La cucina italiana patrimonio Unesco è una leva per il turismo con 18 milioni di arrivi

La cucina italiana Patrimonio Immateriale dell'Unesco, con una spesa che ha già toccato i 9 miliardi, si conferma pilastro dell'economia

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Il riconoscimento della cucina italiana come Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco segna un passaggio storico non solo sul piano culturale, ma anche su quello economico e turistico. Arriva in un momento in cui l’enogastronomia è già uno dei principali motori del turismo nazionale, rappresentando una leva per la competitività dell’Italia sui mercati internazionali.

La cucina italiana patrimonio Unesco spinge turismo ed economia

I numeri, più delle parole, spiegano la portata di questo traguardo. Nei primi quattro mesi del 2025 la spesa turistica legata al cibo ha già raggiunto i 9 miliardi di euro. Inoltre, le stime indicano che il “bollino” Unesco potrebbe generare, nell’arco di 2 anni, un incremento dei flussi fino all’8%, pari a circa 18 milioni di pernottamenti aggiuntivi.

Non si tratta di una semplice consacrazione simbolica.

L’esperienza internazionale dimostra che i beni immateriali riconosciuti dell’Unesco producono un effetto moltiplicatore sulla domanda turistica, soprattutto quando il patrimonio è facilmente fruibile e integrato nella vita quotidiana dei territori. La cucina, in questo senso, è un asset unico. Non è confinata in un luogo, ma attraversa città, borghi, campagne, famiglie, ristoranti e filiere produttive.

Il valore aggiunto sta nella capacità di trasformare un’esperienza ordinaria (come mangiare) in una motivazione primaria di viaggio.

È già così: l’enogastronomia è oggi una delle prime voci di spesa dei visitatori in Italia e, per una quota crescente di turisti internazionali, rappresenta la ragione principale della scelta della destinazione. Il fatturato complessivo del comparto ha superato i 40 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 12% su base annua, confermando una dinamica strutturale e non episodica.

Turismo enogastronomico: da nicchia a pilastro industriale

Negli ultimi 10 anni, il turismo enogastronomico ha smesso di essere una nicchia per appassionati ed è diventato un pilastro dell’industria turistica. L’Italia, in questo scenario, parte da una posizione di vantaggio competitivo, con la sua tradizione culinaria così diffusa, riconoscibile e radicata nella vita quotidiana.

Il dato dei 9 miliardi di euro incassati nei primi mesi del 2025 è particolarmente significativo perché anticipa l’effetto Unesco.

Dimostra che la domanda è già solida e che il riconoscimento potrà agire come acceleratore, aumentando la propensione al viaggio e la spesa media. Le stime delle associazioni di categoria, che parlano di un +8% di flussi e di circa 18 milioni di pernottamenti aggiuntivi in 2 anni, sono coerenti con quanto osservato in altri Paesi dopo analoghi riconoscimenti.

L’impatto su occupazione e filiere locali

L’aumento dei flussi turistici legati all’enogastronomia ha ricadute dirette sull’occupazione e sulle filiere locali. Ristorazione, agricoltura di qualità, artigianato alimentare, logistica e accoglienza beneficiano di una domanda più stabile e qualificata.

Inoltre il turismo gastronomico tende a generare una spesa diffusa e meno concentrata rispetto ad altre forme di turismo, aumentando la resilienza dei territori.

Dal punto di vista della sostenibilità economica, questo modello favorisce investimenti di medio-lungo periodo e incentiva la tutela del patrimonio immateriale: saperi, tecniche, ricette, pratiche agricole. In altre parole, la valorizzazione turistica diventa uno strumento di conservazione culturale, in linea con i principi stessi dell’Unesco.

Dal punto di vista del branding turistico, la cucina italiana riconosciuta dall’Unesco rafforza in modo decisivo il posizionamento dell’Italia come destinazione esperienziale di alto valore. In un mercato turistico sempre più competitivo, la differenziazione passa dalla capacità di raccontare un’identità autentica.

La cucina, con la sua storia di trasmissione intergenerazionale è uno strumento narrativo molto potente. È un linguaggio universale che parla a 59 milioni di residenti italiani, ma anche a una diaspora stimata fino a 85 milioni di persone di origine italiana nel mondo, creando un legame transnazionale che si traduce in flussi, investimenti e ritorni economici.