Il 2025 è stato uno degli anni più difficili per il mercato delle uve da vino italiane. Secondo il quadro tracciato da Borsa merci telematica italiana (Bmti), i prezzi di listino dell’uva sono scesi quasi ovunque. E a crollare non sono soltanto le uve dei vini più comuni, ma l’intero sistema delle DOP.
Crisi dell’uva fa crollare i prezzi: le Regioni più colpite
Il cuore della crisi è però l’Italia centrale, e in particolare la Toscana. È qui che si osservano i cali più marcati dell’intero Paese. Secondo i dati Bmti, sulla piazza di Siena i produttori hanno visto le quotazioni delle uve fresche scendere del 40% per il Sangiovese da Brunello di Montalcino Docg (ora a 250 euro/q), del 26% per il Morellino di Scansano Docg (ora a 80 euro/q) e del 15% per il Nobile di Montepulciano Docg (130 euro/q). Non una perdita a doppia cifra ma comunque in calo (-5%), infine, si è registrato per il Chianti Classico Docg (venduta a 170 euro/q).
Tra le Regioni più colpite c’è anche l’Abruzzo. Le uve destinate al Montepulciano d’Abruzzo Doc hanno perso circa il 20%, attestandosi sui 50 euro al quintale. Non sorprende, dunque, che molti produttori abbiano scelto nel 2025 di non rivendicare la Doc, limitandosi al vino comune per salvare il bilancio aziendale.
Al Sud: Puglia in sofferenza, tra prezzi in caduta e costi in aumento
Anche la Puglia, cuore della produzione di vini da volume, sta vivendo un anno complicato. Coldiretti regionale denuncia prezzi troppo bassi, insufficienti a coprire i costi di produzione, aumentati per via del clima estremo e delle pressioni sul mercato nazionale.
La Regione soffre una doppia vulnerabilità, perché da un lato dipende dai vini comuni, oggi molto richiesti ma soggetti a forti oscillazioni, ma dall’altro deve fare i conti con costi operativi crescenti, che non trovano compensazione nei listini delle uve.
Cala il prezzo dell’uva anche in Piemonte, Veneto, Nord-Est
Nel Nord Italia il calo dei prezzi non ha raggiunto i picchi osservati in altre Regioni, ma anche qui il segnale di crisi è inequivocabile. La pressione sui listini si sente e anche qui i produttori hanno dovuto fare i conti con una vendemmia complessa. In Piemonte, l’uva destinata alla Barbera d’Asti Docg è scesa del 6% rispetto al 2024, fermandosi sui 120 euro al quintale. Una flessione contenuta ma significativa, perché riguarda un pilastro della produzione regionale. In Veneto il quadro è più articolato. A Verona si registrano cali del 2% per il Lugana Doc (205 euro/q) e del 11% per Recioto e Amarone della Valpolicella, scesi a 185 euro/q.
In provincia di Treviso, invece, solo i listini della glera (base per i grandi spumanti) sono rimasti quasi fermi (150 euro/q per Conegliano Valdobbiadene Docg), mentre il Prosecco Superiore di Cartizze ha segnato un -9%, pur mantenendo un prezzo elevatissimo (340 euro/q).
Perché i prezzi sono crollati? Le cause economiche dietro il 2025
Tra le cause della crisi ci sono sicuramente le previsioni, fin troppo ottimistiche, fatte prima che la vendemmia iniziasse. In particolare, si è stimato un aumento della produzione dell’8% che si è rilevato totalmente errate dopo. Ma le cifre iniziali hanno dato agli acquirenti una leva fortissima per spingere i prezzi verso il basso già a partire da settembre, minando l’andamento di tutta la campagna. A questo si aggiunge un calo generale della domanda in Italia e all’estero, dove le vendite sono state frenate da diversi ostacoli, in particolare dai dazi imposti dagli Stati Uniti e dal rallentamento di mercati storicamente determinati per l’Italia, come la Germania e il Regno Unito.