Eredita l’azienda di famiglia a 18 anni ma è travolto dai debiti: il tribunale lo “grazia”

Avere in eredità un'azienda potrebbe essere fonte di facili entusiasmi, ma - nelle attività quotidiane - gestirla è operazione tutt'altro che semplice, specie in giovanissima età. Il caso

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 31 Dicembre 2024 21:00

Le eredità possono rappresentare una vera e propria svolta nella vita. Denaro, appartamenti, automobili e beni di lusso sono in grado di migliorare in modo tangibile la situazione finanziaria di un erede che, grazie a quanto ricevuto, è facilitato nel saldare eventuali debiti o mutui oppure nell’acquisto di una casa, nell’avvio di un’attività imprenditoriale e nelle opportunità di investimento finanziario.

Anzi, talvolta sono le stesse attività imprenditoriali a essere oggetto di un’eredità. Ne sa qualcosa in proposito un ragazzo pugliese che, oggi trentenne, a 18 anni appena compiuti si era trovato nell’insolita situazione di ereditare l’azienda di famiglia. Al di là degli iniziali entusiasmi, in realtà l’evento è stato per lui una sorta di boomerang, tanto da pagarne in breve tempo le conseguenze – sul piano economico – per inesperienza e scarsa conoscenza dei meccanismi di funzionamento di un’azienda.

Vediamo insieme cosa è successo, quali problemi il giovane ha avuto e perché il giudice ha deciso di graziarlo, liberandolo da un carico debitorio altrimenti insostenibile.

La vicenda e i rischi di ereditare un’azienda da giovanissimi

Le successioni cambiano anche significativamente gli equilibri finanziari di una famiglia e di chi la compone, ma quando il bene ottenuto è troppo articolato e difficile da gestire, i pericoli che derivano dall’averlo ereditato si manifestano da subito.

A 18 anni ereditare l’azienda di famiglia e trovarsi a dirigerla, è compito molto arduo. A quell’età infatti tipicamente non si hanno ancora le competenze tecniche, manageriali e strategiche necessarie per guidare un’attività. Al contempo manca l’esperienza in ufficio, la resistenza allo stress e al burnout, la gavetta e la conoscenza dei fondamenti dei contratti di lavoro, delle regole sulle tasse che pagano gli imprenditori come pure delle modalità di redazione di una busta paga e di calcolo dei contributi. Inoltre, politiche aziendali poco lungimiranti e decisioni sbagliate o avventate potrebbero compromettere la stabilità finanziaria e operativa dell’azienda, mettendone a rischio i posti di lavoro.

Una cattiva gestione può portare in breve tempo a perdite economiche anche notevoli, con difficoltà nel mantenere la liquidità o l’insorgenza di seri problemi con i creditori. Non a caso, dopo pochi anni, il giovane erede fu costretto a chiudere l’attività, perché aveva accumulato un debito di poco meno di 70mila euro tra contributi arretrati, tasse non versate allo Stato e cartelle esattoriali.

Schiacciato dalle richieste dei creditori la situazione pareva senza via d’uscita, con il concreto pericolo che i debiti potessero impedire la costruzione di un avvenire economicamente solido per lui e per la sua famiglia. Tuttavia – grazie all’assistenza del proprio avvocato – l’oggi ormai trentenne erede ha trovato un escamotage giudiziario grazie a un piano di rateizzazione dei pagamenti.

La decisione del giudice e il piano di rateizzazione triennale

Inizialmente il giovane erede intraprese un nuovo lavoro come operaio edile, ma i suoi averi e lo stipendio mensile si erano presto rivelati insufficienti alla rateizzazione o rottamazione delle cartelle di pagamento. Troppi erano infatti i soldi da pagare e in tempi relativamente ridotti. Non solo. La sua situazione si aggravò ulteriormente, perché intervennero pignoramenti sul c/c e sullo stipendio mensile, che di fatto bloccarono ogni iniziativa economica dell’ex imprenditore.

La sola soluzione possibile era quella prospettata dal suo avvocato, ossia la dimostrazione in tribunale della buona fede e della mancanza di colpa grave nell’aver creato il debito con le Entrate. E il giudice di Lecce, competente a decidere sul caso, accolse le sue difese e le sue prove, le quali evidentemente documentavano la trasparenza nella gestione del debito e l’assenza di volontà di aggravare la situazione.

Insomma, non c’era stato alcun dolo o intenzione di violare la legge e le norme su imposte e contributi: il debito era infatti insorto dalla sua inesperienza e gioventù. Secondo chi ha giudicato il caso, 18 anni sono troppo pochi per saper gestire diligentemente un’attività imprenditoriale, specialmente se ereditata non avendo alcuna esperienza alle spalle.

Il tribunale ha così trovato una sorta di compromesso tra il ragazzo oggi trentenne e i suoi creditori, stabilendo la concessione di un piano triennale di rateizzazione ad hoc, mirato alla chiusura del debito. In termini pratici, l’ex imprenditore:

  • sarà tenuto a versare mensilmente 36 rate di ammontare ritenuto sostenibile per le sue capacità economiche;
  • potrà trattenere dallo stipendio la somma di 1.250 euro mensili per il proprio mantenimento e per quello dei familiari.

Il protagonista, suo malgrado, di questa vicenda ha potuto beneficiare dell’esdebitazione, ossia di un alleggerimento del notevole carico debitorio pur nella cornice di un contesto giudiziario e formale. Decisiva è stata la prova di mancanza della colpa grave nella formazione del debito perché, come detto, quest’ultimo è nato esclusivamente dalla sua inesperienza e dalla giovanissima età, all’epoca dei fatti.

Che cosa cambia

Al di là degli aspetti della vicenda che riguardano strettamente l’erede, in conclusione ci sono da fare alcune considerazioni generali sulla gestione di un’azienda e sull’indebitamento. La vicenda infatti offre un insegnamento in materia di obblighi dell’imprenditore e ricorda che, in determinati casi pratici, quest’ultimo può essere “perdonato”. Come abbiamo visto sopra è stato il suo legale a salvare il giovane, fornendo prove e documenti utili a far ritenere il proprio assistito meritevole di uno speciale piano di pagamento dei debiti – con uno sconto effettivo sulla cifra totale da saldare.

Il travagliato percorso di vita e il nuovo lavoro di operaio edile – più umile rispetto a quello di imprenditore – hanno contribuito a questa sorta di grazia da parte del giudice di Lecce, che ha – in qualche modo – premiato la buona fede e l’ingenuità di chi non conosceva le regole del mondo del lavoro, per motivi anagrafici.  Rispettando le scadenze del piano e le modalità di pagamento prefissate, il giovane potrà così riprendere in mano la sua vita.