Prezzi di pane e pasta in aumento, cosa succede in autunno

Il paradosso del grano duro: raccolto scarso e prezzi in calo per i produttori, ma è possibile un aumento dei costi di pane e pasta per i consumatori

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Nonostante il raccolto di grano duro in Italia sia stato inferiore alle attese, il suo prezzo sul mercato è in caduta libera. Questo crea una situazione paradossale. Mentre gli agricoltori devono affrontare costi di produzione sempre più alti, il valore del loro prodotto diminuisce, rendendo difficile rimanere competitivi.

La conseguenza di questa distorsione del mercato potrebbe farsi sentire in autunno, quando il costo elevato della produzione e della trasformazione verrà probabilmente scaricato sulla filiera distributiva.

In pratica, i prezzi di prodotti essenziali come pane e pasta potrebbero aumentare per i consumatori finali.

Il paradosso del grano italiano

Secondo le previsioni confermate da Ismea, Coldiretti e Consorzi Agrari d’Italia (Cai), la produzione di grano italiano nel 2025 si attesta attorno ai 3,7 milioni di tonnellate, una quantità nettamente inferiore rispetto alle stime più ottimistiche diffuse da alcuni ambienti industriali.

Il raccolto si è rivelato quindi deludente, soprattutto in un’area chiave come la provincia di Foggia, leader nazionale per superficie coltivata e responsabile di circa il 20% del grano duro italiano e dove la siccità ha causato un calo produttivo di almeno il 20%.

Eppure, nonostante la scarsità di prodotto, il prezzo del grano continua a scendere.

A luglio, secondo Coldiretti su dati Ismea relativi alla borsa merci di Foggia – punto di riferimento per il settore – le quotazioni hanno segnato un -6% rispetto all’anno precedente e un -15% rispetto a febbraio 2025.

Si tratta di una perdita di valore che ha portato il prezzo medio del grano a scendere di quasi 20 euro a tonnellata rispetto al 2024.

Cosa c’è dietro al crollo dei prezzi

A contribuire al crollo dei prezzi, nonostante la riduzione dell’offerta interna, è il continuo e massiccio afflusso di grano dall’estero.

Nei primi 4 mesi del 2025, le importazioni sono aumentate del 28% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un vero e proprio boom del grano canadese, le cui esportazioni verso l’Italia sono addirittura raddoppiate.

L’aumento delle importazioni proprio durante la trebbiatura italiana ha l’effetto di comprimere i prezzi pagati ai produttori nazionali. Si tratta di una dinamica che penalizza il grano italiano, rendendolo meno competitivo nonostante la sua qualità superiore e il rispetto di standard più elevati di sicurezza alimentare.

Aumenti per i consumatori in vista già in autunno

A prima vista, si potrebbe pensare che il calo del prezzo del grano sia una buona notizia per i consumatori. Ma la realtà è ben più complessa. Le imprese agricole si trovano a produrre in perdita, in un contesto in cui i costi per carburanti, fertilizzanti, sementi e manodopera sono aumentati.

Se questa situazione dovesse protrarsi, molti agricoltori potrebbero decidere di non seminare più, mettendo a rischio le prossime semine autunnali.

Il risultato? Una possibile ulteriore contrazione dell’offerta nazionale nei prossimi mesi, con un aumento delle importazioni, una dipendenza ancora maggiore dai mercati esteri e una crescita dei costi lungo la filiera, che inevitabilmente ricadrebbe sui consumatori finali.

In altre parole, anche se il prezzo del grano oggi è basso, il pane e la pasta potrebbero costare di più in autunno, proprio perché le aziende di trasformazione e distribuzione si troveranno ad affrontare una materia prima sempre meno disponibile sul mercato interno e, probabilmente, dovranno ricorrere a forniture estere più costose o a condizioni peggiorative.

Cosa serve per evitare la crisi

Per evitare un autunno con aumenti dei prezzi sugli scaffali, servono azioni rapide e coordinate.

In primis, un sistema di trasparenza nella filiera, che permetta di identificare l’origine del grano utilizzato nei prodotti trasformati. In secondo luogo, è necessario sostenere economicamente gli agricoltori, attraverso strumenti di compensazione per i costi di produzione e incentivi per le semine autunnali.

La possibilità di un aumento dei prezzi di pane e pasta in autunno non è una suggestione, ma un scenario concreto, alimentato da dinamiche speculative, importazioni massicce e politiche di filiera squilibrate.

Ignorare questi segnali significa lasciare spazio a un sistema dove chi produce non guadagna e chi consuma paga di più, in un cortocircuito che danneggia l’intera economia agricola e alimentare italiana. Serve ora un cambio di passo, prima che sia troppo tardi.