Disparità salariali in Italia, al Nord stipendi e tredicesime più alte rispetto al Sud

Se i lavoratori del Nord percepiscono una busta paga di circa 2mila euro lordi al mese, al Sud la media è di 1.350 euro

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Pubblicato: 21 Dicembre 2024 13:51

Le disparità salariali tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e del Sud Italia sono estremamente evidenti. Mentre nel Nord lo stipendio medio lordo mensile si aggira intorno ai 2.000 euro, nel Sud non supera i 1.350 euro. In termini relativi, ciò si traduce in un divario di quasi il 50% a favore dei lavoratori settentrionali, equivalente a circa 8.450 euro lordi annui in più. Questa differenza si riflette anche sulla tredicesima mensilità, pagata in questo mese di dicembre. Questo quadro emerge da un’analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia.

Nel 2023 monte salari da 411 miliardi

Nonostante l’abolizione delle gabbie salariali nel 1972 e oltre mezzo secolo di applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), le differenze retributive tra le diverse regioni italiane restano significative, anche se a livello intra-settoriale l’obiettivo di uniformità è stato in parte raggiunto.

Queste disparità dipendono principalmente da fattori come il costo della vita e la produttività, più elevati al Nord, e dalla maggiore incidenza nel Sud di contratti precari, come part-time involontari, stagionali o intermittenti. Inoltre, i salari medi più alti, tipici delle multinazionali, dei grandi gruppi industriali e degli istituti bancari, finanziari e assicurativi, sono concentrati prevalentemente nelle grandi aree urbane del Nord, lasciando il Mezzogiorno più legato alla realtà delle piccole e medie imprese (Pmi).

Nel 2023, il monte salari lordo complessivo dei 17,3 milioni di lavoratori dipendenti privati in Italia ha raggiunto i 411,3 miliardi di euro. Questo dato corrisponde a una retribuzione media mensile lorda di 1.820 euro, in aumento del 3,5% rispetto al 2022. Tuttavia, l’inflazione nello stesso anno è cresciuta in misura maggiore, attestandosi al 5,7%.

È interessante notare che oltre il 60% del totale delle retribuzioni è stato destinato ai lavoratori del Nord Italia, confermando una distribuzione salariale fortemente sbilanciata a favore di questa area del Paese.

Stipendi top a Milano, Monza e lungo la via Emilia

Milano si conferma l’area geografica con gli stipendi medi più alti in Italia. Nel 2023, i lavoratori dipendenti privati del capoluogo lombardo hanno percepito una retribuzione mensile media di 2.642 euro. Seguono Monza-Brianza con 2.218 euro e le province lungo la via Emilia, tra cui Parma (2.144 euro), Modena (2.129 euro), Bologna (2.123 euro) e Reggio Emilia (2.072 euro).

Nella classifica nazionale delle 107 province, la prima realtà del Mezzogiorno è Chieti, che si posiziona al 55° posto con uno stipendio medio di 1.598 euro al mese. Sul fronte opposto, tra le province con le retribuzioni più basse troviamo Trapani (1.143 euro), Cosenza (1.140 euro) e Nuoro (1.129 euro). Il fanalino di coda è Vibo Valentia, dove il salario medio mensile dei dipendenti si ferma a soli 1.030 euro.

  • Lombardia: 2.254 euro
  • Emilia-Romagna: 1.960 euro
  • Piemonte: 1.957 euro
  • Veneto: 1.884 euro
  • Trentino-Alto-Adige: 1.873 euro
  • Friuli-Venezia Giulia: 1.862 euro
  • Lazio: 1.859 euro
  • Liguria: 1.793 euro
  • Toscana: 1.722 euro
  • Umbria: 1.615 euro
  • Marche: 1.612 euro
  • Valle d’Aosta: 1.532 euro
  • Abruzzo: 1.508 euro
  • Basilicata: 1.433 euro
  • Molise: 1.397 euro
  • Sardegna: 1.357 euro
  • Puglia: 1.356 euro
  • Campania: 1.347 euro
  • Sicilia: 1.318 euro
  • Calabria: 1.181 euro

Quest’anno tredicesime pagate regolarmente

Durante le crisi economiche del 2008/2009 e del 2012/2013, molte piccole e microimprese, a causa della carenza di liquidità, pagarono la tredicesima ai propri dipendenti con notevoli ritardi, in alcuni casi addirittura oltre i primi mesi dell’anno successivo.

Quest’anno, invece, la situazione appare più stabile. Ad eccezione di alcune realtà in conclamata crisi, non sono emerse criticità rilevanti nella corresponsione della gratifica natalizia, neppure nei settori più colpiti dal rallentamento produttivo, come l’automotive, la moda, il legno-arredo e la meccanica.