L’accordo di riservatezza è un patto stipulato tra privati in una varietà di ambiti e situazioni, oppure tra datore di lavoro e dipendenti al fine di evitare la divulgazione di informazioni sensibili a conoscenza delle parti. Ma quando si utilizza in particolare questo accordo? E come deve essere gestito? Scopriamo di più in questo articolo.
Indice
Che cos’è un accordo di riservatezza e a che cosa serve
Un accordo di riservatezza è un contratto tra le parti volto a tutelare la confidenzialità di specifiche informazioni.
Può essere incluso in documenti collegati alla fase di trattativa che porta alla firma del vero e proprio contratto di lavoro, oppure possono essere immessi direttamente all’interno di contratti autonomi. Questi accordi, in particolare quelli autonomi rispetto al contratto principale, non sono stati tipizzati né dal legislatore né dalla giurisprudenza. Ecco perché, per capire il loro funzionamento, occorre considerare quanto avviene nella prassi.
Chi stipula questo tipo di contratto si impegna, in pratica, a non divulgare a terzi le informazioni scambiate con la controparte, per esempio in caso di notizie relative all’attività lavorativa o anche a situazioni personali che si desidera non far conoscere all’esterno. I contenuti di questo patto sono variabili e definiti dalle parti che si impegnano a rispettarlo.
Conosciuto anche come accordo di non divulgazione, clausola di riservatezza o accordo di confidenzialità, tale patto può essere stipulato da qualsiasi soggetto, che si tratti di privati o di aziende, così come di datori di lavoro e dipendenti – al fine di tutelare quelle notizie conosciute proprio in virtù del rapporto lavorativo in essere.
Questo contratto può essere stipulato in qualsiasi momento, sia all’inizio di una trattativa che successivamente, e il suo valore rimane inalterato.
Accordo di riservatezza con i dipendenti: come funziona
Un caso comunissimo di stipula dell’accordo di riservatezza – lo abbiamo accennato – è quello che riguarda i rapporti di lavoro subordinato. Non è raro, infatti, il caso in cui il datore di lavoro concluda un patto di riservatezza con il lavoratore, il quale sarà tenuto a non divulgare informazioni sensibili sull’attività lavorativa all’esterno. Ciò ha lo scopo di tutelare la privacy dell’azienda e dei suoi progetti, che potrebbero finire nelle mani della concorrenza.
Il patto di riservatezza con il lavoratore è, in realtà, spesso un accordo unilaterale: il dipendente viene cioè vincolato al rispetto di tale patto in virtù del rapporto di lavoro in essere. In particolare, un accordo di riservatezza può infatti essere unilaterale, come in questo caso, quando una sola delle parti è tenuta al rispetto della clausola, o bilaterale, quando entrambi le parti sono obbligate a tenere fede al contratto
Nell’ottica delle più recenti normative sul GDPR, alla firma dell’accordo di riservatezza l’azienda dovrebbe far seguire anche un’indicazione chiara e completa sul trattamento dei dati personali e sulle istruzioni fornite ai dipendenti, che devono firmarle per conoscenza.
Indicazione della finalità e modifica della clausola
L’accordo di riservatezza deve contenere chiaramente l’obiettivo del contratto: deve, cioè, essere ben definito il motivo del patto tra le parti affinché, una volta venuta a cessare la necessità della riservatezza – per esempio a progetto realizzato – la clausola possa decadere in maniera naturale.
La clausola, tuttavia, può anche essere variata nel corso del tempo, ampliata o ristretta, purché ogni modifica al contratto venga riportata per iscritto. Informazioni poco chiare in tal senso possono rendere difficile, in caso di violazione di una delle parti, la dimostrazione del mancato rispetto del contratto.
Durata dell’accordo e risarcimento danni
Dal punto di vista della durata, questa può essere stabilita liberamente dalle parti, tenuto conto della natura delle informazioni e dello scopo del contratto. Per quanto riguarda invece il mancato rispetto dell’accordo di riservatezza, chi viola il patto è tenuto a corrispondere l’importo del danno concordato preventivamente, senza che la controparte sia tenuta a dimostrare di aver subito effettivamente un danno.
Nel testo che regola l’accordo in oggetto si trova menzione anche delle conseguenze economiche in caso di violazione. Di fatto quest’ultima rischia di minare la prosecuzione del rapporto di lavoro, perché avrebbe dei riflessi di natura disciplinare.
Accordo di riservatezza tra privati: è possibile?
Come abbiamo accennato in apertura, il patto di riservatezza non riguarda solo aziende e dipendenti, ma può essere stipulato anche tra aziende e tra privati. Può accadere, per esempio, che si stia collaborando a uno stesso progetto o che vi sia comunque uno scambio di informazioni sensibili da tutelare, rispetto a una possibile diffusione all’esterno.
Per far sì che ciò non avvenga, può essere utile stipulare un accordo di non divulgazione tra privati che avrà lo stesso effetto legale di ogni altro accordo di questo genere.
Accordo di riservatezza e GDPR
Il GDPR (General Data Protection Regulation) è il regolamento UE adottato il 27 aprile 2016, e reso operativo dal 25 maggio 2018, al fine di migliorare la protezione dei dati personali dei cittadini dell’Unione Europea, sia all’interno dell’Unione che all’esterno.
Tale regolamento ha avuto un impatto forte su qualsiasi tipo di contratto, in quanto ogni scambio di dati personali richiede la perfetta conoscenza dell’uso che se ne farà degli stessi.
Anche fini del patto di riservatezza, così come per ogni altro accordo, con l’introduzione del GDPR si rende necessaria l’esplicitazione di come i dati personali verranno trattati, per quali finalità verranno utilizzati, per quanto tempo e dove verranno conservati. Di fatto dunque il citato GDPR costituisce una fonte che potenzia il ruolo e le finalità dell’accordo in oggetto.
Il mancato rispetto della normativa prevede sanzioni ad hoc, così come esplicitato nel Regolamento stesso.