COP27, l’appello del segretario generale ONU: “Solidarietà o suicidio collettivo”

Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, durante l'apertura dei lavori della COP27 ha invocato un patto di solidarietà fra Paesi ricchi e poveri

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

È entrata nel vivo la COP27, il ventisettesimo vertice Onu sui cambiamenti climatici. I leader mondiali si sono riuniti in Egitto per confrontarsi sulle sfide climatiche ed energetiche del pianeta. In apertura del vertice, Antonio Guterres, il capo delle Nazioni Unite, ha lanciato l’allarme.

Le parole di Guterres

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha detto oggi che l’umanità deve scegliere tra “solidarietà” e “suicidio collettivo”. Con queste parole ha dato inizio ai lavori della COP27, la conferenza mondiale sul clima che si è aperta domenica e si tiene quest’anno in Egitto, a Sharm el Sheikh. Il numero uno dell’ONU ha invocato un patto di solidarietà fra Paesi ricchi e poveri per far fronte alla sfida centrale di questo secolo che “stiamo perdendo: le emissioni crescono e le temperature globali salgono“.

Siamo vicini al punto in cui i cambiamenti climatici diventeranno irreversibili“, ha affermato Guterres. “Tra poco nascerà l’ottavo miliardo di abitanti del pianeta: come gli risponderemo quando sarà grande abbastanza da chiederci: cosa avete fatto per salvare il mondo, quando ne avevate l’opportunità?”, ha avvertito il segretario generale.

La strada da imboccare

Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha dichiarato che i Paesi più ricchi dovrebbero aiutare economicamente e tecnicamente quelli emergenti e in via di sviluppo a cambiare il loro sistema energetico, in modo da non dipendere più dai combustibili fossili entro il 2030. L’obiettivo è limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, fornire energia sostenibile e accessibile a tutti.

Il progetto “Primo allarme per tutti”

Guerres ha presentato il progetto “Primo allarme per tutti”, che consentire di raggiungere con allarmi tempestivi tutti gli abitanti della Terra riducendo in questo modo i danni provocati dagli eventi meteo estremi. Secondo le stime è possibile ridurre i danni del 30%. Il progetto richiede un investimento di 3,1 miliardi di dollari fra il 2023 e il 2027 e ha già il sostegno di 50 Stati e guarda alle conseguenze climatiche: tempeste, ondate di calore, alluvioni e siccità.

Sforzo collettivo

Come invocato più volte, è necessario uno sforzo collettivo per ridurre la dipendenza dalle energie fossili e per mantenere l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi, ha detto nel suo discorso Guerres ai rappresentanti di circa 200 Paesi, fra cui un centinaio di capi di Stato. Altrimenti, come ha sottolineato Guerres “cosa diremo fra qualche anno al bambino che, il 15 novembre, porterà ufficialmente a 8 miliardi di abitanti la popolazione terrestre?”. Attualmente siamo avviati, si stima, verso un aumento di 2,8 gradi entro fine secolo, mentre la speranza è che, con gli ultimi contributi nazionali, è di arrivare al massimo a un aumento di 2,4 gradi.

Numeri comunque molto allarmanti se si considera che l‘accordo sul clima di Parigi, prevede di contenere a lungo termine l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia di 2°C oltre i livelli pre-industriali, e di limitare tale incremento a 1.5°C.

Promesse da mantenere

Un cambiamento è possibile però solo a patto che le varie promesse che vengono fatte in queste occasioni vengano effettivamente mantenute, ma finora non è stato così. Infatti, il Guardian ha riportato un’analisi del sito specializzato Carbon Brief e dai dati emerge che l’obiettivo dei 100 miliardi all’anno con cui i Paesi più ricchi del mondo si erano impegnati a contribuire alla transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo, non è mai stato raggiunto.

Ci sono Paesi virtuosi, come Giappone e alcuni stati europei, che hanno fatto più di quanto richiesto. I Governi anglosassoni risultano essere al momento grandi debitori. Nel 2020 gli Stati Uniti sono arrivati solo a 7,6 miliardi dei 40 totali della loro quota. Anche Regno Unito, Canada e Australia non hanno coperto interamente la loro quota.

Il peggioramento degli impatti climatici

Gli impatti della crisi climatica peggiorano di giorno in giorno, con l’attuale aumento della temperatura media globale già a +1,1°C rispetto ai livelli preindustriali. Il Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC pubblicato a inizio anno, ha fornito una comprensione più approfondita e dettagliata della scienza dei cambiamenti climatici e degli impatti sempre più dirompenti in tutte le regioni a causa del riscaldamento del pianeta, ma ha anche dato indicazioni sulle soluzioni, partendo dalla necessità ormai non rinviabile di abbattere le emissioni in tutti i settori in modo esponenzialmente più accelerato di quanto fatto sinora.

Il Rapporto del Gruppo di Lavoro 3 dell’IPCC fornisce però motivi di ottimismo, rilevando che in ogni settore sono disponibili soluzioni sempre più efficaci dal punto di vista dei costi per dimezzare le emissioni entro il 2030 a livello globale. Per questo, i Paesi di più antica industrializzazione dovrebbero fare di più.