Emergenza autisti, in Italia ne mancano 10mila

Il tema della scarsità di conducenti è forte in Italia dove, nel solo 2023, sono 10mila le posizioni che non si riescono a coprire, ma non è confinato al nostro Paese

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La problematica della carenza di conducenti non è limitata all’Italia, ma è un fenomeno diffuso in Europa. Nel solo 2023, in Italia si registrano 10.000 posizioni non coperte, ma la situazione è altrettanto critica in altri paesi.
Secondo il rapporto dell’Iru (Unione Internazionale Trasporti su Strada), che ha coinvolto 290 società in 7 paesi europei, se non si verifica un’inversione di tendenza, quest’anno si prevede che quasi 105.000 posizioni rimarranno vacanti.

Conseguenze della carenza: impossibilità di espandersi

Le conseguenze di questa carenza sono significative. Il 75% delle aziende lamenta di non poter espandere il proprio business, il 57% sta affrontando un aumento dei costi legato a queste figure professionali, che si aggiunge all’incremento del costo dei carburanti, mentre il 48% sta sperimentando una diminuzione della produttività. Ciò che desta preoccupazione è che questa situazione è destinata a peggiorare: entro il 2028, una posizione di autista su 4 rimarrà scoperta, portando il totale in Europa a un livello record di 275.000 posizioni non coperte. Questo aumento è attribuibile anche ai 154.000 pensionamenti previsti.

Altro dato interessante è quello relativo all’occupazione femminile: solo il 16% dei conducenti è rappresentato da donne, una percentuale inferiore alla media del settore dei trasporti (22%) e della popolazione attiva (46%). La carenza di conducenti professionali nel trasporto viaggiatori con autobus in Europa è cresciuta del 54%: mancano 105.000 posti di guida, il 10% della popolazione totale di autisti professionisti.

Mancano i ricambi. E la gente rientra al Sud

La popolazione aziendale delle società di trasporto pubblico in Italia ha un’età media piuttosto elevata, vicina ai 50 anni, in linea con la media europea. Solo il 3% degli autisti ha meno di 25 anni. L’Italia presenta la quota più bassa di giovani autisti in Europa, appena l’1%, mentre l’Olanda ha la quota più alta, con il 6%.

Ci sono diverse spiegazioni per questa situazione. In primo luogo, il costo elevato della patente rappresenta un ostacolo significativo. Ad esempio, in Germania, il costo può arrivare a 9.000 euro, quattro volte lo stipendio di ingresso di un autista. In Italia, anche se il costo è inferiore, ottenere la patente D richiede tra 2.500 e 5.000 euro, oltre a tempi lunghi per acquisire i titoli necessari. Questo fattore scoraggia anche molti cittadini extracomunitari, rappresentando solo il 5% della quota totale in Europa.

I limiti anagrafici rappresentano un ulteriore ostacolo. Start Romagna, ad esempio, sta lavorando per mantenere un equilibrio tra le entrate e le uscite di autisti. Tra il 2021 e il 2022, sono stati assunti 141 autisti, con previsioni di altri 60 ingressi nel 2023. La pandemia ha generato una riduzione nel 2020 che non è ancora stata completamente recuperata, con un deficit attuale di 20-30 posizioni.

In Italia, la carenza di conducenti per il trasporto pubblico locale colpisce principalmente le grandi città del Nord e del Centro. Nel Sud, sebbene il numero di candidature non raggiunga più i livelli del passato, i bandi continuano ad attirare un considerevole numero di partecipanti, spesso grazie al ritorno nelle loro città d’origine di conducenti che si erano trasferiti al Nord.

I problemi legati all’età

Sui limiti anagrafici di 21 o 24 anni per acquisire i titoli abilitanti per la guida dei mezzi, recentemente Asstra, una delle associazioni che rappresenta il trasporto pubblico insieme ad Agens e Anav, ha fatto un intervento in Commissione Trasporti alla Camera. La direttrice Alessia Nicotera ha auspicato una riforma che “possa contribuire alla soluzione del grave problema della carenza di conducenti segnalato dal Tpl.”

Nonostante le azioni proattive delle aziende, il problema della carenza di conducenti sembra persistere senza una soluzione immediata. Per questo motivo, l’Associazione ha richiesto un intervento legislativo immediato con una norma di immediata precettività. Tale norma, recependo la facoltà concessa dalle norme europee, dovrebbe disporre un abbassamento degli attuali limiti anagrafici per acquisire i titoli abilitanti alla guida di mezzi di trasporto pubblico. Questo dovrebbe avvenire a fronte di una formazione completa del Certificato di Qualificazione del Conducente (CQC), ovvero 280 ore di formazione.

Perchè nessuno vuole fare l’autista

La sostenibilità ambientale può essere analizzata da diverse prospettive, ma non è possibile sottovalutare il ruolo cruciale dei trasporti pubblici e della mobilità condivisa.

Se l’Europa intende abbracciare il Green Deal, è imperativo affrontare – tra gli altri aspetti – la problematica della carenza di autisti. In un contesto in cui molte professioni sono destinate a subire profonde trasformazioni o a entrare in crisi a causa dell’intelligenza artificiale, quella degli autisti sembra essere relativamente immune, almeno nel medio-lungo termine. Questo è evidente anche considerando che, nonostante le visioni più avanzate, non si intravedono prospettive concrete nel breve periodo per autobus o tram a guida autonoma.

Tuttavia, persino aziende come l’Atm di Milano, con i suoi 10.000 dipendenti di cui 4.000 conducenti, e un pacchetto retributivo competitivo nel settore – sebbene forse non adeguato al crescente costo della vita a Milano – si trovano ad affrontare sfide nell’occupare le 600 posizioni aperte nel 2023. In particolare, le 300 posizioni destinate agli autisti risultano difficili da coprire.

Uno stipendio iniziale di 1.600 euro netti al mese per un orario full-time di 36 ore non è sufficiente. Per affrontare questa sfida, l’azienda ha deciso di investire circa 500.000 euro per supportare il piano di assunzioni. Questo include l’assunzione delle spese per ottenere la patente di guida e un contributo di 3.000 euro per i primi mesi di affitto dei neo-conducenti.

Cosa sta facendo l’Italia per migliorare la situazione

Questo ha portato diversi paesi a cercare di intervenire per risolvere il problema. L’Italia ha avviato ad esempio un “bonus patente”. Ovvero offre agli under 35 un voucher che copre fino a 2.500 euro del costo della formazione per diventare autista di mezzi pesanti. Ciò equivale a uno sconto dell’80% sulla formazione.

Inoltre, è stato registrato anche un accordo tra Iru e la federazione dei sindacati dei trasporto Itf, che raccoglie diciotto milioni e mezzo di lavoratori. L’accordo si basa su un programma articolato in tre punti chiave:

  • Alleviare la mancanza di autisti e gli squilibri del mercato del lavoro: L’obiettivo è affrontare direttamente la carenza di autisti e le disfunzioni presenti nel mercato del lavoro del settore dell’autotrasporto.
  • Garantire condizioni di lavoro e standard dignitosi: L’alleanza si impegna a promuovere condizioni di lavoro adeguate e standard dignitosi per i conducenti che lavorano al di fuori del loro Paese d’origine. Ciò può includere aspetti come stipendi equi, orari di lavoro ragionevoli e un ambiente di lavoro sicuro.
  • Semplificare e applicare le norme: L’obiettivo è semplificare e rendere più accessibili le norme per lavoratori e datori di lavoro nel settore dell’autotrasporto. Questo potrebbe contribuire a migliorare la conformità normativa e a facilitare il rispetto degli standard da parte delle imprese.