Obbligo vaccinale per over-50: si deve firmare il consenso informato?

Con l’approvazione del decreto anti-Covid dello scorso 7 gennaio, sono in molti a sollevare questioni di legittimità della norma, a partire dai moduli

Pubblicato: 9 Gennaio 2022 14:33

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Il varo dell’obbligo vaccinale anti-Covid per i cittadini italiani over50 è stato inserito dal Consiglio dei ministri nel decreto approvato lo scorso 7 gennaio, al termine di un’estenuante trattativa tra i partiti che sostengono la maggioranza e grazie alla mediazione del premier Mario Draghi. Un passaggio che era stato scongiurato fino a oggi ma che ora rientra tra le “misure urgenti per fronteggiare l’emergenza” che il governo ha adottato.

Ma le conseguenze di questa scelta non sono di poco conto. Nei giorni immediatamente successivi alla convalida del decreto è scoppiata la questione legata al consenso informato per la vaccinazione. Il primo allarme lo ha lanciato il Codacons (acronimo di Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori).

Obbligo vaccinale over-50, il caso delle conseguenze collaterali

Il punto in questione è estremamente rilevante. Il Codacons infatti rileva che con l’introduzione dell’immunizzazione obbligatoria, in caso di danno fisico o psicologico provocato dalla somministrazione del vaccino, lo Stato dovrebbe essere individuato come l’unico responsabile di queste conseguenze collaterali. Ma – al momento – ciò non viene evidenziato in alcun modo all’interno del modulo da firmare.

“Il consenso informato sottoscritto da parte dei cittadini che si sottopongono al vaccino – sostiene il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – deve essere modificato con urgenza, perché altrimenti assisteremo a una raffica di ricorsi presentati in Tribunale contro lo Stato italiano”. A supporto di questa tesi, Rienzi fa notare come a oggi il testo dei moduli sul consenso non preveda alcuna responsabilità in capo allo Stato in caso di effetti collaterali, reazioni avverse gravi o danni permanenti.

Questo perché nei primi ventidue mesi di pandemia la vaccinazione era sempre rimasta su base volontaria. “Con l’introduzione dell’obbligo vaccinale per una categoria di soggetti – prosegue Rienzi – è evidente che il consenso informato in vigore oggi non è più legittimo, e deve essere modificato eliminando qualsiasi clausola che escluda responsabilità da danni da vaccino”.

Obbligo vaccinale over-50, il problema del consenso informato

Interpellato sull’argomento, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha tuttavia smentito questo ipotetico scenario: a suo dire, la questione non si porrebbe poiché è già prassi ampiamente consolidata che lo Stato provveda a indennizzare il cittadino nell’eventualità di conseguenze negative legate alla vaccinazione. La questione però resta aperta.

Lo stesso sottosegretario Costa non esclude ulteriori provvedimenti chiarificatori, anche se ci tiene a sottolineare come “al di là delle modifiche e delle scelte che valuteremo nei prossimi giorni, già oggi in presenza di una vaccinazione di massa lo Stato interviene e si fa carico di ogni responsabilità per salvaguardare la salute pubblica. C’è una sentenza della Corte costituzionale che afferma questo”.

Obbligo vaccinale over-50, la legittimità costituzionale

La questione non sussiste anche per Amedeo Santosuosso, ex magistrato del Tribunale di Milano. Il giurista rileva come “la base del consenso informato è l’articolo 32 della Costituzione, che parla chiaro: nella sua enunciazione, prevede infatti che attraverso una legge dello Stato regolarmente approvata possano essere previste limitazioni alla libertà delle persone”.

“Il decreto approvato – conclude Santosuosso – ha valore di legge a tutti gli effetti e quindi si uniforma e  soddisfa i requisiti dell’articolo 32 della Costituzione”. Una tesi supportata anche dai giudizi vergati dalla Corte Costituzionale, che si è già espressa in merito confermando la legittimità costituzionale della nuova norma.