Molestie sul lavoro, nuove regole di prevenzione e obblighi per il datore

Scopri come le nuove regole, introdotte dal DL Sicurezza sul lavoro, impongono alle aziende di prevenire le violenze in ufficio

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

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Negli ultimi anni, le molestie sul lavoro appaiono in aumento. Lo ha certificato l’Inail con dati pubblicati quest’anno. Battute sessiste, contatti indesiderati, avance non gradite, allusioni e osservazioni sul corpo: gli esempi di violenze di genere, sul luogo di lavoro, sono svariati e invitano a riflettere su problemi che impattano sul benessere delle vittime.

L’ufficio è uno degli ambienti principali della vita quotidiana, in cui le persone si incontrano e interagiscono in modo profondo e continuo nel tempo. Ecco perché, modificando il Testo unico del 2008, il Dl Sicurezza sul lavoro (n. 159/2025) è intervenuto sul sistema di prevenzione dei comportamenti violenti o molesti, nei confronti dei dipendenti.

Vediamo insieme come è possibile tutelarsi e quali politiche aziendali sono richieste oggi ai datori di lavoro, contro le violenze di genere. D’altronde, la cultura aziendale è composta non soltanto da produttività e competenza, ma anche da rispetto e inclusione.

Piena tutela contro le violenze in ufficio e le molestie

Per legge, già in passato le molestie erano considerate una forma di discriminazione vietata.

Ora, con la nuova norma, il legislatore fa un passo ulteriore e in piena aderenza all’art. 2087 del Codice Civile sugli obblighi dell’imprenditore. Infatti, non si limita a reprimere il comportamento illegale, ma lo inquadra anche come rischio da prevenire. La logica è quella tipica della sicurezza sul lavoro.

In particolare, l’art. 5 del decreto Sicurezza innova il d. lgs. 81/2008 con una norma che estende l’elenco delle misure generali di tutela, contro aggressioni e forme di prevaricazione in ufficio.

All’art. 15, comma 1, del Testo unico c’è ora la lettera z bis), che menziona espressamente la programmazione di misure di prevenzione di condotte dannose per la sicurezza psicologica e la dignità umana.

Queste misure devono essere adottate dal datore, perché le molestie sul lavoro rappresentano rischi lavorativi.

La volontà del legislatore risponde così alla necessità di adeguare il sistema prevenzionistico alla realtà degli odierni luoghi di lavoro, nei quali i pericoli per l’incolumità non sono più soltanto fisici o tecnici, ma anche organizzativi, relazionali e comportamentali.

In pratica, soprusi, pressioni indebite, contatti fisici sgraditi, aggressioni verbali o fisiche, molestie sessuali vengono poste allo stesso livello dei rischi tradizionalmente considerati dalla prevenzione infortunistica.

Ci riferiamo a quelli legati alle caratteristiche materiali dell’ambiente di lavoro, delle attrezzature e dei processi produttivi (ad esempio il rischio nell’uso dei macchinari, rischi elettrici, chimici o ambientali).

L’obbligo di valutare e prevenire i rischi alla sfera intima

La novità normativa, introdotta dal legislatore nel Testo unico su salute e sicurezza, non può che generare significative conseguenze per aziende ed enti pubblici. Infatti, i datori sono tenuti a programmare e attuare interventi mirati alla valutazione e prevenzione del rischio di violenze e molestie.

Per capire bene qual è il perimetro del nuovo obbligo, ogni datore deve tener conto di due elementi fondamentali. Anzitutto il concetto di lavoratore va inteso in senso ampio, includendo non soltanto i dipendenti, ma anche apprendisti, lavoratori in somministrazione e soggetti parasubordinati, quando lavorano in condizioni analoghe.

Analogamente, anche la definizione di luogo di lavoro di cui al Testo unico va intesa in senso pienamente tutelante. Ricomprendendovi ogni ambiente a cui il dipendente ha accesso nello svolgimento dell’attività, anche al di fuori della sede aziendale tradizionale.

Ad esempio, fanno parte di luogo di lavoro anche:

  • i locali di clienti o utenti;
  • i cantieri;
  • le sedi operative esterne;
  • i mezzi di trasporto utilizzati per lavoro;
  • gli spazi comuni e di servizio come mense, spogliatoi, corridoi o aree parcheggio aziendali.

In questo modo, la prevenzione non si limita agli uffici o agli stabilimenti, ma si estende a tutti i contesti in cui l’attività lavorativa è effettivamente svolta, specialmente quelli caratterizzati da contatto con il pubblico, mobilità o isolamento operativo.

Valutazione del rischio nel Dvr, che cosa cambia

Dal punto di vista pratico, la nuova legge impone ai datori di lavoro di aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi (Dvr), includendo una valutazione specifica, proporzionata e documentata del rischio di violenze o molestie.

Questi i fattori chiave nella valutazione:

  • organizzazione del lavoro e dinamiche gerarchiche, con riferimento ad esempio a carichi eccessivi, pressioni indebite o a rapporti di forte subordinazione non bilanciati;
  • qualità delle relazioni interne e clima aziendale, si pensi ad es. alla presenza di conflitti ricorrenti, all’isolamento di singoli lavoratori o a una carente comunicazione interna;
  • attività a contatto con il pubblico o con utenti potenzialmente molesti o aggressivi, tipiche di sportelli, servizi sanitari, trasporti o assistenza;
  • lavoro in solitudine, turnazioni o orari critici, si pensi ai turni notturni, alla reperibilità o ad attività svolte senza supporto immediato;
  • segnalazioni o episodi precedenti, che evidenzino situazioni di molestia già manifestatesi.

Il legislatore non ha indicato un metodo unico di valutazione, lasciando alle aziende la scelta degli strumenti più adatti alla propria realtà organizzativa.

Le misure di prevenzione obbligatorie per il datore

Il nuovo obbligo di legge impone al datore di adottare misure di prevenzione organizzative, procedurali e informative, coerenti con l’art. 15 del D.Lgs. 81/2008.

In pratica, i luoghi di lavoro devono dotarsi di procedure interne di segnalazione che garantiscano riservatezza e tutela del dipendente vittima di molestie. Al contempo, devono applicare codici di comportamento o policy aziendali che chiariscano quali sono le condotte vietate.

Non solo. È anche necessario agire sull’organizzazione del lavoro per ridurre le situazioni più esposte al rischio e utilizzare strumenti di monitoraggio costante del clima aziendale, come ad esempio questionari o momenti di confronto collettivo.

Non adottare opportune e tempestive misure di prevenzione esporrà il datore alla richiesta di risarcimento danni da parte di chi si ritiene vittima di soprusi.

E oggi tale richiesta risarcitoria è ben giustificata anche con riferimento allo stress sul lavoro, pur in assenza di mobbing, e al cosiddetto whistleblower.

Concludendo, la finalità di fondo della legge è prevenire sul nascere violenze e molestie, integrando la tutela della persona in una gestione del lavoro consapevole e attenta alle dinamiche relazionali.

Ne beneficeranno non soltanto i singoli lavoratori, ma anche organizzazione e produttività aziendale nel loro complesso.