Il mercato del lavoro italiano continua a essere attraversato da una contraddizione ormai strutturale: da un lato le imprese cercano personale, dall’altro faticano sempre di più a trovarlo. Secondo un’indagine elaborata da Confindustria, diffusa il 12 dicembre 2025, il 67,8% delle aziende che avevano ricerche di personale in corso dichiara difficoltà nel reperimento dei profili necessari. Un dato che, al di là delle oscillazioni congiunturali, fotografa un problema persistente e profondo, rimasto sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente (69,8%).
Nell’industria la quota sale al 72,9%, mentre nei servizi si ferma al 61,3%. A incidere in modo determinante è anche la dimensione aziendale. Le difficoltà riguardano il 59,9% delle imprese piccole, il 72,6% di quelle medie e arrivano addirittura al 78,9% tra le grandi aziende.
Le figure più ricercate: tecnici e operai specializzati in testa
Il cuore del mismatch tra domanda e offerta di lavoro è rappresentato dalle competenze tecniche, indicate come difficili da reperire dal 57,1% delle imprese in difficoltà. Parliamo di profili legati alla manutenzione, installazione di impianti, tecnologie di produzione, logistica, informatica di base e gestione dei processi industriali. Figure spesso considerate “tradizionali”, ma che oggi richiedono un livello di specializzazione sempre più elevato, soprattutto alla luce della digitalizzazione dei processi produttivi.
Accanto ai tecnici, restano centrali anche le mansioni manuali, difficili da reperire per il 46,3% delle aziende. Il dato è particolarmente rilevante nell’industria, dove la percentuale sale al 57,6%, contro il 31,8% dei servizi. È un segnale che rimanda non solo a un problema di competenze, ma anche di attrattività di alcune professioni, spesso penalizzate da percezioni negative, scarsa valorizzazione sociale e percorsi formativi poco integrati con il tessuto produttivo.
Soft skill e competenze digitali: la nuova frontiera della scarsità
Accanto alle figure tecniche e operative, emergono con forza anche le competenze trasversali, difficili da reperire per il 18,5% delle imprese. Capacità di problem solving, lavoro in team, adattabilità, comunicazione efficace e gestione della complessità sono sempre più decisive in contesti organizzativi in rapido cambiamento.
Un dato quasi sovrapponibile riguarda le competenze digitali avanzate (18,4%), come progettazione e sviluppo di infrastrutture digitali, analisi dei dati, sviluppo e gestione di algoritmi, prototipazione e automazione. In questo caso, la carenza è segnalata più frequentemente dalle imprese dei servizi rispetto a quelle industriali, a conferma di una trasformazione profonda del terziario, sempre più orientato a modelli data-driven e piattaforme digitali.
Le strategie delle imprese: formazione e nuove modalità di reclutamento
Di fronte a un quadro così complesso, l’84,1% delle imprese che segnalano difficoltà di reperimento ha messo in campo almeno una contromisura. La strategia più diffusa è la formazione del personale già in forza, scelta dal 56% delle aziende.
Seguono il ricorso a servizi esterni, come consulenze e collaborazioni specialistiche (52,9%), e l’allargamento del bacino di ricerca sia in termini geografici sia di metodologie di recruitment (40,2%). In altre parole, le imprese cercano di adattarsi a un mercato del lavoro più rarefatto, sperimentando canali di selezione più ampi e flessibili.
Una sfida strutturale per il sistema Paese
Il fato che le imprese che non riescano a trovare personale adeguato, rappresenta molto più di una difficoltà contingente. È il segnale di uno squilibrio strutturale tra sistema formativo, mercato del lavoro e velocità dell’innovazione tecnologica. Mentre lo smart working ha raggiunto una fase di maturità e il welfare aziendale è diffuso nel 55,3% delle imprese, la vera partita si gioca sulle competenze.
La contrattazione aziendale, che coinvolge quasi il 70% dei lavoratori del campione, resta uno strumento per accompagnare questa transizione. Ma senza un investimento sistemico su orientamento, formazione tecnica e competenze digitali, il rischio è che il mismatch continui ad ampliarsi, frenando crescita e competitività. In un mercato del lavoro che cambia rapidamente, la vera risorsa scarsa non è il lavoro in sé, ma il capitale umano qualificato.