I resi gratuiti online stanno danneggiando gravemente l’ambiente

Negli ultimi anni, l'aumento esponenziale dei resi online gratuiti costituisce un problema crescente, sia per per le aziende che per la salute del nostro pianeta

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Dopo l’incremento degli acquisti online durante la pandemia, si è verificato un graduale ritorno ai negozi fisici, ma i tassi di reso gratuiti non hanno registrato una diminuzione significativa. Secondo la National Retail Federation, negli Stati Uniti i resi hanno interessato il 17% delle vendite di e-commerce nel 2021, rispetto all’11% del 2020. Questo fenomeno è attribuibile al bracketing, una pratica diffusa tra i consumatori che acquistano tramite canali e-commerce. Questi acquirenti, indecisi sulla taglia o sul colore, ordinano online lo stesso prodotto in diverse misure con l’intenzione di restituire al brand ciò che non soddisfa completamente le loro preferenze, conservando solo il modello che meglio si adatta alle loro esigenze. In breve, il momento della accurata selezione, che dovrebbe precedere ogni acquisto, viene procrastinato fino alla consegna della merce, la quale viene poi in gran parte restituita sfruttando la possibilità di reso gratuito.

Resi online: un problema per le aziende e l’ambiente

Si assiste attualmente a un fenomeno di shopping compulsivo e ad una diminuzione della consapevolezza negli acquisti. La sempre più diffusa abitudine di fare acquisti online spinge le persone a comprare non solo ciò di cui hanno realmente bisogno, ma anche ciò che desiderano. Questo comportamento ha contribuito all’aumento del tasso medio di reso, il quale ha conseguenze negative non solo sui bilanci delle aziende – penalizzate dagli aumenti dei costi del carburante e degli imballaggi negli ultimi mesi – ma anche sull’ambiente.

Di fronte a questa situazione, molti negozi si interrogano se non sia necessario intervenire per porre un freno a questa pratica. Zara è stato uno dei primi a cambiare politica in merito, eliminando la possibilità di effettuare resi gratuiti. In Italia, il marchio ha deciso di addebitare una commissione di 4,95 euro ai consumatori che intendono effettuare resi presso punti di consegna non appartenenti al marchio. Successivamente, nel giugno 2023, H&M ha seguito l’esempio, introducendo una commissione di 2 sterline per i clienti nel Regno Unito che non fanno parte del loro programma di abbonamento per rispedire gli ordini online.

Queste decisioni aziendali rappresentano un tentativo di ridurre il fenomeno dei resi e di sensibilizzare i consumatori sull’importanza di acquistare in modo più consapevole.

Amazon introduce una commissione per i resi online

Amazon, che nel 2005 fu il primo a offrire la spedizione e i resi gratuiti, rendendo questa pratica essenziale per competere e farsi preferire dai clienti, sta ora modificando la sua politica. Dopo anni di partnership con negozi come Kohl’s e Staples negli Stati Uniti, per facilitare i clienti a restituire i prodotti in un solo luogo fisico, nell’aprile 2023 il gigante dell’e-commerce ha imposto una tariffa di 1 dollaro per i clienti che consegnano i loro pacchi Amazon presso un negozio UPS, anche se c’è un supermercato Whole Foods vicino, appartenente ad Amazon.

L’impatto ambientale dei resi gratuiti

Ogni volta che un consumatore restituisce un prodotto acquistato online, questo deve essere nuovamente trasportato, controllato, riparato, riconfezionato e rimesso in vendita. Questo processo richiede l’uso di risorse energetiche, materiali e umane, che contribuiscono all’emissione di gas serra, all’inquinamento dell’aria e dell’acqua, alla deforestazione e alla riduzione della biodiversità. Inoltre, molti prodotti restituiti non vengono nemmeno riutilizzati, ma finiscono direttamente nella spazzatura, aumentando la quantità di rifiuti solidi e di plastica che invadono il pianeta. Secondo uno studio della società di consulenza Optoro, solo negli Stati Uniti i resi degli acquisti online generano circa 5 miliardi di chili di rifiuti e 15 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica ogni anno.

Le conseguenze legali dei resi gratuiti

Oltre a danneggiare l’ambiente, i resi gratuiti degli acquisti online hanno anche delle ripercussioni sulla legalità. Infatti, per sostenere i costi dei resi, molti venditori online sono costretti a ridurre i prezzi dei loro prodotti, a scapito della qualità e della sicurezza. Questo può portare a una concorrenza sleale e a una violazione delle norme di tutela dei consumatori. Inoltre, per gestire i resi, molti venditori online si affidano a società di logistica e di smaltimento, che spesso operano in condizioni di irregolarità e di sfruttamento dei lavoratori. Questo può favorire il fenomeno del lavoro nero, della tratta di esseri umani e della criminalità organizzata.

Come contrastare i problemi dei resi gratuiti

Per affrontare i problemi ambientali e legali legati ai resi gratuiti degli acquisti online, è necessario un intervento a più livelli, che coinvolga i consumatori, i venditori, le autorità e la società civile. Da una parte, i consumatori devono essere consapevoli degli effetti negativi dei resi gratuiti e adottare un comportamento più responsabile e sostenibile, evitando di acquistare online prodotti di cui non hanno bisogno o di cui non sono sicuri, e preferendo i venditori che offrono garanzie di qualità e di eticità. Dall’altra parte, i venditori devono essere incentivati a limitare o a eliminare i resi gratuiti, offrendo ai consumatori informazioni più accurate e dettagliate sui prodotti, e adottando pratiche più ecologiche e trasparenti nella gestione dei resi. Infine, le autorità devono intervenire per regolamentare il settore dell’e-commerce, per garantire il rispetto delle norme ambientali e dei diritti dei lavoratori, e per contrastare le attività illecite e abusive. Solo così si potrà rendere l’e-commerce un’opportunità di sviluppo e non una fonte di danno per l’ambiente e la legalità.