Il contratto predivorzio è legale in Italia: come funziona

La Corte di Cassazione riconosce i patti predivorzio, accordi patrimoniali validi se rispettano diritti e limiti di legge

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Mirko Ledda

Editor e fact checker

Scrive sul web dal 2005, come ghost writer e debunker di fake news. Si occupa di pop economy, tecnologia e mondo digitale, alimentazione e salute.

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Una nuova ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20415 del 21 luglio 2025) ha aperto la strada al riconoscimento della validità dei cosiddetti patti predivorzio: accordi stipulati tra coniugi durante il matrimonio e prima della separazione per regolare in anticipo la gestione dei rapporti patrimoniali in caso di rottura.

La decisione della Suprema Corte offre nuovi strumenti per tutelare gli interessi economici dei partner, prevenendo conflitti futuri e riducendo il rischio di lunghe cause per il rimborso di spese sostenute da uno dei coniugi.

Cos’è un contratto predivorzio

Il contratto predivorzio è un accordo scritto con cui i coniugi stabiliscono, mentre sono ancora sposati, come gestire determinate questioni patrimoniali nel caso in cui si verifichi una crisi coniugale che porti a separazione o divorzio.

Può prevedere il riconoscimento di debiti, la restituzione di somme, la divisione di beni o il trasferimento di proprietà, purché tutto sia subordinato a una condizione sospensiva lecita – come appunto la separazione.

Le differenze con il contratto prematrimoniale

Diverso è il contratto prematrimoniale “all’americana” (il famoso prenup a cui ricorrono spesso le coppie Vip), stipulato prima del matrimonio. In Italia, questo tipo di accordo è in gran parte vietato, dato che può riguardare diritti indisponibili, come l’assegno di mantenimento o l’assegno divorzile, o limitare la libertà di rivolgersi al giudice.

In pratica, non è possibile fissare in anticipo, prima delle nozze, quanto spetterà a uno dei coniugi in caso di divorzio, né escludere del tutto certi obblighi economici.

Ciò che invece è consentito, sia nei patti firmati prima sia in quelli stipulati durante il matrimonio, è regolare aspetti patrimoniali legati a contributi economici già effettuati, divisioni di beni mobili e immobili, modalità di gestione di determinate spese – sempre nel rispetto di norme inderogabili e della tutela dei figli minori.

Il caso concreto in Tribunale

L’ordinanza della Corte di Cassazione nasce da un accordo scritto, firmato nel 2011 da marito e moglie anni prima della separazione, avvenuta nel 2019.

Nel documento il marito riconosceva il contributo economico della moglie al benessere familiare, al pagamento del mutuo per la ristrutturazione della casa (a lui intestata) e ad altre spese significative. In caso di separazione, si impegnava a restituirle 146.400 euro. La moglie, in cambio, rinunciava ad alcuni beni mobili di valore (imbarcazione, arredi, somme in conto).

Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano confermato la validità dell’accordo. Il marito si era però rivolto in Cassazione sostenendo che fosse nullo perché contrario alle norme inderogabili sul matrimonio. La Suprema Corte ha respinto il ricorso.

L’ordinanza della Corte di Cassazione

Per la Cassazione, questi accordi sono veri e propri contratti atipici, cioè non espressamente previsti dal codice civile ma comunque ammessi dall’articolo 1322 c.c. quando perseguono interessi considerati meritevoli di tutela.

Possono essere validamente subordinati a una condizione sospensiva lecita, come già detto. Nel caso esaminato si tratta dell’evento futuro e incerto della separazione.

Non violano norme imperative, purché rispettino i diritti indisponibili – come il mantenimento dei figli – e non si traducano in una rinuncia preventiva all’assegno divorzile.

La Corte ha anche chiarito che non si tratta di un pagamento una tantum per il divorzio, che dunque non sostituisce eventuali assegni mensili, ma di uno strumento per riequilibrare contributi economici già forniti da uno dei coniugi, rientrando così nell’autonomia privata e nei limiti fissati dalla legge.

Quando un patto predivorzio è valido

Vale tutto in quanto contratto privato tra coniugi, quindi? Non proprio. Perché un accordo in vista della separazione sia efficace deve:

  • essere in forma scritta e chiaro nei contenuti;
  • prevedere una condizione sospensiva lecita (separazione o divorzio);
  • non incidere negativamente su diritti indisponibili (mantenimento dei figli, tutela del coniuge debole);
  • non porsi come strumento per aggirare la legge sull’assegno divorzile;
  • prevedere prestazioni patrimoniali reali e proporzionate.

Può essere dichiarato nullo, dunque, se:

  • contiene clausole che limitano la libertà di agire in giudizio;
  • stabilisce in anticipo rinunce all’assegno divorzile;
  • prevede condizioni contrarie all’ordine pubblico o al buon costume;
  • incide sui diritti dei figli senza il controllo del giudice.