Classi energetiche, quali case finiscono fuori mercato con la nuova stretta Ue: la mappa

Con la nuova direttiva Ue contro gli sprechi energetici, circa un terzo degli immobili in Italia sarebbero fuori mercato

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Già a partire dal 2026 oltre il 33% degli immobili nel nostro Paese potrebbe finire fuori mercato. È l’effetto dell’applicazione della direttiva Ue sugli sprechi energetici che mette al bando dalla vendita e l’affitto delle abitazioni che rientrano nella classe energetica più bassa, vale a dire la “G”, alla quale però in Italia appartiene circa un terzo degli stabili residenziali, perlomeno di quelli per i quali è stata presentata una certificazione.

Classi energetiche, quali case finiscono fuori mercato con la nuova stretta Ue: le date

La normative stabilita a Bruxelles (qui abbiamo parlato dello stop alle case che sprecano energia) dispone che gli Stati membri approvino delle leggi affinché, a partire dal 2027, gli edifici pubblici che sono inclusi nella categoria delle peggiori prestazioni energetiche passino alla categoria superiore, cioè la “F”. Progressivamente dovranno salire a quella successiva, la “E”, entro il 2030 e alla “D” entro il 2033, termine oltre il quale l’obiettivo sarebbe di registrare la maggioranza degli immobili nella classe energetica “C”.

Date slittate se si guarda agli edifici residenziali, che dovranno passare in classe “F” entro l’1 gennaio 2030 e alla “E” entro il 2033. Ma il principio non cambia: mettere fuori causa, e quindi fuori mercato, gli immobili che non sono in grado di garantire un basso impatto ambientale, considerando che gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico totale e del 36% delle emissioni di gas serra legate all’energia nell’Unione europea.

Classi energetiche, quali case finiscono fuori mercato con la nuova stretta Ue: la mappa italiana

Una vera e propria rivoluzione per il mercato immobiliare in Italia, come dimostrano i dati di Enea e del Sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica (Siape): su 1,9 milioni di certificati presenti, dei quali l’85,4% riguardano gli edifici di tipo residenziale, la maggioranza relativa, il 34,5%, appartengono alla classe G, il 23,2% alla F, il 16,4% alla E, l’11,3% alla classe D, il 5,2% alla C, il 2,8% alla B e un restante 6,6% alle quattro classi A (qui abbiamo parlato della riforma del catasto).

La Commissione vorrebbe inoltre anticipare i tempi, uniformando a livello europeo i modelli di certificazione a partire dal 31 dicembre del 2025, tagliando di fatto fuori le classi energetiche “G” dal mercato.

In Italia, infatti, per vendere, affittare e ristrutturare tramite agevolazione un immobile (qui per le ultime sul visto di conformità del Superbonus), è necessario l’Attestato di Prestazione Energetica (Ape), suddiviso in 10 classi, dalla più bassa alla A4, che per Bruxelles introdurrebbe come obbligatorio anche per il semplice rinnovo del contratto di locazione.