Tra i benefici previsti per i lavoratori subordinati abbiamo i noti congedi, ossia periodi di astensione dal lavoro – retribuiti o non retribuiti – di cui si trova traccia nella legge e nei contratti di lavoro. Le cause che possono giustificare un congedo sono assai varie tra loro, includendo motivi familiari, di salute, ragioni di studio, la nascita di un figlio, donazioni di sangue e così via.
Recentemente hanno fatto scalpore le piogge torrenziali e le devastanti inondazioni, che hanno colpito la città spagnola di Valencia e le sue aree circostanti – causando centinaia di morti. Un insieme di fattori ha determinato il disastroso esito, di cui immagini e video hanno dato ampio risalto nelle tv e nei siti web di tutto il mondo: infrastrutture fragili e territorio idrogeologicamente poco “resistente” a grosse masse d’acqua, piogge intensificate dalla temperatura del mare, inerzia o incapacità politica hanno messo in ginocchio il sud est della Spagna, con pesantissime accuse alle amministrazioni locali.
Ora, quasi in una sorta di salvataggio in corner dopo i fiumi di critiche e accuse da parte della popolazione scesa in piazza a protestare, nel paese ha preso piede la proposta di introdurre un congedo lavorativo giustificato dagli eventi estremi, al fine di prevenire – ove possibile – nuovi decessi legati all’arrivo di un’improvvisa e violenta perturbazione.
Ma, a ben vedere, una novità del genere servirebbe anche all’Italia. Vediamo perché.
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Congedo climatico in Spagna, la proposta diventa realtà
Forse si poteva fare di più o molto di più per scongiurare le peggiori conseguenze: ecco perché le autorità spagnole hanno appena introdotto, nella normativa del lavoro nazionale, il congedo eventi meteo estremi o permiso climatico. Dopo l’offerta di 11 miliardi alla città di Valencia, Il Consiglio dei Ministri iberico ha infatti dato il via libera a un decreto mirato a proteggere salute e sicurezza delle persone, e in particolare dei lavoratori, disponendo il diritto ad ottenere un permesso retribuito in caso di allerta meteo.
L’iniziativa è tanto semplice da spiegare quanto doverosa per fronteggiare i cambiamenti climatici e le improvvise, e talvolta molto pericolose, ondante di maltempo: i dipendenti spagnoli potranno contare su un massimo di 4 giorni di congedo retribuito – quindi senza penalizzazioni in busta paga – in ipotesi di condizioni meteorologiche estreme e tali da mettere a rischio la propria vita nel percorso tra casa e il posto di lavoro.
Nella zona di Valencia qualche settimana fa sono scoppiate le polemiche anche per un’allerta meteo non diramata con quella tempestività che sarebbe servita ad evitare il peggio. Ecco allora la risposta delle autorità locali: il nuovo permesso di lavoro per eventi climatici sarà utilizzabile in ipotesi di emergenza conclamata ma, a ben vedere, non consiste in una “invenzione” spagnola. Gli autori dell’iniziativa si sono infatti ispirati ad una legge già esistente in Canada che prevede lo stesso beneficio a favore dei lavoratori, in caso di allerte climatiche regolarmente emesse dalle autorità incaricate.
Ora il Parlamento un mese di tempo per convertire il decreto in legge, ma si ritiene che il passaggio sia una pura formalità, anche perché la nuova misura è entrata in vigore da pochi giorni grazie alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del paese.
Permesso estendibile o negabile, i casi concreti
Il diritto al permesso per eventi climatici non sarà utilizzabile in totale libertà dal lavoratore subordinato. Egli infatti dovrà – di volta in volta – chiederne l’applicazione effettiva al proprio datore di lavoro, il quale da parte sua valuterà se le condizioni meteo giustificano effettivamente il ricorso al beneficio.
Non solo. Il permesso non scatterà anche qualora si tratti di mansioni che il dipendente può svolgere da casa, e quindi senza dover fare alcun tragitto verso il luogo di lavoro. Si tratta insomma del caso dello smart working, e su queste situazioni pratiche sono infatti arrivati gli utili chiarimenti del Ministro dell’Economia spagnolo.
D’altro lato, il decreto sul congedo retribuito stabilisce che il beneficio potrà coprire anche più di 4 giorni, laddove l’allerta meteo dovesse allungarsi ulteriormente.
Riassumendo – e sulla scorta di quanto già previsto dalle norme canadesi – anche in Spagna, se i bollettini della locale Protezione Civile indicheranno di non recarsi al lavoro per motivi di sicurezza, potranno scattare i quattro giorni di stop retribuito, ma sull’effettiva erogazione l’azienda avrà voce in capitolo.
In ogni caso, al fine di rendere la tutela eventi meteo più completa, il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale dispone anche che ogni azienda adotti un piano ad hoc o linee guida per fronteggiare condizioni meteo difficili ed emergenze.
Perché anche in Italia servirebbe il congedo climatico
Le recenti vicende spagnole – e l’iniziativa di cui abbiamo appena parlato – portano inevitabilmente a riflettere sulla situazione italiana. Da noi manca al momento una disciplina specifica su un congedo o permesso per eventi climatici, ma – come è ben noto – anche il nostro paese è purtroppo soggetto ad eventi meteo estremi e alluvioni assai dannose per popolazione e attività produttive. Inondazioni, frane, territori idrogeologicamente fragili e danni all’agricoltura locale debbono o dovrebbero spingere le autorità italiane a riflettere sull’opportunità di aggiungere il permesso eventi climatici alla rete di agevolazioni già esistente.
Anzitutto, come misura di adeguamento alle sfide climatiche globali (basti pensare ad es. a quanto recentemente successo a Dubai), il beneficio gioverebbe alla protezione della salute e sicurezza dei lavoratori: con l’aumento degli eventi meteo estremi, che ha interessato l’Italia negli ultimi anni, il congedo per non andare al lavoro potrà sicuramente evitare pericolose situazioni come il trovarsi all’interno della propria auto in una strada inondata nel giro di pochi minuti.
Inoltre, permettere ai dipendenti di prendersi un congedo durante eventi climatici estremi potrebbe ridurre il rischio di infortuni e stress legati al lavoro in condizioni sfavorevoli, e favorire – al contempo – benessere e produttività, prevenendo malattie o lunghe assenze.
Non solo. Introdurre un congedo climatico anche in Italia, sulla falsariga di Spagna e Canada, potrebbe costituire un importante passo verso una maggiore responsabilità sociale delle aziende, dimostrando concretamente l’impegno per il benessere dei dipendenti e per la sostenibilità. Oltre che con specifiche linee guida emergenziali, i datori di lavoro potrebbero perciò contribuire a sensibilizzare e supportare la lotta ai cambiamenti climatici, tramite politiche aziendali responsabili e al passo con i tempi.
Concludendo, alla base dell’introduzione del permesso climatico, ci sarebbero anche ragioni di tutela delle persone più fragili, come ad es. gli anziani, le persone con disabilità e i lavoratori in settori ad alto rischio (ad es. edilizia, trasporti o agricoltura). Ecco perché un congedo di questo tipo – opportunamente previsto da norme di legge ad hoc – potrebbe favorire una maggiore equità sociale, tutelando chi è più esposto e riducendo le disuguaglianze nel mondo del lavoro.