Quelli appena trascorsi sono stati anni di contrapposizioni feroci con i tassisti, decine di invettive, centinaia di scioperi, correlati da diverse fasi di liberalizzazioni tentate e poi abortite, emendamenti politici inseriti all’ultimo minuto per placare le proteste di chi (in maniera legittima o meno) stava vedendo dilapidarsi l’investimento della vita sotto i propri occhi increduli.
Tutto fatto per salvaguardare quella licenza vista come una sorta di liquidazione e garantita da un rendimento costante (l’attività quotidiana di trasporto passeggeri) e da una monetizzazione più o meno consistente in caso di vendita del documento e del mezzo.
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Tassisti, si delinea un nuovo futuro sul mercato italiano?
Negli ultimi giorni – dopo che per lungo tempo il paradigma di è sviluppato su quanto detto fin qui – è però arrivata una svolta che potrebbe cambiare per sempre il rapporto tra i diversi attori in scena: la multinazionale californiana Uber ha infatti firmato nella giornata di martedì (24 maggio) un’intesa da molti definita storica con i gestori dell’applicazione web It.Taxi. Ma cosa succede ora?
Accade che a Roma (e in tante altre città italiane) dal 1° giugno prossimo, come già succede anche a Torino e Napoli, sulla piattaforma di Uber sarà possibile prenotare un taxi e non solo un Ncc (noleggio con conducente) tanto osteggiato dai tassisti, tipico del modello di Uber Black. Una svolta che permette alla stessa multinazionale di archiviare le pesanti e reiterate accuse di “caporalato digitale” mosse dalle maggiori cooperative di tassisti per via delle politiche “scorrette e sleali” adottate dall’azienda americana nel corso degli anni.
Accordo Uber-taxi, un punto di arrivo dopo anni di battaglie e accuse reciproche
Ma il rancore è sempre stato reciproco, palesato a più riprese anche da parte degli investitori statunitensi che pretendevano di operare in maniera unica e indiscriminata sul mercato italiano dei trasporti. Tensione che portò Uber nel 2015 ad apostrofare come “un problema di ordine pubblico” quel Loreno Bittarelli che ancora oggi riveste il ruolo di presidente della più grande cooperativa di taxi a Roma, la 3570, e che ora si dichiara molto entusiasta perché “con questo accordo ci guadagneranno tutti“.
Nonostante ciò, oltre agli autisti sono molti anche gli utenti delle grandi città che si dicono preoccupati per l’ingresso di Uber nel panorama della mobilità del nostro Paese. E questo perché – se è vero che è già stato individuato nella società Splyt il partner che farà da ponte e che si occuperà di integrare i sistemi informativi e tecnologici dei due contraenti – è altrettanto vero che con questo patto non si risolvono di colpo i tanti problemi di questa categoria di lavoratori, con il rischio che nell’immediato ci siano ripercussioni anche sui clienti.
Nuovo patto tra gli autisti e Uber: cosa rischiano gli utenti
Ad oggi infatti le licenze costano a Milano e Roma in media 150 mila euro. Molti si sono indebitati accendendo un mutuo a 30 anni, immaginando che un giorno possano essere i figli a rilevarla secondo un principio corporativistico di trasmissione familiare.
Ma l’ingresso di Uber potrebbe portare il governo di Mario Draghi a ridiscutere lo status quo, con la possibilità che questo automatismo immaginato da molti venga meno, portando così i conducenti ad operare un aumento delle tariffe nel tentativo di recuperare l’investimento.