Allarme per la formica di fuoco in Italia: quali rischi

Il nome scientifico è Solenopsis Invicta ed è originaria del Sud America, ma almeno 88 nidi sono stati scoperti in Sicilia, nel siracusano

Foto di Giorgio Pirani

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

In un’area di 4,7 ettari situata nella provincia di Siracusa, in Sicilia, sono stati recentemente scoperti 88 distinti nidi di formica di fuoco (Solenopsis invicta), una delle specie più invasive al mondo. Questo rappresenta un fatto senza precedenti, poiché è la prima volta che questa specie aliena, conosciuta anche come alloctona, viene individuata in Europa. La sua presenza in questa regione è il risultato diretto o indiretto delle attività umane, che hanno involontariamente spostato questa specie lontano dal suo habitat originario.

Formica di fuoco, da dove arriva

Dopo l’invasione del granchio blu, in Italia spunta il problema della formica di fuoco. Questa specie, originaria del Sud America, è una delle più invasive al mondo e ha già conquistato gran parte del globo grazie ai trasporti marittimi. In meno di un secolo, ha colonizzato con successo Australia, Cina, Caraibi, Messico e Stati Uniti. Tuttavia, fino ad ora, l’Europa era rimasta immune da questa invasione. Tuttavia, uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Current Biology ha confermato la presenza di questa specie in Italia, in particolare in Sicilia, dove sono stati individuati ben 88 nidi nelle vicinanze di Siracusa.

La Solenopsis invicta ha la capacità di diffondersi estremamente rapidamente, con conseguenze significative per gli ecosistemi locali, l’agricoltura e persino la salute umana. Queste formiche sono predatori generalisti e, una volta insediate in un nuovo ambiente, possono causare una riduzione della diversità di invertebrati e piccoli vertebrati. Mattia Menchetti dell’Istituto spagnolo di Biologia evoluzionistica, che ha guidato la ricerca in collaborazione con le Università di Parma e Catania, ha spiegato: “Grazie al veleno contenuto nel loro aculeo e alla capacità delle loro colonie di raggiungere centinaia di migliaia di individui, queste formiche possono avere un impatto significativo su animali giovani, deboli o malati”.

La scoperta in Sicilia

Dopo aver visionato alcune foto scattate in Sicilia, i ricercatori hanno condotto una verifica sul campo, scoprendo che in un’area di 4,7 ettari si trovavano ben 88 nidi di formiche di fuoco, ciascuno ospitante un gran numero di formiche operaie. Attraverso conversazioni con i residenti locali, gli autori dello studio hanno appurato che le prime punture dolorose risalgono almeno al 2019, suggerendo che l’arrivo delle formiche di fuoco non è recente, e l’area invasa potrebbe essere molto più estesa di quanto inizialmente identificato. È solo una questione di tempo prima che questa specie si diffonda quasi ovunque.

L’analisi del DNA degli insetti rinvenuti in Sicilia sembra indicare che provengano dalle popolazioni attualmente presenti in Cina o negli Stati Uniti. Lo studio avverte che circa il 7% del continente europeo e addirittura il 50% delle città europee offrono le condizioni ideali per la diffusione delle formiche di fuoco. Menchetti ha sottolineato che, secondo il loro modello ecologico, le grandi città costiere sono tra i luoghi più adatti per la loro insediamento, e con l’andamento del cambiamento climatico, le zone adatte alla loro diffusione aumenteranno ulteriormente.

La buona notizia è che sono già in corso sforzi per cercare di fermare questa invasione. Fino a oggi, l’unico paese che è riuscito a eradicare con successo la formica di fuoco è la Nuova Zelanda, e i ricercatori stanno cercando di adattare le strategie basandosi su quanto è stato efficace lì e sulle attuali operazioni in corso in Cina. Menchetti sottolinea l’importanza del coinvolgimento dei cittadini, affermando che possono svolgere un ruolo fondamentale nella soluzione di questo problema. Inoltre, enfatizza la necessità di aumentare la consapevolezza sull’argomento, poiché il problema delle formiche di fuoco è già presente in Europa e richiede un’azione coordinata e tempestiva.