour ha trasformato Vogue in qualcosa di molto più di una rivista di moda: ne ha fatto un centro di potere culturale e simbolico, capace di influenzare tanto Hollywood quanto Washington e, di conseguenza, tutto il mondo.

La prima copertina di Vogue firmata Anna Wintour

La sua prima copertina del novembre 1988, con la modella israeliana Michaela Bercu in jeans scoloriti Guess e top Christian Lacroix, fu un atto di rottura: l’inizio di una nuova era, fatta di audacia, contaminazioni tra alta moda e streetwear, e di volti nuovi accanto a star consacrate.

Con Wintour, Vogue ha smesso di essere una pubblicazione elitaria per diventare il barometro culturale di un’epoca. Ha sdoganato le celebrity sulle copertine, portato la moda nei musei e costruito un vero e proprio impero editoriale. Sotto la sua guida, il Met Gala è diventato uno degli eventi più influenti al mondo, un punto di convergenza tra arte, moda e potere.

La figura pubblica di Wintour (il caschetto liscio, gli occhiali scuri, la compostezza glaciale) è diventata leggendaria, rafforzata dal personaggio di Miranda Priestly nel film “Il diavolo veste Prada”, ispirato in parte alla sua figura. Regina di ghiaccio o stratega visionaria? Certo è che dietro l’immagine della “imperatrice della moda” si cela un generale capace di mantenere la presa sull’intera industria della moda attraverso intuizioni culturali e operazioni politiche.

Non è un caso che nel 2012 fosse data tra i papabili ambasciatori Usa a Londra, o che sia stata insignita del titolo di Dame nel Regno Unito e, di recente, della Companion of Honour da re Carlo. Il suo impatto trascende il giornalismo: ha modellato il modo in cui la moda viene percepita e raccontata.

A 75 anni, Anna Wintour, come detto non si ferma. Nel suo discorso allo staff ha dichiarato: “Il mio piacere più grande oggi è aiutare la nuova generazione di editori appassionati a farsi strada con le proprie idee”.

Chi sarà l’erede di Anna Wintour a Vogue?

Chi prenderà il suo posto come nuova guida editoriale di Vogue America non è ancora stato annunciato. Ma è certo che dovrà essere una persona all’altezza dell’eredità di Anna Wintour, la creatrice di una rivista di moda trasformatasi in una istituzione culturale.

Una curiosità, per chiudere: Anna Wintour è stata per quasi quattro decenni il faro dell’industria della moda, un mostro da 350 miliardi di dollari, ma ciò nonostante ama riciclare abiti e accessori.