Chi è Luc Montagnier: la sua biografia

Ecco la biografia di Luc Montagnier, il medico che ha vinto il Premio Nobel per la scoperta dell'HIV

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Francesca Cimellaro

Avvocato Civilista

Laureata presso l'Università degli Studi di Milano, in seguito alla formazione presso il Foro di Milano, è iscritta all'albo degli avvocati di Varese e si occupa principalmente dell'ambito civilistico.

Pubblicato: 19 Novembre 2021 12:34Aggiornato: 19 Aprile 2024 17:51

Medico, biologo e virologo francese, Luc Montagnier è ricordato soprattutto per aver vinto un Premio Nobel per la medicina nel 2008, per il suo contributo fondamentale nella scoperta del virus dell’HIV. Ancora oggi, è sempre attivo nella ricerca contro il virus e di un provvidenziale vaccino, così come nei progetti di prevenzione dell’AIDS. Non a caso è cofondatore della “Fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell’AIDS”, ruolo che affianca a quello di professore presso l’Istituto Pasteur di Parigi.

Nel tempo, Montagnier si è fatto promotore di diverse teorie pseudoscientifiche, accolte con scettiscismo dalla comunità scientifica per via di prove del tutto insufficienti a loro sostegno. Nel corso della pandemia da Coronavirus è stato tra i primi a sostenere la teoria del complotto, che vorrebbe il virus SARS-CoV-2 creato deliberatamente dall’uomo e in seguito fuggito da un laboratorio. Ciò gli è valso aspre critiche, soprattutto per aver usato il suo status di Premio Nobel per “diffondere pericolosi messaggi riguardo la salute, al di fuori del proprio campo di competenza”. Scopriamo allora la sua biografia e la controversa carriera, assieme alle polemiche che lo hanno coinvolto.

Chi è Luc Montagnier

Luc Montagnier è nato a Chabris, in Francia e dove attualmente vive, il 18 agosto del 1932. Figlio di un contabile e di una casalinga, ha sempre mostrato una predilezione per le scienze. Si laurea infatti nella stessa materia 23 anni più tardi, nel 1955, e dopo la morte del padre a causa di un tumore, sceglie di iscriversi a Medicina. Specializzandosi poi in Oncologia. Subito dopo riesce brillantemente a conseguire il dottorato in ricerca medica presso l’Università di Poitiers.

Nel frattempo sposa Dorothea Ackerman, e la coppia ha tre figli: Jean-Luc, Anne-Marie e Francine. Dal 1967, comincia poi le prime ricerche in virologia, concentrandosi in modo particolare su quelli che sono i meccanismi di replicazione dei virus a RNA e virus a RNA oncogeni, vale a dire quelli che sono capaci di indurre dei tumori. Facendo un salto fino al 1972, il virologo d’Oltralpe viene nominato capo dell’Unità Oncologica Virale dell’Istituto Pasteur e, solo due anni dopo, direttore del CNRS, il Centro nazionale di ricerca scientifica. È però il 1982 l’anno più importante nella sua carriera, quando un medico dell’Hôpital Bichat di Parigi, Willy Rozenbaum, lo contatta per coinvolgerlo nella ricerca sulla sindrome da immunodeficienza acquisita. Quella che negli anni successivi sarebbe stata tristemente nota come AIDS.

L’anno dopo, grazie alla competenza di Luc Montagnier nella ricerca di una possibile causa retrovirale, il gruppo di ricercatori da lui guidato fa una scoperta che avrebbe segnato la storia. Grazie ad una biopsia al linfonodo di un paziente di Rozenbaum, viene infatti scoperto il virus a cui viene dato il nome di LAV, lymphadenopathy-associated virus, ovvero virus associato a linfoadenopatia. Solo l’anno successivo, un altro gruppo di studenti americani guidato dal dottor Robert Gallo, capo laboratorio dell’Istituto Nazionale del Cancro di Bethesda, nel Maryland, andò a confermare la scoperta del virus, ma al tempo stesso modificò il nome in virus T-linfotropico umano di tipo III, conosciuto anche come HTLV-III.

L’accaduto, per quanto incredibilmente importante per la ricerca, scatenò comunque una infuocata disputa di carattere internazionale, che vedeva Montagnier e Gallo scontrarsi sulla paternità della scoperta. Disputa che andò successivamente a concludersi a favore dello stesso Montagnier. Ecco perché, assieme alla collega Françoise Barré-Sinoussi, ha vinto il Premio Nobel per la medicina nel 2008.

Nel 1986, Montagnier è riuscito poi ad isolare un secondo ceppo del virus dell’HIV, che venne battezzato HIV-2. Il ceppo si era particolarmente diffuso in molti Paesi dell’Africa, e grazie alla sua scoperta il virologo francese fu insignito del premio Albert Lasker per la ricerca medica e scientifica. Il suo impegno nei progetti di prevenzione dell’AIDS e nella ricerca di un vaccino che possa essere efficace contro questa patologia non si è mai spento negli anni successivi, portandolo a collaborare con vari virologi di fama internazionale, tra cui l’italiano Vittorio Colizzi.

Nell’ottobre del 2014 ha poi siglato un accordo di collaborazione con l’I.R.C.C.S Neuromed, allo scopo di portare avanti alcuni studi di ricerca sulle neuroscienze. Oltre al Nobel e al premio Lasker, Montagnier è stato insignito di numerose altre onorificenze: il Japan Prize nel 1988, il Premio Principe delle Asturie nel 2000, il Premio Scuola medica salernitana nel 2011, e il Sigillo dell’Università degli studi di Salerno nello stesso anno.

