Le disparità di genere nell’istruzione e nella formazione rappresentano un fenomeno complesso e radicato, influenzato da una molteplicità di fattori sociali, culturali ed economici. I dati dell’ultimo report Gl0bal gender gap del 2024 ci raccontano come sta andando (per ritmo e risultati) il tentativo di chiudere il divario tra i generi. Da un punto di vista educativo, che è in prospettiva anche lavorativo, i numeri raccontano di un miglioramento, ma con ancora delle importanti differenza geografiche.
L’Italia non è da meno, e tra Nord, Centro e Sud, si palesa in tutte le sue differenze storiche e sociale. Non manca poi l’aspetto dei condizionamenti stereotipici su cosa dovrebbero essere le bambine, le ragazze e le donne nel nostro Paese.
Cos’è la disparità di genere nell’istruzione
Nel 1869 fu John Stuart Mill il primo a mettere in discussione il concetto di “natura femminile” con il quale si indicavano i caratteri ritenuti peculiari della donna e che oggi, grazie anche a un libro come La soggezione delle donne sappiamo essere invece il prodotto di un contesto storico, culturale e sociale ben preciso.
È fondamentale quindi considerare come la società, nel senso più ampio al quale si può fare riferimento con questo termine, si serve di svariati mezzi per ottenere due tipologie di individuo “standard” al quale suddividere compiti, doveri, lavori, diritti e molto altro. Per questo l’identificazione nel maschile e nel femminile avviene fin dalla prima infanzia. Lo spiega in maniera lucida quella pietra miliare de Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti, che racconta la differenza di carattere tra maschio e femmina e come questo dipende dall’influenza dei condizionamenti sociali durante la fase di formazione.
Il testo Dalla parte delle bambine ha un titolo peculiare e racconta proprio le conseguenze negative degli steoreotipi sulle bambine; perché quella società, che con tutti i mezzi prova a creare due individui standard, lo fa a sfavore delle bambine. Sono queste che subiscono l’influenza di stereotipi come la presunta superiorità maschile per forza fisica e intellettiva.
Le disparità di genere nell’istruzione e nella formazione rappresentano proprio questo: un fenomeno complesso e ben radicato, che ha inizio dalla primissima infanzia. Tradizionalmente infatti, i “ruoli” di genere hanno spesso condizionato le scelte educative e professionali, con uomini e donne indirizzati verso settori considerati “appropriati” per il loro genere.
Negli ultimi decenni, i ruoli di genere sono cambiati in molte società, portando a una maggiore partecipazione delle donne in settori storicamente dominati dagli uomini e viceversa, ma c’è ancora molto lavoro da fare.
Differenze nelle competenze: dai giochi al percorso universitario
Un dato ormai noto è quello che le ragazze raggiungano prima e meglio obiettivi educativi e formativi rispetto ai coetanei maschi. Eppure queste competenze spesso non si traducono in un maggiore tasso di occupazione, né in redditi più alti rispetto ai loro colleghi. È proprio così che si viene a creare il termine “gap di genere” che si può declinare in disparità occupativa, divario salariale e disparità di genere in ambiti come accesso alla salute, all’istruzione, al lavoro e ai ruoli di leadership.
I motivi sono diversi, uno è il peso di cura all’interno della famiglia, un ruolo affibiato alla figlia femmine già alla nascita. Elena Gianini Belotti scrive che le radici della nostra individualità sono profonde e ci sfuggono perché non ci appartengono, altri li hanno coltivati per noi, a nostra insaputa. Gli stereotipi e i pregiudizi sono quindi profondamente radicati nella tradizione e nella cultura e vengono trasmessi come verità indiscutibili, così l’individuo li interiorizza e ne è vittima. Il maschio è quindi desiderato per se stesso, la femmina è considerata in base a una scala di valori diversa: più affettuose, rispondono con gratitudine, sono carine, fanno compagnia in casa e aiutano non le faccende domestiche.
Nonostante non vi siano differenze innate nelle capacità tra uomini e donne, queste sono storicamente sottorappresentate in settori come la scienza, la tecnologia, l’ingegneria e la matematica (solo di recente il numero di donne nelle STEM è in crescita). Fattori come stereotipi di genere, mancanza di modelli femminili e bias nei metodi di insegnamento contribuiscono al divario.
Un altro problema è che tipo di istruzione ricevono le ragazze rispetto ai ragazzi. Nonostante i miglioramenti nel campo delle materie scientifiche, permane ancora la diversità di genere per settori educativi che crea un gap anche all’accesso alle carriere. Oggi i lavori informatici, tecnologici e in senso più ampio scientifici sono quelli maggiormente pagati. Alle ragazze però è più facile proseguire gli studi in ambiti umanistici o, in posizioni minoritarie, in ambiti sanitari ed educativi. Si tratta di una tendenza piuttosto comune in tutti i Paesi OCSE e non fa differenza neanche l’Italia, dove gli uomini rappresentano la maggioranza dei laureati in campo tecnologico e comunicativo, ingegneristico e industriale, mentre le donne rappresentano le laurea in materie umanistiche o materie di “cura”.
