Eurostat, gli affitti brevi in Ue sono cresciuti dell’11,8 % in un anno

I dati Eurostat fine 2023 segnano ancora una crescita importante per gli affitti brevi, con la scelta che viene spesso adottata anche in Italia

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Chi possiede un immobile nel quale non vive può decidere di affittarlo, in maniera tradizionale o ricorrendo alla formula dell’affitto breve. Tale ultima modalità ha visto i suoi numeri crescere molto nel corso degli ultimi anni, soprattutto grazie agli evidenti vantaggi fiscali che garantisce. Secondo Eurostat, nel 2023 il numero delle persone che hanno fatto ricorso all’affitto breve è notevolmente aumentato rispetto all’anno precedente e, in prospettiva, la crescita potrebbe confermarsi anche alla fine del 2024.

I dati Eurostat sugli affitti brevi

I numeri riportati di Eurostat ci dicono che, nei primi nove mesi del 2023, sono state 546,2 milioni le notti che sono trascorse in alloggi in affitto breve all’interno dell’Unione europea. Il dato segna un incremento di ben 11,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e, verosimilmente, potrebbe continuare a crescere anche nel 2024. A spingere il rialzo sono in particolare alcune zone europee come l’Andalusia in Spagna, con ben 7,1 milioni di notti in affitto breve, Jadranska Hrvatska in Croazia con 6,5 milioni e la regione francese Île-de-France con 5,8 milioni. E ancora, tra le prime 20 regioni per numero di notti in affitto, ben 7 appartengono alla Spagna, 5 sia per l’Italia che la Francia, 2 al Portogallo e 1 alla Croazia.

Affitti brevi, cosa sono

Quando si parla di affitto breve si fa riferimento a un contratto di locazione di immobile a uso abitativo che ha una durata massima di 30 giorni. Tale opzione è utilizzabile dal 1° giugno 2017 e può essere equiparata a un contratto di affitto transitorio per via della vincoli di durata, pur avendo delle profonde differenze rispetto alla locazione turistica, del bed & breakfast e dell’affittacamere. Un elemento di distinzione netto è legato al fatto che l’affitto breve può essere applicato anche per motivazioni diverse dal turismo come, ad esempio, quelle lavorative.

La tassazione degli affitti brevi

Tra i vantaggi principali degli affitti brevi c’è, sicuramente, la possibilità per i proprietari di ricorrere a una tassazione agevolata garantita dall’opzione della cedolare secca al 21 per cento. Si tratta di una modalità che deve essere scelta dal proprietario dell’immobile in alternativa alla tassazione ordinaria e che va quindi a sostituire le addizionali Irpef, l’imposta di registro e l’imposta di bollo sui contratti addizionali.

Come cambia la cedolare secca nel 2024

Il boom registrato nel corso degli ultimi anni dagli affitti brevi ha innescato non poche polemiche da parte degli operatori turistici che operano nel mercato tradizionale, si legga gli alberghi. Quest’ultimi, infatti, sono fortemente colpiti dalla diffusione degli affitti brevi in quanto non riescono a essere competitivi sul prezzo per via del fatto che per loro non è prevista una tassazione agevolata. Anche l’emergenza abitativa, registrata in molte città italiane, ha imposto al governo una revisione delle regole per gli affitti brevi, con i proprietari di casa che hanno ritenuto in questi anni più vantaggioso affittare per brevi periodi le loro secondo case rispetto a venderle o affittarle in maniera tradizionale.

Ecco dunque che, a partire dal 2024, la cedolare secca per gli affitti brevi resta al 21 per cento solo se il contribuente ha soltanto un immobile locato con questa formula. Per chi, invece, ricorre ad affittare per brevi periodi da due a quattro immobili, la percentuale è salita al 26 per cento. Dal quinto immobile, invece, l’attività del proprietario viene inquadrata in una logica di impresa e, dunque, è necessaria l’apertura di una partita Iva.