A partire dal 1° settembre tutti i buoni pasto emessi dovranno avere una commissione massima del 5% per gli esercenti che fanno parte delle reti convenzionate. Una norma già in vigore nel settore pubblico, che ora si estende anche a quello privato. L’obiettivo è quello di rendere più sostenibili, per supermercati, bar e ristoranti, queste forme di welfare aziendale.
Il valore dei buoni per i lavoratori non cambia. Le modifiche avranno effetto soprattutto sui ristoratori e potrebbero comportare un aumento del numero di esercizi commerciali che accettano i ticket. Le società che li emettono però denunciano che potrebbero esserci dei tagli.
La legge sul tetto alle commissioni dei buoni pasto
La nuova norma sulle commissioni riguarderà tutti i buoni pasto, sia quelli cartacei sia quelli elettronici. I contratti già firmati dovranno adattarsi alla nuova legge entro il 31 agosto, mentre i buoni già emessi rimarranno validi, con le vecchie commissioni, fino al 31 dicembre di quest’anno. A partire dal 1° gennaio del 2026 però, anche per questi titoli le commissioni si abbasseranno a un massimo del 5%.
Non si tratta di una misura che avrà un effetto diretto sui lavoratori. Le commissioni vengono infatti pagate dagli esercenti (supermercati, ristoranti, bar) alle società che emettono i buoni pasto, per poter entrare nella rete e quindi accettare i ticket come pagamento. La norma protegge gli esercenti, dando loro maggior potere contrattuale sulle società.
Il risultato sperato è un riequilibrio del mercato in favore degli esercizi commerciali e, con il tempo, un aumento degli esercenti e dei ristoratori che accettano i buoni pasto come pagamento.
La denuncia sui possibili tagli
Le società che emettono i buoni pasto non hanno accolto con favore questa nuova norma, che le costringe a limitare i loro guadagni. La Anseb, che riunisce i principali operatori del settore, ha denunciato anche la possibilità di tagli:
Il tetto determina nuovi costi in particolare per le aziende che acquistano il servizio sostitutivo di mensa aziendale per i propri collaboratori. Il blocco dei prezzi configurerà un aggravio dei costi per le imprese che acquistano i buoni pasto per i propri dipendenti. Questo potrebbe portare le società a tagli e rimodulazioni delle risorse del welfare aziendale.
I buoni pasto vengono infatti venduti dalle società che li emettono alle aziende con uno sconto sul valore di facciata, che viene poi recuperato con le commissioni. A un calo delle commissioni potrebbe corrispondere una diminuzione di questo sconto e, di conseguenza, un aumento dei costi per le aziende.
Gli esercenti festeggiano
Positivo invece il commento degli esercenti. Luciano Sbraga, vice direttore e responsabile dell’ufficio studi della Fipe Confcommercio, ha dichiarato a Repubblica:
Si evita uno squilibrio tra mercato privato e pubblico: il rischio era che le società dei ticket compensassero le mancate commissioni incassate dalle Pa nelle convenzioni con il privato. Il mercato sarà più sano, i migliori emergeranno in un clima più concorrenziale.
Per quanto riguarda i possibili tagli denunciati dalle società che emettono i ticket, Sbraga ha ricordato che i buoni pasto, come altre forme di welfare aziendale, sono esenti da tasse e contributi e che quindi per le aziende rappresentano già un significativo risparmio sulla retribuzione diretta.