L’inquinamento danneggia anche il nostro olfatto

Studi confermano che l'inquinamento atmosferico ha un impatto sempre più grave sulla nostra salute, e non solo per quanto riguarda le patologie respiratorie

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Durante la pandemia di Covid, molti hanno appreso il significato della parola “anosmia” in quanto la perdita dell’olfatto era uno dei sintomi più comuni insieme alla perdita del gusto. Tuttavia, il problema dell’anosmia è molto più ampio e duraturo: l’inquinamento sta infatti erodendo il senso dell’olfatto, che è spesso sottovalutato tra i cinque sensi, con conseguenze pericolose che vanno ben oltre il semplice riconoscimento degli odori.

Anosmia e inquinamento: un problema di salute pubblica

Diversi studi hanno evidenziato che l’esposizione alle tossine presenti nell’aria aumenta del 60% il rischio di sviluppare l’anosmia, e nelle aree ad alta densità di smog, come ad esempio la Pianura Padana e le grandi città brasiliane, si registrano importanti riduzioni dell’olfatto nella popolazione. Si sta assistendo, quindi, ad una graduale chiusura di una preziosa finestra sul mondo circostante, con conseguenze negative per il benessere fisico e mentale delle persone. La pandemia di Covid ci ha dato un’idea di quale potrebbe essere il risultato di questo calo di sensibilità olfattiva.

Il legame tra inquinamento e l’anosmia

L’esposizione alle particelle sottili PM 2.5, provenienti principalmente dalla combustione di carburante in veicoli, centrali elettriche e abitazioni, è stata a lungo associata a disfunzioni olfattive, che si pensava fossero più comuni tra gli operai o i lavoratori di fabbriche esposti maggiormente. In questi soggetti, il bulbo olfattivo – la prima linea di difesa contro i virus che attaccano il cervello – risulta spesso danneggiato, aumentando il rischio di sviluppare l’anosmia. La pandemia di Covid ha però rivelato rischi ancora più ampi legati all’olfatto, che coinvolgono tutti noi a causa dell’inquinamento dell’aria e delle tossine che inavvertitamente inaliamo e che possono danneggiare il nostro bulbo olfattivo in modo prolungato.

Lo studio della John Hopkins Hospital di Baltimora negli Stati Uniti

Secondo uno studio condotto dal John Hopkins Hospital di Baltimora, la permanenza prolungata in aree con elevati livelli di inquinamento aumenta del 60-70% le possibilità di sviluppare l’anosmia, risultando un fattore di impatto maggiore rispetto all’assunzione di alcol e al fumo, e superando fattori come età, sesso, etnia e indice di massa corporea. Studi simili condotti a Brescia e San Paolo hanno evidenziato la perdita di sensibilità agli odori tra giovani e adulti che risiedono in aree particolarmente esposte.

Anosmia e disfunzioni olfattive

L’anosmia e le disfunzioni olfattive non riguardano solo le aree con elevati livelli di inquinamento. Uno studio condotto circa vent’anni fa a Stoccolma ha evidenziato che il 5,8% degli adulti soffriva di anosmia e il 19,1% aveva un qualche tipo di disfunzione olfattiva, con una maggiore concentrazione nelle zone della città svedese relativamente più inquinate. Stoccolma ha un tasso di inquinamento che è solo un decimo di quello di Islamabad, in Pakistan, per fare un confronto.

Come l’inquinamento erode la capacità olfattiva

L’inquinamento erode la capacità olfattiva attraverso due vie principali: la penetrazione delle particelle inquinanti nel bulbo olfattivo e l’infiammazione dei nervi collegati ad esso. Questo può portare al danneggiamento dei nervi stessi, erodendo la capacità di odorare. Gli anziani sono particolarmente a rischio, poiché potrebbero essere stati esposti all’inquinamento per molti decenni.

Effetti collaterali della perdita dell’olfatto sulla salute mentale e fisica

La perdita dell’olfatto causa effetti collaterali sulla salute mentale e alimentare. Senza odori, l’interazione con l’ambiente circostante diventa notevolmente diversa e vari studi hanno dimostrato un aumento significativo di depressione e ansia, oltre a problemi alimentari come obesità, perdita di peso e malnutrizione, principalmente a causa dell’incapacità di percepire odori e sapori. Inoltre, il legame tra olfatto e gusto è fondamentale per la memoria, poiché gli odori di cibo spesso rimandano a luoghi, momenti ed esperienze impressi nella mente.

L’anosmia potrebbe essere un primo segnale di demenza senile

L’anosmia è correlata alla demenza senile: secondo la ricercatrice svedese dell’Istituto Karolinska, Ingrid Ekström, il 90% delle persone con diagnosi di Alzheimer ha sviluppato l’anosmia, che può essere uno dei primi segnali della malattia. Lo riporta la Bbc.

L’anosmia come fattore di rischio per la salute

Esiste una correlazione tra l’anosmia e un aumentato rischio di morte, poiché le cause possono essere legate all’esposizione a sostanze tossiche ambientali. Inoltre, la diminuzione dell’olfatto richiede una maggiore consapevolezza sulla qualità dell’aria che respiriamo per prevenire un avvelenamento progressivo, spesso non percepito.

L’emergenza smog nelle città italiana

Secondo il report pubblicato dalla Clean Cities Campaign di Legambiente, l’inquinamento atmosferico nelle città italiane rappresenta un’emergenza sempre più pressante. I livelli di polveri sottili (PM10, PM2.5) e di biossido di azoto (NO2) rimangono ancora troppo elevati e distanti dai limiti normativi previsti per il 2030. Il report analizza i dati del 2022 relativi ai capoluoghi di provincia.

Le città più inquinate secondo il report di Legambiente

Sono ben 29 città delle 95 monitorate, che hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo) con le centraline di Torino (Grassi) che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) 79, Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70. Queste città hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti consentiti.

Inquinamento atmosferico ancora troppo elevato

Secondo il nuovo report di Legambiente, molte città italiane stanno ancora lottando con alti livelli di inquinamento atmosferico, soprattutto per quanto riguarda le polveri sottili (PM10, PM2.5) e il biossido di azoto (NO2). Anche se nessuna città ha superato il limite previsto dalla normativa vigente per il PM10, il report ha evidenziato come ciò non sia sufficiente per garantire la salute dei cittadini, in considerazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria. Inoltre, solo il 24% delle città (23 su 95) ha rispettato la soglia di 20 µg/mc per il PM10, il che significa che ben 72 città sarebbero fuorilegge.