Ma perché le donne tendono a essere sovrarappresentate in discipline umanistiche e linguistiche? Spesso la causa è dovuta ad aspettative sociali e di genere che influenzano le scelte educative sin dall’infanzia.
L’Italia non raggiunge la parità, ma altri Paesi sì: quali sono
Secondo il Global Gender Gap Report 2024, alcuni Paesi hanno raggiunto la piena parità di genere nell’accesso all’istruzione, con un punteggio di 1.000 (100%) nel subindice “Accesso all’istruzione”. Tra questi Oaesi troviamo:
- Nuova Zelanda
- Namibia
- Argentina
- Irlanda
- Maldive
- Israele
- Malta
- Colombia
- Costa Rica
- Botswana
- Repubblica Ceca
- Repubblica Dominicana
- Estonia
- Francia
- Regno Unito
- Honduras
- Lesotho
- Lettonia
- Macedonia del Nord
- Mongolia
- Malesia
- Paesi Bassi
- Filippine
- Slovacchia
- Slovenia
- Ucraina
- Stati Uniti
Sebbene l’accesso all’istruzione per le donne sia migliorato significativamente, in molte parti del mondo, persistono disparità in alcune regioni, con ragazze che hanno meno probabilità di completare l’istruzione primaria e secondaria.
La segregazione di genere nei percorsi formativi è ancora prevalente, con una netta separazione tra i campi di studio scelti da uomini e donne. Questo fenomeno è visibile non solo nei Paesi cosidetti in via di sviluppo, ma anche in molte economie avanzate come l’Italia.
L’analisi dei dati su formazione ed educazione
Le differenze di genere nelle competenze e nella formazione sono ben documentate nel Global Gender Gap Report 2024. Secondo il rapporto, il divario globale di genere nel 2024 è stato chiuso del 68,5%, con una chiusura del 94,9% nel campo dell’istruzione e del 60,5% nella partecipazione economica e nelle opportunità. Il potere politico però rimane il più grande divario da colmare, con solo il 22,5% chiuso.
La distribuzione dei punteggi in ogni caso varia notevolmente tra le regioni. L’Europa guida con il 75% del divario chiuso, mentre il Medio Oriente e il Nord Africa sono in coda con il 61,7%. In termini di partecipazione economica, il Bangladesh presenta il punteggio più basso (31,1%), mentre la Liberia ha il punteggio più alto (87,4%).
L’accesso all’istruzione mostra punteggi elevati in molti Paesi. Per esempio, paesi come Nuova Zelanda, Namibia, Argentina, Irlanda e Stati Uniti hanno raggiunto il punteggio massimo di 1.000 (100%) nell’accesso all’istruzione, indicando che la parità di genere in questo settore è stata quindi completamente raggiunta.
Implicazioni economiche, psicologiche e sociali della disparità nell’istruzione
In alcune regioni d’Italia si presenta il problema del raggiungimento del diploma, ovvero della fuga o della dispersione scolastica delle ragazze prima della fine del percorso scolastico. Nelle zone del Sud questo fenomeno appare più accentuato, con regioni come la Puglia dove il minor numero di diplomate coincide con una minore occupazione femminile.
Il divario di genere vive all’interno di situazioni complesse, come il divario tra i territori, le opportunità di studio, lavoro e quindi rivalsa. Concorre al problema del divario di genere nell’istruzione la questione meridionale, che vede il Sud svuotarsi di giovani e quindi di innovazione e ricchezza umana. Non sono dati semplici da leggere, anche perché i risultati femminili potrebbero essere lo specchio di un peggior risultato dei coetani maschi. Basti pensare a quelle Regioni dove si lascia la scuole per iniziare a lavorare, con contratto o senza, e di conseguenza si formula un dato fantasma e che non viene preso in considerazione.
Al di là dei dati, che dimostrano come il gap educativo stia diminuendo – anche se completamente in linea con gli stereotipi nella suddivisione delle materie scelte – è importante focalizzarsi su un altro aspetto, quello delle conseguenze economiche, psicologiche e sociali di tale divario e di come le politiche nazionali dovrebbero agire affinché questo si assottigli. Anche perché le differenze di genere nelle competenze e nella formazione si riflettono nel mercato del lavoro, contribuendo alla segregazione occupazionale e al divario salariale di genere. Fattori che hanno conseguenze dirette e indirette sulla salute dell’economia di un Paese.