Scuola, quanti professori mancano in Italia e in quali regioni

Nel 2021, su un totale di 112mila cattedre libere ne sono state assegnate 80mila a settembre. Qual è la situazione oggi?

Pubblicato: 9 Agosto 2021 22:19Aggiornato: 24 Aprile 2024 13:52

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Negli ultimi anni, sulla scuola il governo ha faticato a a far tornare i conti. E non si sta parlando della partita che si era giocata sui docenti non vaccinati, per i quali giunse l’obbligo di essere immunizzati per poter tornare a fare lezione in presenza.

Il problema è ben più ampio ed, anzi, si è ripresentato con maggior forza con la fine dell’emergenza pandemia. Sindacati e Ministero dell’Istruzione sono ben consci che tuttora i posti ci sono ma mancano i professori. Secondo gli ultimi dati resi noti, e relativi all’ultimo anno scolastico, ben 30mila cattedre sono rimaste vuote.

Cerchiamo allora di fare il punto della situazione, scoprire quanti professori mancano in Italia e in quali regioni il problema si è manifestato con maggior evidenza nell’ultimo periodo.

Di quanti nuovi docenti hanno bisogno le scuole italiane

Il problema si ripresenta in modo costante e non è legato ai docenti o agli studenti, ma alle cattedre. Nel 2021 – ricordavamo – su un totale di 112mila cattedre libere ne furono assegnate 80mila a settembre (con 38mila immissioni in ruolo e dunque l’agognata firma del contratto a tempo indeterminato).

Da notare che il grosso di questa nuova iniezione di forza lavoro negli istituti scolastici, arrivava da chi già aveva una carriera – più o meno – avviata: quindi precari storici o vincitori di vecchie selezioni. I “nuovi” insegnanti reclutati tramite il concorso sprint previsto dal decreto Sostegni Bis erano una quota parte piuttosto piccola dei 38mila: si tratta in effetti di 6mila unità che hanno, di fatto, contribuito alle immissioni in ruolo – ‘snodo’ essenziale per il buon funzionamento della scuola pubblica.

Venendo alla situazione relativa all’ultimo anno scolastico 2023/2024, la questione cattedre – come accennato – si è ripresentata. Insomma, dopo due anni i posti continuano ad esserci ma mancano sempre gli insegnanti. Lo scorso anno Repubblica faceva notare che ben 30mila cattedre sono rimaste vuote, con relativa caccia al supplente per non pochi dirigenti scolastici sparsi in giro per il paese. D’altronde quest’ultima figura ha dimostrato, negli anni, la sua estrema utilità nel colmare quei ‘buchi’ di cattedre così deleteri per il buon funzionamento scolastico e per l’apprendimento degli studenti.

Gli ultimi numeri forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, in tema di immissioni in ruolo, sono significativi. Lo abbiamo accennato in apertura, ma giova ribadirlo: su più di 81mila cattedre libere dopo i trasferimenti del maggio 2023, vi è stato il via libera per poco meno di 51mila assunzioni di docenti di scuola. Detto in altre parole, ciò significa che una cattedra su tre non viene assegnata a nessuno e, piuttosto, rivolta ai supplenti.

Quali sono le regioni che hanno maggiore bisogno di nuovi insegnanti

Già un paio d’anni fa avevamo evidenziato che la ricerca di prof si concentra nelle regioni del Nord Italia. In base ad un’analisi del Sole24Ore, infatti, in Lombardia nel 2021 erano ricercati quasi 26mila docenti. Numeri molto alti e che fanno immediatamente intuire le dimensioni di uno dei maggiori problemi della scuola (insieme all’abbandono).

Veneto, Piemonte e Lazio, regioni effettivamente molto popolate, seguivano nella classifica del fabbisogno di cattedre. All’epoca ne servivano 11.912 nel Veneto, 10.985 in Piemonte, mentre il Lazio era alla ricerca di 10.686 nuovi docenti – in base alla suddivisione delle 112mila cattedre lungo tutta la penisola. La quota minore toccava a Basilicata e Molise, ma qui, si potrebbe supporre, per ragioni di ordine demografico.

Venendo alla situazione più aggiornata e ai dati più freschi in nostro possesso, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha fatto il conteggio dei posti che, per l’anno scolastico 2023/2024, non sono stati attribuiti per carenza di candidati inclusi nelle liste provinciali ad esaurimento (le Gae) o nelle graduatorie delle ultime selezioni pubbliche. Di fatto, porte spalancate ai supplenti per decine di migliaia di cattedre, che – di fatto – sono rimaste vacanti per “carenza” di docenti titolati

Alla fine dell’estate 2023 colpiva, in particolare, la situazione dell’Emilia Romagna, regione che lamentava l’assenza dei docenti di ruolo ma, soprattutto, numeri scioccanti: solo 17 cattedre fisse assegnate su 2.137 vacanti, con motivo da rintracciarsi nell’alto costo della vita a Bologna e dintorni. Per molti, meglio rimanere vicino casa con una supplenza che spostarsi a carissimo prezzo.

D’altronde l’inflazione e il costo degli affitti rappresentano due fattori in grado di intimorire moltissimi di coloro che potrebbero contare, potenzialmente, su un contratto di lavoro a tempo indeterminato. E se il Governo si sta impegnando a trovare soluzioni alle problematiche sulla scuola, basti pensare alla riforma con sospensioni e multe, il percorso appare ancora lungo.

Il caso emblematico della Lombardia

Il divario di costi Nord-Sud si fa sentire e tiene vivo il problema delle cattedre vuote. Stipendi bassi e carovita non vanno a braccetto, e su questo ne sa qualcosa anche la regione Lombardia che – dati dello scorso anno – delle 11.654 assunzioni autorizzate, al 31 agosto 2023 ne aveva fatte soltanto 8.100, da cui è scaturito un ‘buco’ di cattedre di circa 3.500 unità. Ben 900 di queste scoperture erano legate alla scelta di non spostarsi in una regione dove il costo della vita è oggettivamente più alto che altrove, e specialmente in città come Milano o Como con affitti alle stelle e prezzi altissimi, anche per essere inquilini in un bilocale lontano dal centro (ma leggi anche dei costi più cari di scuola ed università e della soluzione crediti welfare).

Quello della rinuncia è, dunque, un fenomeno che da tempo assume un ruolo determinante ai fini del funzionamento delle immissioni in ruolo. Queste ultime sono essenziali per la buona organizzazione scolastica, ma se gli aventi diritto rinunciano non è possibile, in concreto, avere insegnanti ‘stabilizzati’.

E questo nonostante la procedura di cd. call veloce, ossia l’iter che permette di trasferirsi dalla propria regione/provincia per entrare più rapidamente in ruolo. Come accennato sopra, spicca il caso dell’Emilia Romagna, regione in cui sono arrivati meno di venti unità su più di duemila posti disponibili, di cui 1.861 di sostegno.