Evasione fiscale, così il Pos scoverà i furbetti. E’ scritto nel Def del governo

Il governo ipotizza il ricorso alle lettere di compliance per chi non accetta moneta elettronica.

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Redazione

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La guerra del governo Meloni al Pos e ai pagamenti elettronici, dopo un aprima fase ‘propagandista’, sembra giunta al termine. È anzi in arrivo un ruolo tutto nuovo per il Pos, che può divenire uno strumento utile per far emergere l’evasione. A ipotizzarlo all’interno del Def è proprio il governo, in particolare nel capitolo che l’Esecutivo di turno dedica al contrasto all’evasione.

Fisco elettronico e incrocio dei dati

In attuazione agli obiettivi stabiliti nel PNRR, nel documento viene ricordato che nel corso del 2022 è stata anticipata l’applicazione delle sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito, già previste a decorrere dal 1°gennaio 2023 dal governo Draghi. Dunque niente cancellazione degli obblighi con riferimento alle transazioni di modesto ammontare. L’incremento dell’utilizzo della moneta elettronica è strumento che porta risultati se poi, a fronte degli incassi tracciabili, viene effettuato un controllo incrociato con i corrispettivi. Ed è appunto in tale ottica che si rinviene la più importante novità contenuta nel Def.

Gli strumenti già disponibili – si legge nel documento – “consentiranno all’Agenzia delle entrate di utilizzare i dati delle fatture elettroniche e dei corrispettivi telematici trasmessi dagli esercenti attività di commercio al dettaglio incrociandoli con i dati dei POS. Eventuali discrepanze potranno essere utilizzate per sviluppare processi di analisi del rischio e predisporre lettere di compliance da inviare agli operatori, segnalando eventuali incoerenze. L’effetto di deterrenza potrà essere amplificato dall’aumento del numero delle operazioni commerciali regolate mediante transazioni elettroniche”.

Dunque tutta l’infrastruttura tecnica ed informativa dell’Agenzia delle Entrate è pronta per incrociare i dati che risultano dai corrispettivi giornalieri, da un lato, e dagli ammontari delle transazioni POS trasmesse dagli istituti finanziari, dall’altro. Occorre quindi prepararsi ad una nuova tornata di inviti spontanei all’adempimento, che scatteranno laddove l’esercente dichiari incassi in moneta elettronica di ammontare inferiore rispetto a quelli che emergono dalle risultanze bancarie.

Pos: resta il nodo commissioni

Si dovrà invece attendere ancora per l’accordo sui pagamenti Pos senza commissioni. Il taglio promesso dal governo Meloni entro il 31 marzo non è arrivato. Entro quella data era stato annunciato il raggiungimento di un accordo.

Il confronto è partito a inizio marzo al Ministero dell’Economia con lo scopo di produrre un piano finale partendo da un taglio dei costi per i pagamenti digitali fino a 10 euro, riducendoli poi fino a 30 euro. Ma marzo è finito e l’accordo non è stato trovato, si va dunque ai tempi di recupero.

Nella Finanziaria di fine dicembre 2022 era prevista l’introduzione di un contributo straordinario pari al 50% degli utili, al netto degli oneri fiscali, a carico dei prestatori dei servizi di pagamento e dei gestori di circuiti e schemi di pagamento.

Tale contributo era destinato a scattare qualora dal giorno 1 aprile 2023 non fosse entrata in vigore la riduzione, o l’azzeramento, delle commissioni sotto la soglia dei 30 euro.

Quello attuale è il secondo intoppo che il governo Meloni si trova ad affrontare sulla materia dei pagamenti digitali, dopo i balletti sull’azzeramento delle commissioni sotto i 60 euro e la revisione delle sanzioni, poi abrogata dietro pressione dell’Unione europea.

Mentre gli italiani dimostrano sempre più di apprezzare i pagamenti digitali, a complicare l’opera di mediazione del Governo anche il fatto che nel Bel Paese le offerte dei vari gestori di Pos presentano tariffe molto variabili e con differenti voci di costo.