L’Italia torna a imporsi come leader mondiale nella produzione di vino, superando i due principali competitor europei, Francia e Spagna. Secondo le stime vendemmiali 2025, presentate il 10 settembre da Assoenologi, ISMEA e UIV, il nostro Paese dovrebbe raggiungere 47,4 milioni di ettolitri.
Una crescita dell’8% rispetto al 2024 e perfettamente in linea con la media del quinquennio. Un risultato che consente al Belpaese di distanziare nettamente la Francia, ferma a 37,4 milioni di ettolitri, e la Spagna, che si attesta a 36,8 milioni.
Non si tratta soltanto di quantità, ma anche di qualità. Le uve raccolte lungo la Penisola presentano infatti un ottimo stato sanitario, con un profilo organolettico che promette vini longevi, freschi e strutturati, a seconda delle aree di produzione. Un mix che rafforza il primato italiano in un momento in cui la competizione globale si gioca tanto sulla reputazione quanto sulla capacità di resistere a mercati saturi e penalizzati da dazi e nuove dinamiche di consumo.
Le condizioni del sorpasso a Francia e Spagna
La vendemmia 2025 è stata preceduta da una fase di incertezza legata alla variabilità climatica. Dopo un inverno ricco di riserve idriche e una primavera mite, l’estate si è presentata anticipata ma altalenante, con piogge e siccità che hanno colpito in maniera differente le regioni italiane.
Secondo Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, la qualità delle uve resta però molto buona, in alcune aree addirittura eccellente. Ciò è stato possibile grazie a una gestione agronomica sempre più scientifica, che consente di affrontare i rischi di eventi estremi legati ai cambiamenti climatici. In questo scenario, il ruolo degli enologi si conferma decisivo e la loro competenza in grado di trasformare l’imprevedibilità in valore aggiunto, mantenendo elevati standard qualitativi nonostante le difficoltà ambientali.
Sud traina la crescita dell’Italia del vino
La geografia della vendemmia 2025 svela un’Italia a due velocità. Seppure il Veneto, crescendo solo del 2%, si conferma il colosso indiscusso della produzione italiana – con quasi 12 milioni di ettolitri – a trainare la crescita dell’intera produzione nazionale è il Mezzogiorno, che ha registrato un notevole balzo in avanti del +19%. Questo eccezionale risultato è dovuto in gran parte al contributo della Puglia, che da sola ha segnato un +17%, ma anche le ottime performance di Sicilia e Abruzzo hanno giocato un ruolo cruciale. Le riserve idriche accumulate in primavera si sono rivelate fondamentali per affrontare le ondate di calore estive senza subire danni significativi.
Anche il Nord ha mostrato segnali positivi, seppur più moderati. Il Nord-Ovest è cresciuto dell’8%, con la Lombardia in forte ripresa (+15%), pur non avendo ancora recuperato i livelli medi del quinquennio precedente. Il Nord-Est, invece, ha segnato un +3%, frenato da un’estate instabile. Spiccano i risultati di Friuli-Venezia Giulia (+10%) e Trentino-Alto Adige (+9%).
La situazione più complessa si registra nel Centro Italia, che ha segnato un calo complessivo del -3%. Questo risultato è stato influenzato principalmente dalla flessione della Toscana (-13%), un assestamento fisiologico dopo l’exploit produttivo del 2024. Al contrario, Umbria (+10%), Marche (+18%) e Lazio (+5%) hanno mostrato una buona crescita.
Il nodo del mercato: tra dazi, saturazione e nuove strategie
Sebbene la produzione vinicola italiana sia in una posizione di forza, il mercato del vino presenta delle sfide significative. Come sottolineato dal presidente di Agenzia ICE, Matteo Zoppas, il settore deve fare i conti con diverse criticità.
Per esempio, nonostante la qualità dei nostri prodotti, la competitività è minacciata dai dazi USA al 15%, che rendono più costoso esportare. A questo si aggiunge un mercato saturo, con giacenze stabili e un’offerta globale sempre più alta. I dati dei primi cinque mesi del 2025 mostrano un calo dei volumi esportati del 4%, sebbene il valore totale si mantenga stabile a 3,2 miliardi di euro. Anche i gusti dei consumatori stanno cambiando, c’è una crescente preferenza per spumanti e vini bianchi, a scapito dei rossi.
Quindi, anche se la leadership italiana nella produzione di vino è indiscussa, per il futuro non basterà soltanto mantenere il primato quantitativo, ma valorizzare la qualità e gestire i volumi in eccesso. Un eccesso di offerta rischia di deprimere i prezzi, vanificando gli sforzi compiuti per elevare il brand del vino italiano nel mondo.