Le aziende italiane stanno rimanendo indietro sulla sostenibilità. Nonostante molte campagne pubblicitarie che insistono sull’attenzione alle problematiche climatiche, soltanto l’11% delle società pubblica un bilancio di sostenibilità. Una mancanza che sta avendo un effetto deleterio sui consumatori, che percepiscono sempre di più la presenza del sustainability washing.
Questa pratica utilizza tecniche pubblicitarie per fa apparire un’azienda come sostenibile, senza però dare informazioni precise o tempistiche chiare sui progetti green che la società avrebbe intrapreso. I consumatori spesso vedono oltre questa facciata e si convincono che si tratti di una scusa per alzare ulteriormente i prezzi dei prodotti.
L’Italia è indietro sulla sostenibilità
ConsumerLab, in collaborazione con il Centro Studi Americani, ha pubblicato il rapporto Index Future Respect che sarà presentato il 27 novembre a Roma. Nello studio si sottolinea come buona parte delle aziende italiane non abbia preso sul serio la questione della sostenibilità, ma al contrario tenda a trattarla come una questione di facciata.
“Il primo dato che emerge dalla ricerca è che in media solo l’11,7% delle imprese pubblica un bilancio di sostenibilità, 446 sulle 3.814 analizzate. Bilanci che, secondo la ricerca, spesso sono caratterizzati da una eccessiva autoreferenzialità e una comunicazione prolissa, ambigua e carente di numeri e misurazione d’impatti con una preoccupante escalation del fenomeno “sustainability washing“, una sostenibilità di facciata dove le informazioni ai cittadini vengono rese in modo mascherato o confuso, se non addirittura falso, allo scopo di ingannare gli utenti”, si può leggere nel rapporto.
Tra le pratiche più diffuse spiccano il proporsi come aziende proiettate in un programma di sviluppo sostenibile, senza però specificare tempi, metodi e soluzioni; far sembrare un prodotto o un’attività rispettosi o meno dannosi per l’ambiente o più socialmente consapevoli; diffondere affermazioni fuorvianti o infondate sui propri impatti sociali, sulle iniziative in materia di emissioni di carbonio, sull’attenzione al benessere dei propri dipendenti”, continua ConsumerLab.
Cos’è il sustainability washing
Il termine sustainability washing, citato nel rapporto di ConsumerLab, fa proprio riferimento a queste pratiche di facciata. Le aziende utilizzano termini vaghi e spiegazioni generali per illustrare il loro supposto percorso green, cercando in questo modo di attrarre i consumatori che sono più sensibili a questo tipo di tematiche. Lo stesso studio di ConsumerLab, però, segnala che questo atteggiamento sta ottenendo l’effetto opposto.
“Non è certo un caso se oggi un consumatore italiano su cinque sia convinto che la sostenibilità sia tendenzialmente una montatura per aumentare i prezzi o incensare i prodotti. Sul fronte della sostenibilità si assiste in Italia ad una arretratezza preoccupante, con la maggior parte delle imprese che non ha compreso le opportunità dell’evoluzione sostenibile e i relativi benefici sul fronte della competitività”, spiega il presidente di ConsumerLab Francesco Tamburella.
L’eccesso di comunicazione, soprattutto se non supportata da dati concreti, riguardo tematiche green, si sta quindi ripercuotendo contro le aziende che la praticano. I consumatori stanno perdendo fiducia nelle aziende che mettono in pratica queste tattiche, con il rischio di desensibilizzare la clientela alle tematiche ambientali.