Luc Montagnier: dal Premio Nobel alle posizioni pseudoscientifiche

Quella di Luc Montagnier, dopo il Premio Nobel, è sempre stata una figura particolarmente controversa. Nel 2010, ad esempio, le sue dichiarazioni nel corso di un’intervista sono state accolte con sorpresa, e assieme con estrema cautela, dalla comunità scientifica, perché del tutto non dimostrate. Nello specifico, sosteneva che fosse possibile sconfiggere il virus dell’HIV attivandosi simultaneamente su più fronti, vale a dire dedicandosi ad un corretto schema nutrizionale e all’eliminazione dello stress ossidativo, e al tempo stesso instaurando una corretta flora intestinale e migliorando tutte le misure igieniche del paziente.

Il virologo, è inoltre impegnato nella ricerca omeopatica. Anche questi studi dedicati all’efficacia dei rimedi omeopatici sono stati salutati con profondo scetticismo dalla comunità scientifica, che si è vista costretta a rigettarli totalmente e a bollarli come mero effetto placebo a causa della mancanza di prove in merito. Aspre critiche sono arrivate pure per i suoi studi sull’autismo e sulla cosiddetta memoria dell’acqua. Quest’ultima, in particolare, trova origine dallo studio pubblicato su una sezione della rivista scientifica Journal of Physics, firmato da Luc Montagnier e altri suoi colleghi e dal nome DNA waves and water.

In esso si spiega come alcune sequenze di DNA, se introdotte in soluzioni acquose altamente diluite, vanno a trasmettere segnali elettromagnetici di bassa frequenza. In questo modo, le stesse soluzioni acquose andrebbero a mantenere una sorta di “memoria” delle caratteristiche di quel DNA specifico. Questo studio è stato però giudicato privo di qualsiasi validità scientifica, poiché particolarmente carente su più aspetti: dal protocollo sperimentale alle apparecchiature usate, passando per le più basilari teorie mediche.

Non solo, Montagnier ha affermato in più di una occasione che la papaya conterrebbe delle sostanze benefiche molto utili a contrastare la SARS, ovvero la sindrome acuta respiratoria grave. La stessa papaya, a sentire le sue teorie, sarebbe assai efficace per attutire i sintomi dovuti al morbo di Parkinson, per una cura naturale atta a sconfiggere questa malattia neurodegenerativa. Le affermazioni del Premio Nobel non hanno tuttavia mai avuto alcun riscontro oggettivo, poiché nessuna ricerca è mai stata da lui pubblicata in proposito.

Luc Montagnier sui vaccini e sul Coronavirus

A partire dalla seconda decade degli anni 2000, Luc Montagnier ha espresso varie considerazioni sui vaccini, generalmente molto critiche, tanto da divenire una delle personalità di riferimento per i movimenti antivaccinisti, che più volte hanno utilizzato le sue affermazioni per sostenere le proprie tesi. Quelle per cui l’utilizzo dei vaccini potrebbe essere correlato allo sviluppo di disturbi dello spettro autistico e di altre patologie. In ogni caso, il virologo si è detto contrario a un uso intensivo delle vaccinazioni, definendo l’obbligo vaccinale “un errore medico e politico”.

Allo stesso modo, a generare diverse polemiche sono state anche le sue posizioni sul virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia di Covid-19. Come già accennato, secondo Montagnier il virus sarebbe stato creato in modo artificioso da un laboratorio di ricerca della città cinese di Wuhan, nell’ambito di studi sulla possibile creazione di un vaccino contro il virus dell’HIV. Nello stesso contesto, il virologo si è detto convinto che nel diffondersi della pandemia avrebbero potuto avere un ruolo anche le frequenze elettromagnetiche della tecnologia 5G, molto diffusa proprio nel territorio di Wuhan. La comunità scientifica ha ancora una volta dimostrato l’inconsistenza di tale teoria, affermando che non vi è correlazione alcuna tra la diffusione del Covid-19 e la tecnologia 5G.

Non sono mancate successivamente prese di posizione sui vaccini contro il nuovo Coronavirus. In riferimento al vaccino anti Covid-19 Moderna, Montagnier ha infatti espresso molti dubbi, dichiarando che il processo di approvazione a cui erano stati sottoposti i vaccini a mRNA avrebbe volontariamente trascurato l’analisi dei vari possibili effetti collaterali dovuti alla somministrazione. Si parlava anche di potenziali effetti cancerogeni, senza però presentare prove scientifiche per sostenere le sue argomentazioni. Montagnier ha sostenuto anche di non volersi vaccinare contro il Coronavirus e che, in caso di contagio, sarebbe stato sufficiente optare per una terapia a base di azitromicina, di solito integrata ad altri trattamenti.

Le affermazioni di Luc Montagnier relative al SARS-CoV-2 sono state fortemente confutate da altri virologi. Addirittura, ben centosei accademici hanno deciso di scrivere una lettera aperta che critica aspramente lo studioso Premio Nobel nel 2008 per le sue teorie del complotto relative alla pandemia da Covid-19. In una parte della lettera in questione, si legge: “Noi, accademici di medicina, non possiamo accettare che uno dei nostri colleghi stia usando il suo status di Premio Nobel per diffondere pericolosi messaggi riguardo la salute, al di fuori del proprio campo di competenza”.